
Estratto dall’opera di Franck Bianchieri
Redazione: In questo sito abbiamo posizioni molte nette su molti argomenti, ma non ci spaventa pubblicare opinioni in dissenso, alla sola condizione che siano serie ed interessanti. Che ci aiutino, in altre parole, a comprendere la realtà.
In questo senso, rilanciamo asetticamente quest’analisi pubblicata in un vecchio GEAB, basata su un articolo di Franck Biancheri, dal titolo: “Crise iranienne: Le Chant du Cygne de la non-proliferazione nucléaire”.
Tradotto da Franco, quest’articolo fu pubblicato a suo tempo da diversi siti di cui non ricordiamo i link (fatto di cui ci scusiamo), ma sembra che sia stato scritto ieri.
La proposta contenuta in quest’articolo è di un coraggio quasi belluino, che raramente troviamo nella blogosfera: si al nucleare, anche militare, ma a condizioni ben definite (e controllate).
Nel caso Israele/Iran (ovvero Stati Uniti/Cina) ben sappiamo che la questione nucleare è solo una parte, seppur importante, del problema.
Il convitato di pietra è l’espansionismo cinese che mira alla leadership mondiale (l’Iran, in questo senso, sarebbe solo un mero strumento), ma anche l’irriducibile desiderio di alcuni paesi a distruggere Israele, assieme al caos dei tanti interessi che si scontrano in Medio Oriente.
Quest’analisi, coraggiosa e attuale, può contribuire ad indicare una via d’uscita allo stallo nucleare anche se, a nostro parere, va intesa soprattutto come provocazione intellettuale. La consegniamo ai nostri lettori.
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La strategia serve a trasformare un pantano in un’opportunità. E, in effetti, c’è un modo per trasformare la crisi nucleare dell’Iran in un mezzo per stabilizzare il Medio Oriente, offrendo al mondo qualche decennio di stabilità strategica.
Il metodo consiste nella trasformazione dell’obsoleto “Trattato Di Non Proliferazione Nucleare (TNP)”, in un “Trattato Di Diffusione Controllata Del Nucleare (CND)”.
E’ un dato di fatto: gli europei, i russi ed i cinesi devono avviare una radicale riforma del TNP e di tutti i metodi e gli strumenti ad esso collegati.
Il TNP dev’essere adattato alla realtà del 21° secolo basandosi sul concetto di CND.
Il progresso scientifico, avendo diminuito i costi, ha reso più facile l’accesso alla tecnologia nucleare. Di conseguenza è diventato difficile distinguere fra programmi nucleari civili e militari.
Il fatto è che, riconosciute o nascoste che esse siano, oggi ci sono almeno 40 “potenze nucleari” o “quasi nucleari” (in grado di diventarlo in fretta), invece delle 5 di quando è stato firmato il TNP.
In breve, non funziona più. Tutti i tentativi fatti da questo club per controllare i progressi nucleari sono stati vani.
La crisi Iran/Usa/Israele dev’essere intesa come un momento-chiave sia della crisi generalizzata del sistema internazionale, che dell’obsolescenza della politica di non-proliferazione condotta a partire dal 1945.
Questa crisi è un confronto diretto fra due logiche arcaiche: da un lato i leaders iraniani ignorano gli interessi collettivi globali concentrandosi semplicemente sugli interessi nazionali di breve termine, dall’altro gli Stati Uniti (con i leaders israeliani), identificano i loro interessi di breve termine con gli interessi collettivi globali.
La politica di non-proliferazione nucleare, eredità del post 2a GM, è in crisi, come dimostrato dal numero crescente di potenze nucleari che non hanno firmato il TNP.
Dalla crisi con l’Iran all’ulteriore sviluppo di nuovi tipi di armi nucleari (come ad esempio le “bombe nucleari tattiche”), dal ruolo non sanzionato del Pakistan all’accordo fra India e Stati Uniti che ignorò completamente il Trattato.
In un tale contesto – ed a causa delle gravissime conseguenze che questo conflitto potrebbe avere – la crisi Iran/Usa/Israele non può essere affrontata se non come parte di una strategia di lungo termine, basata su nuovi metodi, adatti alle realtà del 21° secolo.
Teheran e Tel Aviv, in termini di armamenti nucleari, sono due facce della stessa medaglia
Prima di descrivere il concetto di diffusione controllata, torniamo brevemente alla situazione dell’Iran.
Come ben noto, per risolvere un problema bisogna valutare i fatti indipendentemente da qualsiasi ideologia o pregiudizio.
Immaginiamo ad esempio che gli Stati-Uniti non abbiano armi nucleari, mentre il Messico ed il Canada sì. Oppure che la Francia, circondata da paesi in possesso della bomba atomica (non avendo mai firmato alcun trattato nucleare internazionale), fosse un paese privo di armi nucleari.
Quanto tempo ci vorrebbe perché Washington o Parigi rifiutino il Trattato di non-proliferazione e corrano alla costruzione di un arsenale nucleare?
Probabilmente nemmeno quello per scrivere questo saggio! Parigi e Washington, naturalmente, avrebbero invocato esigenze di sicurezza nazionale per uscire dai confini di qualsiasi Trattato.
E’ questa, esattamente, la situazione iraniana. Teheran è circondata da potenze nucleari (Russia, Israele, Pakistan e, forse, Arabia Saudita) e, ciliegina sulla torta, alcuni dei suoi paesi confinanti – Iraq, Afghanistan e Kuwait — si sono trasformati in basi militari americane.
Anche senza avere degli estremisti come Presidente, l’Iran starebbe in ogni caso cercando di dotarsi di armi nucleari, con qualsiasi mezzo ed al più presto possibile.
