Ambrose Evans Pritchard per The Telegraph
Il Congresso ha approvato la Legge che rimuoverà lo “status speciale” conferito ad Hong Kong, se il modello “una nazione, due sistemi” venisse rovesciato.
La pistola diplomatica americana è carica e con il colpo in canna. Entrambe le Camere hanno approvato lo “Hong Kong Human Rights and Democracy Act” con una maggioranza amplissima, a prova di veto presidenziale.
Questo “Disegno di Legge” avvia un processo legale che, se attivato, porterebbe Hong Kong a perdere il suo “status speciale” ai sensi della Legge degli Stati Uniti — ed anche la sua appartenenza, come membro indipendente, all’”Organizzazione Mondiale del Commercio”.
L’enclave verrebbe trattata come qualsiasi altra città cinese, la qual cosa rappresenterebbe una minaccia esistenziale per il suo modello di business: un polo finanziario e commerciale globale.
La “Camera di Commercio Americana” ad Hong Kong ha affermato di temere conseguenze “preterintenzionali e controproducenti” che potrebbero andare fuori controllo.
Il Presidente Donald Trump dovrebbe firmarlo entro la fine di questa settimana. Ha poca scelta, anche se ostacola il suo tentativo di raggiungere prima di Natale un seppur magro accordo commerciale di “Fase Uno” con la Cina.
“Non credo che Trump voglia questo ‘Disegno di Legge’, sia perché non ha mai mostrato molto interesse per i diritti umani, sia perché capita in un momento molto difficile. Ma dovrà accettarlo”, ha affermato William Reinsch, ex capo dello “US National Foreign Trade Council”.
La furiosa reazione di Pechino ha rivelato quanto questo “Disegno di Legge” sia esplosivo. Il People’s Daily lo ha definito un documento fatto per i ribelli ed i criminali [palese il riferimento ai manifestanti di Hong Kong].
Il Ministro degli Esteri Cinese, Wang Yi, l’ha definito una palese interferenza negli affari interni della Cina: “Alcuni politici statunitensi stanno attaccando e calunniando la Cina ad un livello vicino alla follia”.
La retorica dell’”occhio per occhio” si è intensificata giovedì, quando il leader della maggioranza al Senato, Chuck Schumer, si è scagliato contro il Presidente Xi Jinping chiamandolo per nome:
“Questa risoluzione è ciò che l’America pensa di te e del tuo oppressivo Governo, delle tue politiche nei riguardi della popolazione di Hong Kong e degli Uiguri. Non ‘dare la tua parola’ al Presidente (USA) sul fatto che tutto stia andando bene, perché non è vero”.
Il testo afferma che il Segretario di Stato Americano deve certificare entro sei mesi che il Governo di Hong Kong sia conforme al modello “una nazione, due sistemi” stabilito dalla “Legge Fondamentale” [Basic Law], implementata dopo la riconsegna dell’enclave da parte della Gran Bretagna [1997].
Hong Kong sarà guardata al microscopio su questioni come l’indipendenza giudiziaria, la condotta della polizia, la libertà di manifestazione e di stampa, Internet ed i social media, l’istruzione, il rispetto dei diritti umani ed infine i progressi verso il suffragio universale.
L’enclave sarà indagata anche per possibili violazioni della “Legge Statunitense sulle Sanzioni” e per verificare se è coinvolta nelle attività di sorveglianza di massa e nel “sistema di credito sociale” cinese — in particolare, se sta utilizzando le tecnologie Sharp Eyes, Skynet (riconoscimento facciale) e “Joint Operations Platform”, in violazione dei controlli statunitensi.
Il “Disegno di Legge” include una clausola che condanna la persecuzione degli attivisti democratici in Cina — e questo aumenta ulteriormente la posta.
I recenti sviluppi politici in Cina hanno aumentato il rischio di una resa dei conti.
Il “Comitato Centrale del Partito” ha deciso tre settimane fa che, in linea di principio, le Leggi Cinesi sulla “sicurezza nazionale” e sull'”educazione patriottica” nelle scuole dovrebbero estendersi anche ad Hong Kong.
