Redazione: Avevamo promesso di seguire con attenzione la vicenda dell’attacco alle raffinerie saudite.
Manteniamo l’impegno pubblicando questo pungente articolo di Tom Luongo che contribuisce a chiarire, ma solo in parte, quello che sta succedendo.
Ritenevamo gli Houthi incapaci dell’attacco ma l’autore (e non solo lui, in tutta franchezza) li ritiene responsabili, ben motivando la sua opinione.
L’Iran non c’entrerebbe niente, ma resta il quesito su come sia possibile che un popolo di pastori, per di più sotto attacco, possa costruire Droni o, se li ha “comprati” (con quali soldi?), chi glie li ha “venduti”.
Insomma, non conta solo l’autore materiale dell’attacco, ma anche chi gli ha fornito tecnologia ed istruttori. Ed allora, come può non tornare in mente l’Iran?
Restano in sospeso anche le posizioni di Stati Uniti, Israele e mondo Sunnita.
Gli Houthi che “conquistano” Medina e La Mecca (diverso il discorso per i campi petroliferi. Il blocco potrebbe far comodo a molti) non ce li vediamo, non tanto per la resistenza dell’esercito saudita (l’autore ha detto, e noi gli crediamo, che potrebbe domare al più una rissa da bar), quanto per l’inevitabile reazione israelo-statunitense-sunnita.
A fronte di una tale minaccia crediamo che le opinioni pubbliche dei due paesi, ma anche quelle di tutto il mondo sunnita (tranne il Sultano Erdogan), sarebbero d’accordo nel reagire, offrendo al Presidente Trump la giustificazione per intervenire, nonostante l’anno elettorale.
Le 100 bombe nucleari tattiche che erano state preparate per l’abortita guerra all’Iran — https://www.mittdolcino.com/2019/05/09/una-fonte-interna-della-casa-bianca-rivela-che-lamministrazione-trump-sta-pianificando-una-guerra-con-liran-per-lautunno-del-2019/ — non crediamo siano state distrutte.
Certo, però, che il petrolio a 150 dollari/barile era proprio quello cui i “sovranisti statunitensi” volevano arrivare, in chiave anticinese ed antieuropea, attraverso la guerra all’Iran.
Singolare come potrebbero ottenere lo stesso risultato restando ben coperti dietro le quinte, stando all’articolo di Tom Luongo.
Reprimiamo il complottista che è dentro di noi e sediamo preoccupati sulla sponda del fiume, in attesa di ulteriori notizie.
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Tom Luongo per Gold Goats ‘n Gun
Il recente attacco ad Abqaiq — il principale centro per la lavorazione del petrolio saudita — rappresenta un importante punto di svolta nella politica globale.
L’evento potrebbe essere persino più grande di quanto molti di noi riescano a capire.
Mentre i circoli politici israeliani-sauditi-statunitensi stanno cercando di dare la colpa all’Iran, lo scenario più probabile è che siano stati gli Houti dello Yemen del Nord i responsabili dell’attacco, che fa seguito a quello del mese scorso in cui avevano mostrato le capacità dei loro nuovi droni
Il primo attacco ha preparato il terreno per il secondo.
Mostrando al mondo intero di poter lanciare droni in qualsiasi luogo dell’Arabia Saudita, i ribelli Yemeniti hanno creato la plausibilità per l’attacco dello scorso fine settimana.
Quest’attacco pone molte domande, ma il tentativo maldestro d’incolpare l’Iran — dopo che il Presidente Trump ha escluso qualsiasi risposta militare — ne apre ancora di più.
Se si è trattato di un attacco proveniente dall’Iraq e dall’Iran, come viene ora affermato (ma si tratta di congetture senza supporto), com’è possibile che la decantata tecnologia degli Stati Uniti non abbia chiarito l’esatta dinamica degli eventi? In fin dei conti, lo “U.S. Naval Centcom” è in Bahrein!
Gi addetti ai lavori sono forse ciechi oltre che incompetenti? No. Non credo che lo siano.
