Ambrose Evans-Pritchard per The Telegraph
La Germania ha reagito con un forte shock e con rabbia crescente alle minacce dell’Amministrazione Trump d’imporre esorbitanti tariffe doganali alle auto importate, considerandole un attacco ai “gioielli della corona” del paese.
A Bruxelles la Commissione Europea ha affermato che avrebbe “reagito in modo rapido e adeguato” a qualsiasi escalation da parte della Casa Bianca, dopo che il Dipartimento per il Commercio degli Stati Uniti ha aperto la strada a pesanti sanzioni sulle auto per ragioni di “sicurezza nazionale”.
Bruxelles ha elaborato un primo piano di ritorsione per l’equivalente di 20 miliardi di euro, prendendo di mira gli Stati Federati ritenuti cruciali per la rielezione del Presidente Trump, ma mirando anche alla Tesla.
A Berlino personaggi di spicco hanno chiesto delle rappresaglie equivalenti se il Presidente Donald Trump dovesse implementare tariffe doganali fino al 25pc, anche se dovessero portare alla disintegrazione dell’Alleanza Atlantica.
“La guerra è guerra e una guerra commerciale è una guerra commerciale”, ha dichiarato Norbert Röttgen, Presidente della Commissione Affari Esteri del Bundestag.
La Cancelliera Angela Merkel, a sua volta, ha sostenuto che è allarmante che Washington abbia invocato l’arma nucleare della “sicurezza nazionale”, utilizzando la clausola “sezione 232″ come parte del suo armamento commerciale.
“Siamo orgogliosi delle nostre vetture e abbiamo il diritto di esserlo”, ha dichiarato alla “Conferenza per la Sicurezza” tenuta a Monaco lo scorso fine settimana, concludendo che “Il più grande impianto BMW è in South Carolina, non in Baviera. Se le auto costruite nel South Carolina sono improvvisamente diventate una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ebbene tutto ciò è spaventoso”.
Domenica scorsa alla Casa Bianca il Dipartimento per il Commercio degli Stati Uniti ha emesso il suo tanto atteso verdetto. Nonostante il risultato non sia stato pubblicato, è comunque nota la sua dimensione. Nei prossimi 90 giorni il Presidente potrà imporre sanzioni pari a 340 miliardi di dollari sull’importazione di auto, senza il consenso del Congresso.
Questa disputa è in itinere da molto tempo. L’Europa sta pagando il prezzo per aver costruito, nei riguardi degli Stati Uniti, un surplus commerciale strutturale del valore di 171 miliardi di dollari, comprimendo il consumo interno con severe politiche fiscali per gran parte dell’ultimo decennio, facendo affidamento sulla domanda globale per disincagliare l’Eurozona dalle barriere coralline.
Le importazioni tedesche, da sole, hanno raggiunto in quest’ultimo anno i 65 miliardi di dollari. Il “guru” di Trump per le questioni commerciali, Peter Navarro, ha affermato che tutto ciò è stato possibile solo perché la struttura intrinseca dell’euro mantiene sottovalutato il tasso di cambio della Germania. L’Unione Monetaria impedisce al sistema di riequilibrarsi attraverso una rivalutazione tedesca.
La resa dei conti tra America ed Europa è arrivata quando i leaders dei due schieramenti si sono scontrati con notevole acredine in occasione del “Vertice sulla Sicurezza” di Monaco, un incontro che ha fatto a pezzi qualsiasi pretesa di condividere interessi strategici.
Il Vice Presidente degli Stati Uniti, Mike Pence, ha rimproverato gli europei di approfittarsi delle risorse Nato per il loro esclusivo beneficio, sostenendo la macchina del terrore iraniano e sacrificando l’Ucraina per ingraziarsi la Russia sul gasdotto “Nord Stream 2”.
Si tratta di una diplomazia assai grezza, tipica del periodo fra le due Guerre Mondiali, che potrebbe segnare il momento in cui l’ordine liberale atlantico diventa nient’altro che un termine vuoto.
In questo frangente l’Unione Europea ha un forte interesse nel mantenere la Gran Bretagna strettamente allineata, per timore che venga tentata da altri corteggiatori strategici.
L’ex Ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel, consiglia all’UE di abbracciare gli inglesi il più strettamente possibile per tenere dalla parte europea del libro mastro i loro punti di forza nella difesa, sicurezza e finanza.
Ma i negoziati sulla Brexit sono stati condotti a Bruxelles da alcuni avvocatucci che hanno avuto una ben scarsa considerazione per il quadro generale.
Gli esperti di commercio internazionale dicono che gli Stati Uniti hanno fissato un menù di opzioni che vanno dalle tariffe punitive sulle componenti hi-tech delle automobili – come ad esempio il software, i sensori o i sistemi GPS – a quelle sui veicoli elettrici, fino ad un radicale 25pc su tutte le importazioni di auto.