Il Congresso Popolare ha poi affermato la supremazia della sua Costituzione sul Tribunale di Hong Kong, nell’interpretazione della “Legge Fondamentale”.
La controversia ha sconvolto i mercati, ma potrebbe non alterare l’esito dell’accordo commerciale di “Fase Uno”. I colloqui hanno incontrato difficoltà per altri motivi.
“I cinesi hanno deciso che Trump abbia bisogno di un accordo e stanno spostando i pali della porta. Vogliono che venga rimosso un numero maggiore di dazi”, ha affermato Reinsch, ora al “Center for Strategic and International Studies”.
Trump ha imposto dazi di vari livelli su 550 miliardi/usd di merci cinesi, coprendo la maggior parte delle esportazioni del paese.
Ha poi sospeso un ulteriore aumento delle aliquote punitive accennando ad un possibile ripensamento su una serie di beni di consumo, del valore di 112 miliardi/usd. Ma questo potrebbe non essere abbastanza.
Pechino sta chiedendo un ripensamento più ampio, dopo aver respinto le richieste della Casa Bianca per una fondamentale revisione del suo sistema economico e industriale – che ne avrebbe minacciato il patronaggio ed il controllo da parte del Partito Comunista.
Reinsch ha detto che: “Apparentemente, nell’accordo non c’è nulla sui sussidi cinesi alle imprese o sul ruolo rivestito dalle entità statali, nonostante fossero i due maggiori problemi strutturali. Le assicurazioni sul furto della proprietà intellettuale non sono molto diverse da quelle che avevano già espresso ad Obama”.
I cinesi, tuttavia, stanno cercando di reprimere la pirateria IP [Internet Protocol] perché sta frenando la propria economia. Oltre il 95% dei casi sottoposti ai nuovi “Tribunali della IP” sono denunce fra società cinesi, l’una contro l’altra.
Reinsch ha concluso che: “Penso che Trump dichiarerà comunque di aver conseguito una grande vittoria e farà un accordo finale. Ma non vuole farlo troppo in fretta perché questo rischia di andare in pezzi, il prossimo anno, quando verranno fuori tutte le sue carenze (che non sono difficili da trovare), che consentirebbero ai Democratici di dire che il Presidente ha procurato dei gravi danni senza ottenere pressoché nulla in cambio”.
Per il momento, i negoziatori cinesi stanno mantenendo una linea aperta con Washington. Il plenipotenziario economico, Liu He, ha invitato i massimi funzionari statunitensi a Pechino per un nuovo round di colloqui faccia a faccia, nel tentativo di sbloccare la situazione.
Il Presidente Trump ha twittato che i Cinesi vogliono un accordo, ma che sta aspettando condizioni migliori: “Credo che non stiano arrivando al livello che io desidero”.
I trader e gli investitori non sono più così sensibili a questi tweet. Il dollaro è stato svalutato da un’emissione eccessiva e il costante spostamento avanti e indietro ha creato uno stato d’animo di stanchezza.
Il “Disegno di Legge” su Hong Kong lascia l’enclave in una situazione precaria. Una Spada di Damocle posta sul suo Governo, dovendo attraversare ogni anno il rituale della certificazione americana.
Se lo “status speciale” venisse sospeso, il sistema bancario e i mercati dei capitali perderebbero l’accesso illimitato al sistema finanziario in dollari. Il suo ruolo di “Città del Mondo” diventerebbe insostenibile se le aziende si spostassero a Singapore.
Il peg [tasso di cambio] con il dollaro USA diventerebbe vulnerabile e gli investitori si chiederebbero se l’autorità monetaria di Hong Kong possa davvero contare sulle linee-swap [accordo tra due Banche Centrali per lo scambio delle rispettive valute] con la Fed statunitense, nel caso di una crisi bancaria.
Ciò potrebbe cristallizzare i problemi nei mercati del credito. Hong Kong è seduta sul mercato immobiliare più surriscaldato del mondo. La posta in gioco è enorme.
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Link Originale: https://www.telegraph.co.uk/business/2019/11/21/us-china-conflict-reaches-fever-pitch-trump-prepares-sign-hong/
Scelto e tradotto da Franco
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