I gilet gialli protestano in Francia e Belgio per l’aumento del gasolio imposto da Macron, nonostante il recente crollo dei prezzi del petrolio.
Il motivo della protesta sta nella ragione dell’aumento del prezzo del diesel: aumento non solo ingiustificato ma addirittura revanscista nella sua essenza se non direttamente reazionario.
Traduciamo: Macron – il rappresentante delle élite d’oltralpe ed europee – vuole imporre per legge una transizione economica sebbene questa sia ingiustificata, da qui il popolo che si ribella.
Detta transizione imposta per legge (europea) è la sostituzione delle auto a ciclo termico con quelle elettriche. …
Per fare questo in Italia si è scelta la strada dei divieti a Euro3 e Euro4 – impraticabile in Francia – mentre oltralpe si è preferita la strada dell’aumento selettivo delle tasse sul combustibile diesel, a seguire quelle sulla benzina.
In buona sostanza l’asse franco-tedesco vorrebbe in tal modo cavalcare per la prima volta in 100 anni un proprio megatrend, quello dell’auto elettrica; megatrend, ingiustificato fisicamente. E dunque per far questo è necessario imporre la sostituzione delle auto diesel ai consumatori europei: in un momento storico in cui la crescita langue, la scelta Ue è di imporre il cambiamento per legge delle auto a ciclo termico con quelle elettriche.
Lo scopo è di innescare la crescita – appunto, che langue – creando una infrastruttura elettrica paneuropea in grado di innescare sviluppo, a vantaggio soprattutto dei Paesi produttori (e pagato soprattutto dei Paesi solo consumatori).
In tale contesto la Germania dovrebbe produrre soprattutto le auto elettriche e la Francia fornire soprattutto l’energia pulita, ossia quella nucleare.
I gilet gialli rappresentano la risposta (negativa) della gente (francese), che non accetta l’imposizione di detta transizione semplicemente perché non se lo può permettere, non avendo i soldi per pagarla. Da qui la protesta della classe media francese, che sa farsi sentire molto bene.
Dietro tale imposizione c’è l’interesse delle élite euopee non solo di imporre il proprio mega trend mondiale – il primo non Usa da circa 100 anni – ma anche la necessità di mantenere intonsi i grandi patrimoni elitari, oggi immensi come non succedeva dall’inizio dello scorso secolo. Patrimoni guadagnati a scapito dell’impoverimento del 99% della gente ossia dei consumatori.
Infatti se la crescita globale non ripartirà – come è molto probabile – le proteste per l’ineluttabile crisi economica che seguirà comporteranno future richieste di indennizzo, da far pagare ai miliardari che tanto e forse troppo si sono arricchiti dall’inizio dell’epoca dell’euro alle spalle del 99% e passa della popolazione. Ecco perché Macron, a capo del Paese che più vive al di sopra delle proprie possibilità in Europa, è obbligato a tentare il tutto per tutto per forzare il blocco dei gilet gialli.
Non ce la farà. Non tanto perché i “gilet jaunes” siano troppo forti quanto perché essi rappresentano una coscienza di classe che non vuole piegarsi all’impoverimento progressivo, che è un problema occidentale. A maggior ragione perché – comunque – è facilmente dimostrabile come le auto elettriche non è vero che consumino ed inquinino meno (visto che l’energia prodotta per alimentare le auto elettriche continua e continuerà ad arrivare, a livello globale, dai combustibili fossili).
Ossia il problema dell’inquinamento non è risolvibile sostituendo le auto a ciclo termico con le auto elettriche, per questioni meramente fisiche. Aggiungiamo il fatto che la gente non ha soldi per pagare la sostituzione della propria auto e arriviamo all’ondata di protesta attuale.
Ossia la protesta francese rappresenta molto di più di quanto ci dicano, essendo la spia che ci avverte che il modello di crescita europea e forse anche occidentale non funziona più. Dunque, visto che in tale situazione chi dovrebbe maggiormente contribuire per risolvere il problema degli squilibri di ricchezza sono proprio le élite miliardarie, ecco che Macron – il loro rappresentante – diventa intransigente, senza rendersi conto che così facendo radicalizzerà la sfida alle istituzioni.
Ecco dunque spiegato il motivo per cui i gilet gialli francesi protestano; anche per conto degli italiani. Tradotto: si rischia un nuovo ’68, questa volta per motivi di sussistenza e non di ideologia.
A questa situazione, di per sé già esplosiva, aggiungiamo il fatto che il mondo scientifico che conta, quello della scienza istituzionale sul clima, sta lanciando messaggi chiari e incontrovertibili secondo cui si sta andando incontro non ad un riscaldamento globale ma ad un raffreddamento stile mini era glaciale (Astrophysical Journal Letters, University of Northumbria, università of San Diego, NASA ecc., oltre che dalla stampa specializzata) a causa di macchie solari al minimo da 300 anni.
Questo ci fa capire perché le élite globali – idealmente capitanate da Macron e dall’Europa franco-tedesca – siano costrette a fare in frettissima ad imporre le auto elettriche con lo spauracchio del riscaldamento globale, in quanto tempo 3 o 4 anni e sarà chiaro al mondo quanto siano controverse tali ipotesi (sbugiardate, notasi, da un evento – il crollo delle macchie solari, che causeranno un abbassamento di diversi gradi centigradi della temperatura terrestre – impensabile fino a pochi anni fa).
I gilet gialli rischiano quindi di essere solo la punta dell’iceberg di un malessere molto più grande, basato su enormi squilibri di crescita, benessere e ricchezza accumulatisi negli ultimi 25 anni almeno.
Mitt Dolcino
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