Oggi le cd. valute forti – come succedeva ai tempi dell’accordo del Plaza – sono quelle dei Paesi che riescono a svalutare alla bisogna, nonostante tutto. Lasciando il conto da pagare a chi non può invece svalutare. La lira era vincente per questo, lasciando il conto da pagare al marco tedesco. Entrata nell’euro la partita si è ribaltata, il nuovo marco chiamato euro è da lustri molto più svalutato di quello che sarebbe senza PIIGS nella compagine eurica, lasciando il conto da pagare ad es. a Italia e Grecia.
La stessa cosa capita al dollaro, solo che per cotanta sfida Berlino non è sufficiente; infatti si è dovuta alleare con Pechino per raggiungere il fine: non permettere al dollaro di svalutare ossia di lasciare il conto agli altri (come Washington faceva da 50 anni). Chiamasi “Thy the neighbor“, in slang.
Detto questo notate bene i mercati: ogni qual volta il dollaro si svaluta fin sopra a 1.14 sull’euro, con parallela debolezza delle borse mondiali, ecco forze occulte intervenire pesantemente sul mercato; dunque il dollaro improvvisamente sale fino a circa 1.12 e le borse USA spiccano il volo tirandosi dietro tutte le altre borse mondiali (leggasi, chi agisce dietro le quinte sono evidentemente le banche centrali, diciamo cinese, europea e svizzera, ma anche giapponese; la BNS di Berna dall’alto della sua neutralità è l’unica a pubblicare ufficialmente tale intervento a mercati aperti, mentre il sistema BCE, Bank of Japan e Bank of China diciamo che “tutto lascia supporre che agiscano schermate”, …*). [e non vi dico nulla sulla incredibile stabilità del cambio USD/CHF…]
Signori, non so se lo avete capito ma abbiamo innanzi la vera sfida finale all’impero USA post WWII, per via finanziaria ed a mercati aperti. Ossia per abbattere gli americani si usa il bastone e la carota, giocando con la finanza: da una parte non si lascia svalutare il dollaro evitando che Washington metta all’angolo gli sfidanti con un verdone diventato improvvisamente competitivo, ossia punendo gli esportatori seriali come Cina e Germania; dall’altra si fa salire la borsa USA, ipotizzando – correttamente – che tutti gli americani a veder salire il loro fondo pensioni investito in azioni USA saranno oltremodo felici. Un moderno dilemma del prigioniero finanziario per gli USA: se Trump si oppone allo status quo imperante, ossia se decide di affossare l’export cinese e tedesco in USA con il dollaro debole, le borse crolleranno (visto che ad esempio nel caso le banche centrali cinese ed europea smetterebbero di vendere la loro valuta [yuan e euro] per comprare dollari e con questi comprare azioni USA). Viceversa se Washington lascia correre, gli USA andranno deindustrializzandosi progressivamente oltre ad accumulare enorme debito federale come come accaduto specialmente durante l’era Obama, preferendo i prodotti stranieri alle merci prodotte negli USA; ma nel contempo le borse continueranno a salire….
Con l’accordo del Plaza, di fatto imposto dalla potenza economica dominante, fu permesso a Washington di svalutare il dollaro sebbene in presenza di un forte aumento dei tassi di interesse, previa “accordo” imposto agli altri paesi (…)
A situazioni siffatte – tenendo conto che una sfida così gli USA non l’hanno mai vissuta – fanno di norma seguito azioni radicali. Ossia macro-eventi: gli USA, al di fuori di guerre mondiali dichiarate come la WWII, non hanno mai vinto guerre con avversari forti senza usare l’arma finanziaria. Ad esempio gli USA affossarono Pechino ed il mondo capitalista dei tempi con la svalutazione del dollaro di Roosevelt basata sull’inflazione pilotata dalla rivalutazione dell’oro (e dell’argento) scollegandolo dal debito durante l’era dei New Deals (che, al contrario della strategia monetaria/aurifera, in larga parte furono fallimentari, ndr). E poi con la rottura dell’accordo aureo di Bretton Woods ai tempi di Nixon, fregando Londra che di fatto deteneva il Sud Africa aurifero (…).
Quello che voglio dire è che oggi gli USA non possono uscire dal cul de sac se non con una azione dirompente stile rivalutazione dell’oro di Roosevelt- e parallela cancellazione del debito USA convertibile in oro, ndr – o con l’equivalente della rottura di Bretton Woods. O, altra opzione, con una guerra o con una “tragedia globale” che inondi il mondo di dollari, come ancora di salvezza. Inflazionando il mondo.
Chi scrive ritiene che gli USA abbiano tutti gli assi in mano, oltre a dare le carte. Riletta, se gli americani non saranno completamente stupidi – o, meglio, se le sue elites globaliste non saranno tanto traditrici e corrotte da andare contro ai loro stessi interessi sistemici nazionali, interessi di lungo termine intendo – gli USA vinceranno facilmente contro i parvenu di sempre – la Germania e la Francia unite – e contro l’Impero Celeste – che però resta tremendamente pacifico come popolo, al contrario degli anglosassoni che sono invece assolutamente guerrafondai -.
Se è vero che la Germania si convince solo a varrate, è parimenti vero che la Cina di norma si autoconvince da sola in caso di alta inflazione (…).
Tutto il resto è entropia.
Penso siamo ormai in zona Cesarini; il tempo delle grandi decisioni – o dei grandi eventi se volete – è prossimo.
Mitt Dolcino
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