Redazione: Abbiamo sempre pensato che le minacce siano l’arma migliore dei “minacciati”, perché consente loro di comprendere e quindi combattere i problemi dei “minacciatori”. Per arrivare a questo mix d’intimidazione e di arrogante sarcasmo, davvero il buon Junker deve sentirsi in difficoltà.
“Cari intellettuali de sto c….o”, scrisse una volta Alberto Bagnai, “non avete ancora capito che il capitale nasce internazionale e il proletariato non lo diventerà mai. L’unico possibile presidio di democrazia – e quindi di tutela delle classi subalterne – è oggi lo Stato Nazionale, che è poi l’entità sovrana che si costituisce sotto il presidio di una Costituzione, l’unico strumento dal quale possiamo aspettarci un minimo di tutela dei nostri diritti fondamentali e con il quale voi, seguendo la corrente “europeista”, volete invece nettarvi le terga in nome di un malinteso superamento del nazionalismo”. Non aggiungiamo altro.
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In un’intervista ai media polacchi Juncker ha respinto l’idea che il successo elettorale dei Partiti populisti nazionalisti, previsto per le elezioni di Maggio, possa influenzare in un qualche modo il progetto d’integrazione in salsa globalista dell’Unione Europea.
Egli ha così minacciato: “In queste elezioni, coloro che promuovono gli sciocchi nazionalismi ne pagheranno il prezzo”.
Questo burocrate, peraltro mai eletto, ha poi aggiunto gongolante: “Nessuno lo sa, ma a suo tempo ho respinto le candidature di sei dei candidati-Commissari che mi erano stati presentati dai Governi nazionali”.
Per poi proseguire con tono minaccioso: “Ricordatevi che i Governi possono sì proporre i Commissari, ma poi è il Presidente della Commissione che li accetta e assegna loro le deleghe”.
Parlando con un giornalista di Rzeczpospolita, Juncker ha detto sarcasticamente che indipendentemente dal fatto che il Partito nazional-populista polacco “Legge e Giustizia” [PiS] vinca le elezioni nazionali di Novembre, o che invece sia battuto dalla coalizione di opposizione sostenuta dai globalisti di Bruxelles, la Polonia rimarrebbe comunque nell’UE per la sua dipendenza finanziaria da questa Istituzione transnazionale.
“I polacchi non vogliono essere tagliati fuori da tutto questo”, ha proclamato Junker con arroganza, prima di aggiungere che gli europei occidentali “non dovrebbero pensare che la Polonia stia nell’UE solo per i soldi”.
Il mai eletto politico lussemburghese ha affermato che l’appartenenza della Polonia all’UE dipende essenzialmente dai “valori comuni” che condivide con gli altri paesi dell’UE, aggiungendo con soddisfazione che il denaro proveniente da Bruxelles “non è un dono, ma un riconoscimento alla grandezza delle riforme effettuate” a partire dall’ingresso nel blocco comunitario.
Nella stessa intervista Juncker ha poi parlato della decisione della Commissione Europea di sanzionare la Polonia per il presunto rifiuto da parte del Governo degli “standard democratici europei”, avendo apportato riforme ad un sistema giudiziario che il Partito al governo, il PiS, considera corrotto e deresponsabilizzato.
“Lo stato di diritto è la pietra angolare dell’Unione Europea”, ha affermato Juncker. Ha inoltre sostenuto che, anche se “alcuni paesi si concedono a volte un certo grado di insubordinazione, a seconda di chi è al potere e della fase del ciclo politico in cui si trovano”, era comunque fiducioso sul fatto che “tra qualche anno, questi problemi non ci preoccuperanno più”.
Arthur Lyons per Voice of Europe
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Scelto e tradotto da Franco
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