William Reinsch, ex Vice Segretario al Commercio, ha affermato che il vero obiettivo è quello di far pressione sugli europei affinché accettino quote “volontarie”, sulla falsariga degli accordi degli anni ’80 imposti al Giappone dall’Amministrazione Reagan.
Michael Hüther del German Economic Institute ha affermato che l’UE dovrebbe esercitare una reazione che sia “dolorosa” [per gli Stati Uniti].
La rappresaglia dell’UE, tuttavia, farà arrabbiare ancor di più il Sig. Trump e porterà ad un’escalation tariffaria. La lezione degli anni ’30, in effetti, è che sono gli Stati in surplus quelli che soffrono di più in una guerra commerciale.
La Germania fa la parte del leone nel surplus commerciale dell’UE e Washington afferma che tutto questo è dovuto all’euro, che mantiene sottovalutato il tasso di cambio tedesco.
Il conflitto sembra essere pressoché inarrestabile. La Commissione per il Commercio del Parlamento Europeo ha chiesto la sospensione dei colloqui con gli Stati Uniti, sostenendo che il Sig. Trump stia abusando del sistema WTO e che l’Europa non dovrebbe negoziare con una pistola puntata alla testa.
Ha anche detto che l’agricoltura deve essere esclusa dagli accordi. Ma ciò condannerebbe al fallimento qualsiasi discorso per un patto di libero scambio, dal momento che il Senato degli Stati Uniti mai approverebbe un accordo unilaterale che blocca i prodotti agricoli statunitensi su controverse basi sanitarie.
Resta veramente poco della tregua commerciale concordata lo scorso Luglio dal Sig. Trump e dal Commissario UE Jean-Claude Juncker.
Gabriel Felbermayr dell’Istituto IFO ha detto che tariffe al 25pc ridurrebbero della metà le esportazioni di automobili tedesche negli Stati Uniti e costerebbero 18,4 miliardi di euro l’anno.
Una Brexit senza accordo, in queste circostanze, significherebbe la contemporanea e traumatica rottura con i due più grandi mercati automobilistici della Germania. I produttori tedeschi esportano 750.000 automobili l’anno nel Regno Unito e fanno inoltre affidamento sulle sue catene di approvvigionamento industriale.
Anche l’industria automobilistica britannica, guidata da Tata, Honda e BMW, sarebbe duramente colpita dalle tariffe statunitensi. Le loro vendite negli Stati Uniti hanno raggiunto le 221.000 unità lo scorso anno, il 18% delle esportazioni di auto del Regno Unito.
Per la Germania la minaccia tariffaria arriva nel momento in cui il settore automobilistico sta riprendendosi dallo scandalo del diesel e sta lottando per tenere il passo di Cina e Stati Uniti sulle auto elettriche.
Il CEO della VW, Herbert Diess, ha dichiarato che l’industria automobilistica tedesca, se non sta attenta, rischia di essere rovesciata dalla sua posizione dominante e di percorrere entro 10 anni la “strada di Coventry” [palese il riferimento al bombardamento di Coventry da parte della Luftwaffe tedesca nella 2° GM]: “Nulla è garantito per l’eternità. Se guardiamo ai precedenti bastioni dell’industria automobilistica, come ad esempio Detroit, Oxford-Cowley o Torino, possiamo vedere cosa succede alle città quando le loro aziende e le loro principali industrie vacillano”.
L’UE, mentre esplora ritorsioni commerciali, deve anche decidere come gestire le sue divisioni interne. Il francese Emmanuel Macron ha affermato, lo scorso anno e in un momento d’irritazione con la Germania, che il suo paese non esporta auto in così grande quantità negli Stati Uniti.
Un velato avvertimento che Parigi potrebbe non lasciare che Berlino utilizzi l’UE per combattere i propri interessi settoriali, o che quanto meno ci sarebbe un quid pro quo politico.
L’Eurozona è già vicina alla recessione. A questo punto una guerra commerciale con gli Stati Uniti spingerebbe l’economia oltre tale limite e potenzialmente all’interno di un ciclo di feedback negativo, con le forze deflazionistiche che scatenerebbero una forte reazione nei mercati del debito.
Oltretutto, la BCE non ha difese monetarie, con i tassi che sono già a meno 0,4pc. La moneta unica, inoltre, non ha fondi fiscali da lanciare come stimolo anticiclico.
Se la guerra commerciale del Sig. Trump dovesse combinarsi con una Brexit senza accordo, l’Europa si troverebbe ad affrontare una crisi politica ed economica a livello esistenziale.
Tradotto da Franco
Link Originale: https://www.telegraph.co.uk/business/2019/02/19/europe-prepares-risky-counter-attack-us-car-war-atlantic-alliance/