Dite quello che volete sulla leadership politica degli Stati Uniti e sulla proditoria burocrazia che la sostiene, ma non credo che i nostri militari siano corrotti, pigri o stupidi.
Continuando a ritenere l’attacco ad Abqaiq di origine iraniana, il Segretario di Stato Mike Pompeo e il Governo dell’Arabia Saudita stanno gettando il Pentagono sotto un autobus.
La verità è che, cercando d’attribuire quest’attacco alle milizie sciite irachene (le Popular Mobilization Units — PMU — in collaborazione con l’IRGC), le separiamo ulteriormente dal Governo Iracheno che le sostiene apertamente e deviamo le responsabilità reali dall’intrinseca debolezza dell’Arabia Saudita.
Per mesi le PMU sono state il nostro obiettivo politico in Iraq. In questo modo rischiamo di riavviare il caos in quel paese.
Iraq e Siria stanno cercando di riaprire il valico di frontiera Al-Bukumai vicino a Deir Ezzor. In risposta all’attacco di droni contro l’Arabia Saudita ci sono stati in quel luogo due attacchi aerei, il 17 e il 18.
Ma i sauditi negano di essere coinvolti e incolpano Israele.
La Mezzaluna sciita è in via di formazione. Le PMU sono una parte importante di questo progetto. L’Iran sta investendo miliardi in nuovi collegamenti stradali e ferroviari da Teheran a Beirut.
La minaccia esistenziale per Arabia Saudita e Israele è quindi assolutamente reale. Su questo non ho alcun dubbio.
Guardate cosa sta succedendo all’interno dell’Alleanza a guida statunitense. Ora tutti puntano il dito l’un contro l’altro.
Nel frattempo l’Iran continua a negare con molta calma di essere l’autrice dell’attacco.
Mi aspetto che nel prossimo futuro ne mostreranno le inoppugnabili evidenze, se gli Stati Uniti dovessero esibire la “prova” del coinvolgimento iraniano.
Ripensate all’incidente di giugno che ci ha fatto quasi scendere in guerra contro l’Iran. La storia si è trasformata ed è cambiata giorno per giorno.
Gli iraniani avevano dalla loro parte i dati e le prove, ma hanno aspettato che degli idioti affermassero cose decisamente false prima di rilasciarli.
E’ la strategia “Drip Drip Drip”, come la chiamava Andrew Breitbart. Rilasciate alcune informazioni e permettete al vostro obiettivo di mentire al riguardo. Dopodiché, scrivete il pezzo successivo evidenziando quella bugia. E così via.
È esattamente quello che hanno fatto gli iraniani a giugno, umiliando l’Amministrazione statunitense. Sono sicuro che, salvo che non ci siano effettivamente loro dietro l’ultimo attacco, faranno la stessa cosa nei prossimi giorni.
Penso che anche negli Stati Uniti lo sappiano. Ed è per questo che non verrà fuori molto di più su questa storia.
Il “non detto” sarà usato diplomaticamente [dall’Iran] per legare le mani a Trump ….. e [dagli Stati Uniti] per nascondere una verità molto importante: i sauditi non sono in grado di difendere la loro casa.
Come ha detto “Moon of Alabama”, la difesa aerea saudita è piuttosto scarsa.
Il dispiegamento navale statunitense non è adeguato nel caso ci sia un aumento della violenza. I “Gruppi Navali” [Carrier Grous] non si trovano nel Golfo Persico.
Gli iraniani credono comunque di poter colpire obiettivi fino a 2.000 chilometri di distanza. Quanto tutto questo sia vero, con riferimento ai sistemi di difesa aerea statunitensi, è però materia di discussione.
I sauditi hanno perso quasi tutto il loro sostegno esterno.
— La coalizione contro lo Yemen si è liquefatta.
— Gli Houthi stanno vincendo.
— Il Qatar li odia.
— L’Egitto mai si unirebbe alla “NATO araba” di Trump.
— L’OPEC + sta annaspando e la Russia ha fatto capire chi è che comanda.
