Ambrose Evans-Pritchard per The Telegraph
La Cina ha reagito contro le deliberazioni dell’Amministrazione Trump con una drastica svalutazione del tasso di cambio, quasi a garanzia di una resa dei conti e di un balzo verso la piena guerra commerciale.
Lo yuan, per la prima volta dalla crisi finanziaria globale, ha attraversato la linea simbolica di 7 a 1 sul dollaro, con il tasso offshore di Hong Kong che si è innalzato fino a 7,07 attraverso alcune mosse che hanno sbalordito gli operatori più anziani.
La calcolata mossa della PBOC [Popular Bank Of China] minaccia di scatenare un’ondata di deflazione in tutto il mondo e rischia di spingere l’Asia Orientale e gran parte dell’Europa in recessione.
È comunque certo che provocherà una risposta feroce da parte della Casa Bianca.
Capital Economics ha affermato che Pechino ha compiuto il fatidico passo verso la militarizzazione del suo tasso di cambio, posizionandosi al contempo per una lunga lotta: “Il fatto che abbiano smesso di difendere quota 7,00 contro il dollaro, suggerisce che hanno quasi abbandonato le speranze per un accordo commerciale con gli Stati Uniti. “
La Commerzbank ha affermato che la decisione cinese di portare avanti una mossa così improvvisa ha implicazioni di vasta portata per l’intero sistema internazionale: “Sembra che stia arrivando uno tsunami”.
Le onde d’urto sono state avvertite all’istante sui prezzi globali di obbligazioni, azioni e materie prime.
La mossa ha innescato la corsa verso valute-rifugio come lo yen giapponese e il franco svizzero – un effetto aggravato dalle tipiche condizioni di liquidità del trading nel mese di Agosto.
I rendimenti sui Bund tedeschi a 10 anni sono precipitati a meno 0,53%, portando gran parte del mercato delle obbligazioni sovrane dell’eurozona in un terreno inesplorato. L’indice azionario Stoxx 50 in euro è sceso del 5% dalla fine della scorsa settimana.
Il Governo cinese ha affermato che quota 7,00 è un livello arbitrario e senza alcun significato macroeconomico. Ma in passato è intervenuto più volte per evitare che questa soglia psicologica venisse varcata.
Nel caso ci fossero dubbi sul motivo della mossa di Lunedì, la PBOC ha pubblicato una dichiarazione che collega il nuovo tasso “all’unilateralismo, alle misure di protezionismo commerciale e all’imposizione di dazi doganali sulla Cina”.
Nonostante gli Stati Uniti non vengano nemmeno nominati, è chiaro il riferimento all’ultima minaccia espressa dal Sig. Trump, d’imporre dazi del 10% su tutte le merci cinesi finora esenti, a partire da Settembre.
La PBOC ha promesso di mantenere la valuta “fondamentalmente stabile”, ma sta percorrendo una linea molto sottile.
I controlli sui capitali sono più severi di quanto non lo fossero nella drammatica crisi valutaria del 2015-2016 (quando la Cina perdeva 100 miliardi di dollari al mese di riserve valutarie), ma questi continuano a fuggire. La fiducia è sempre più fragile.
Ke Baili della Caixin da detto che: “La preoccupazione è che lo sforamento di quota 7,00 sul dollaro potrebbe precipitare la valuta cinese in un circolo vizioso in cui delle forti vendite porterebbero a vendite ancora maggiori”.
Kyle Bass della Hayman Capital, da lungo tempo un “orso” sulla valuta cinese, ha affermato che è già in corso un “esodo di massa” di capitali, sullo sfondo della protesta politica di Hong Kong – che sta raggiungendo il punto di non ritorno – e del modello di crescita cinese guidato dal debito, che a sua volta ha toccato il limite.
“Il crollo è appena cominciato”, egli ha twittato.
La maggior parte degli analisti sta affermando che la deliberata mossa della PBOC non è certo la più rassicurante per gli investitori.
Significa che il Partito Comunista Cinese è disposto a rischiare un conflitto in piena regola con Washington su tutti i fronti economici.
Pechino, in effetti, ha contemporaneamente ordinato agli Enti Statali d’interrompere gli acquisti di tutti i prodotti agricoli dagli Stati Uniti.
Quest’escalation arriva in un momento molto delicato. In un incontro alla Casa Bianca tenuto a fine Luglio si è discusso attivamente sull’uso dello “US Treasury’s Exchange Stabilization Fund” per acquistare valute estere e guidare il dollaro al ribasso.
In termini politici, un momento straordinario nella storia della fondamentale valuta di riserva del mondo. Non sorprende che l’oro sia salito al massimo di cinque anni, a 1.470 usd/oz.
La risoluzione della Casa Bianca è stata messa in atto, ma il problema non è andato via, tornando d’attualità in modo rovente.
Il “guru del commercio” di Trump, Peter Navarro, ha dichiarato nel passato fine settimana che la manipolazione della valuta effettuata dalla Cina è uno dei suoi “sette peccati capitali”.
Capital Economics ha affermato che i cinesi sembrano intenzionati a neutralizzare i dazi di Trump lasciando che la valuta scivoli di pari passo, generando una svalutazione fino al 10%.
Ma ciò significa una svalutazione parallela dello yuan rispetto al resto del mondo.
In questo modo esporta lo stress commerciale anche verso i paesi terzi e rischia di spingere gran parte dell’Asia Orientale verso una recessione ancor più profonda.
Anche l’eurozona è in prima linea. Hans Redeker della Morgan Stanley ha affermato che l’euro sta sviluppando una nuova caratteristica: tende a rafforzarsi nei momenti di stress globale.
Ciò riflette il suo ruolo di “funding currency” [la valuta che viene scambiata in una transazione di carry trade] per il flusso in eccesso dei capitali mondiali.
In altre parole, l’euro sta cominciando a comportarsi come lo yen giapponese.
La forza della valuta provoca un restringimento pro-ciclico e pressioni deflazionistiche ogni volta che si verificano dei problemi.
Ciò causerà un profondo allarme a Francoforte.
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Link Originale: https://www.telegraph.co.uk/business/2019/08/05/currency-war-begins-china-hurls-devaluation-back-trumps-face/
Scelto e tradotto da Franco
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