Qualsiasi altro atteggiamento sarebbe sorprendente, soprattutto per quanto riguarda la superba lezione di “real politik” impartita dalle Amministrazioni statunitensi, che hanno dimostrato al mondo che un dittatore con le armi nucleari (Corea del Nord) è intoccabile, mentre un dittatore senza armi nucleari (e con il petrolio, come nel caso dell’Iraq) è invece un normale obbiettivo.
Questa lezione – una delle peggiori che abbiano mai permeato il pensiero internazionale negli ultimi decenni, perché ha eliminato ogni altra considerazione che non fosse la forza bruta – è stata ben compresa.
E’ ormai certo che l’Iran farà tutto il possibile per andare avanti verso la bomba atomica nel tentativo di “santuarizzare” il suo territorio, come la Francia sotto De Gaulle o come Israele negli anni ’60.
Cerchiamo di essere chiari: questa è una tendenza insopprimibile, a meno che l’Iran non venga distrutto.
Le passate Amministrazioni statunitensi (basti pensare alla guerra in Iraq) hanno contribuito notevolmente ad accelerare questo processo.
Ed ora che gli Stati Uniti e tutto l’Occidente sembrano indeboliti e divisi, l’Iran non cambierà certamente idea.
L’Iran si comporta come fece a suo tempo Israele, che si procurò armi nucleari per garantire la sua sopravvivenza, rafforzando al contempo la posizione regionale.
L’Iran agisce allo stesso modo: quando si parla di armi nucleari, Tel Aviv e Teheran sono due facce della stessa medaglia.
Di conseguenza, Washington, Parigi, Londra e Berlino non possono far nulla al riguardo. E’ troppo tardi. I russi ed i cinesi hanno ora altri interessi ed un peso molto maggiore.
La storia non dà una seconda chance. Tuttavia, si può uscire dalla situazione di stallo aprendo un nuovo percorso.
Girando la pagina della “non-proliferazione nucleare”, ormai obsoleta ed inefficiente, per aprire il percorso alla “diffusione nucleare controllata”, buona per garantire la sicurezza sia dell’Iran che dei suoi vicini di casa, grazie ad un esercizio controllato della deterrenza regionale.
Verso un Trattato di Diffusione Nucleare Controllata (CND)
Questo nuovo TNP, ovvero il Trattato CND, dovrebbe essere ispirato ai progressi compiuti in ambito internazionale (a partire dal 1960) su tre aspetti in particolare:
1) Affrontando lo sviluppo del nucleare civile e militare nel suo complesso. L’accesso al “Club Nucleare” non dovrebbe più avere lo scopo di prevenire lo sviluppo delle armi nucleari attraverso l’autorizzazione allo sviluppo del nucleare civile.
Si dovrebbe convincere i paesi interessati che le armi nucleari siano inutili, o che dovrebbero far parte delle politiche di deterrenza globali o regionali.
2) Definendo nuove regole di adesione al “Club Nucleare” che, invece di dipendere dagli arbitrari punti di vista dei suoi ex membri, dovrebbero basarsi su criteri trasparenti – con regole chiare e riconosciute a livello internazionale – nonché sul controllo multilaterale della loro esecuzione.
Nella definizione dell’”acquisizione politico-nucleare”, ovvero per stabilire le condizioni d’accesso alle armi nucleari, potrebbero servire come fonte d’ispirazione le procedure di adesione all’UE o al WTO.
Fra gli altri requisiti, imprescindibile la stratificazione di un processo democratico – ovvero libere elezioni, controllo politico dell’esercito, firma degli accordi regionali di sicurezza e, se possibile, di cooperazione economica e commerciale.
3) Ripensare alcune condizioni del TNP, ormai superate dalla storia. Ad esempio, deve assolutamente essere presa in considerazione la nuova dimensione costituita dal possesso di armi nucleari da parte di entità non-statali, per essere bandita e sanzionata severamente.
Nel frattempo, deve essere abbandonato il concetto che le armi nucleari siano destabilizzanti, a prescindere ed in ogni situazione. In effetti, la storia europea della seconda metà del 20° secolo dimostra che quest’idea è sbagliata.
La deterrenza equilibrata può portare alla pace anche quando è impossibile riuscire a creare aree libere dal nucleare (che dovrebbe essere, in ogni caso, l’obiettivo principale di qualsiasi politica di controllo del rischio nucleare).
Dietro la crisi iraniana si profila un passo in avanti nella trasformazione del mondo, innescata a suo tempo dalla caduta del Muro di Berlino.
Siamo ancora nel processo di fuoriuscita dal mondo del post-1945 e la crisi sistemica globale contribuisce ad accelerare quest’evoluzione.
Per trovare la strada verso il futuro, possiamo scegliere fra la cieca arroganza di Achille e l’acuta intelligenza di Ulisse.
Ovvero tra la non proliferazione (sempre più l’esercizio virtuale di un potere illegittimo, basato sul pregiudizio) e la diffusione controllata (cercando di mantenere una lucida dose di realtà, per creare regole vincolanti che possano essere accettate da tutti i soggetti interessati).
Secondo noi, evitare le peggiori conseguenze dell’attuale situazione geopolitica mondiale richiede un certo coraggio nell’affrontare la questione nucleare.
C’è comunque un paradosso, ma è solo apparente: tutto questo sarebbe certamente il modo migliore per garantire la sicurezza d’Israele e del Medio Oriente nel suo complesso.
La deterrenza nucleare è un fattore di equilibrio ampiamente collaudato nel corso del 20° secolo, che ha impedito l’escalation di conflitti che, senza la minaccia di queste armi, ci sarebbe certamente stata.
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Scelto e tradotto da Franco
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