Tutto questo mi porta a credere alla possibilità espressa da Pepe Escobar in un suo recente articolo. Gli Houthi potrebbero essere in grado, in questo momento, di lanciare un attacco totale contro l’Arabia Saudita e di destabilizzare il paese.
La situazione ha raggiunto un punto tale, nel Golfo Persico, da rendere credibile uno scenario spettacolare: gli Houthi che s’impegnano in una folle corsa attraverso il deserto per catturare La Mecca e Medina, contemporaneamente ad una rivolta sciita nella cintura petrolifera orientale.
Davvero, non è più un’ipotesi inverosimile. In Medio Oriente sono successe cose ben più strane.
I sauditi, dopotutto, non sanno domare nemmeno una rissa da bar — ecco perché fanno affidamento sui mercenari.
Una rivolta nel nordest del paese è sempre stata sul tavolo. È per questo che i sauditi hanno bisogno del petrolio a 80 dollari/barile. Devono sostenere programmi sociali per mantenere la popolazione in una situazione di relativo benessere.
Il Regno Saudita è dappertutto sotto minaccia esistenziale. Non mi sorprende, quindi, che i governanti stiano cercando d’incolpare l’Iran per questo incidente.
Il rapido annuncio del neo Ministro dell’Energia Saudita, Principe Abdulaziz bin Salman, che la produzione tornerà rapidamente alla normalità, è stato emanato per rassicurare i potenziali investitori in vista della prossima IPO dell’Aramco, un affare da 400 miliardi/dollari.
L’IPO è il cardine del piano “Vision 2030” elaborato dal Principe Ereditario Mohammed bin Salman (MbS) per modernizzare l’economia del Regno.
La narrazione saudita, quindi, è concepita per spostare l’origine dell’attacco dallo Yemen.
Perché, se fossero veramente gli Houthi i colpevoli, sarebbe un brutto colpo per l’immagine dei militari statunitensi ….. ma molto, molto, peggiore per quella dei militari sauditi.
Come minimo, il cambio del Ministro dell’Energia è il segnale di un imminente scossone nella politica saudita.
Ma senza raggiungere rapidamente la pace MbS potrebbe non avere il tempo di cui pensava poter disporre.
Perché, negli Stati Uniti, non c’è alcun desiderio d’impegnarsi in una guerra totale contro l’Iran. I sauditi non sono più i “gli arabi buoni” per la maggior parte degli americani.
I capi militari non vogliono mettere a rischio i soldati, Wall St. non vuol vedere un crollo finanziario tale da far sembrare quello della Lehman Bros. come il girovagare di un paio di ragazzi Amish nel periodo del “Rumspringa”.
Il MIC [Military Industrial Complex] non vuol mettere a rischio i suoi giocattoli contro chi non riesce a sovrastare sul campo.
La guerra contro l’Iran, inoltre, non sarebbe convenzionale. Verrebbe da tutte le parti, da qualsiasi luogo della Mezzaluna sciita, ma specialmente dallo Yemen.
Su questo gli iraniani sono stati molto chiari. Credono che la loro tecnologia missilistica sia superiore ai sistemi di difesa aerea statunitensi.
Potrebbero anche essere nel giusto e l’ultima cosa che gli Stati Uniti vorrebbero è una guerra di missili in cui il risultato non sia scontato.
L’esercito degli Stati Uniti è politicamente più utile se usato come “uomo nero”, piuttosto che come una vera e propria minaccia fisica.
Di conseguenza, è meglio che MbS giunga rapidamente ad un qualche assestamento nello Yemen. E’ questa la chiave della sua sopravvivenza a breve termine.
Perché, se gli Houthi causassero una rivolta in tutto il paese, c’è poco che gli Stati Uniti potrebbero fare per opporvisi.
E, se è pur vero che una guerra totale porterebbe il prezzo del petrolio a più di 150 dollari/barile, utile ai sauditi per sistemare il loro bilancio, molto probabilmente non sarebbero fra coloro che venderanno in quel mercato.
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Link Originale: https://tomluongo.me/2019/09/19/will-the-yemen-war-be-the-end-of-saudi-arabia/
Scelto e tradotto da Franco
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