Franco per mittdolcino.com
Ad ottobre del 2011, la visita di Hillary Clinton in Libia fu considerata una specie di “giro trionfale”.
“Siamo venuti, abbiamo visto, egli è morto!”, così disse in una video-intervista alla CBS, riferendosi alla cattura e alla brutale uccisione del leader libico Muammar al-Gheddafi.
Ma parafrasare Giulio Cesare non le portò fortuna. Quel “giro trionfale” fu quanto meno prematuro.
A quei tempi, si disse che l’intervento della Nato fosse dovuto a “motivi umanitari”, dopo che si erano diffuse notizie di atrocità di massa.
Tuttavia, quelle notizie furono fin da subito messe in discussione, vista l’assoluta mancanza di prove.
Prima del 2011 la Libia aveva raggiunto la piena indipendenza economica. Disponeva di acqua, cibo e petrolio. Aveva la sua moneta e la sua Banca Centrale.
Sotto la guida di Gheddafi, uno dei paesi più poveri d’Africa era diventato uno dei più ricchi. Ad esempio, l’istruzione e le cure mediche erano gratuite e possedere una casa era considerato un diritto.
Il paese vantava il più grande sistema d’irrigazione al mondo, il ‘Great Man-made River Project’ che, dal deserto, portava l’acqua alle città costiere dopo aver irrigato le campagne.
Gheddafi, inoltre, progettava di diffondere questo modello in tutta l’Africa.
Era questa la situazione prima che alcuni Paesi Occidentali sconvolgessero il paese.
Di conseguenza, la situazione diventò a tal punto disastrosa da spingere l’allora Presidente Obama a valutare nuove opzioni, compresa quella di aprire un nuovo fronte militare.
Il “giro trionfale” dell’allora Segretario di Stato, Hillary Clinton, fu davvero prematuro se l’obbiettivo dell’intervento militare fosse stato sul serio di tipo “umanitario”.
Ma i suoi messaggi di posta elettronica, palesati successivamente, svelarono che in realtà erano ben altri gli obbiettivi.
Dei 3.000 messaggi di posta elettronica che furono tratti dal server privato di Hillary Clinton, ca. 1/3 provenivano dal suo stretto confidente, Sidney Blumenthal — l’avvocato che aveva difeso il marito nel caso “Monica Lewinsky”.
Nella e-mail del 2 Aprile 2011 si può leggere che:
Il governo di Gheddafi possiede 143 tonnellate d’oro e un analogo ammontare [in valore] d’argento ..… Quest’oro fu accumulato prima della ribellione in corso e doveva essere utilizzato per fondare una valuta panafricana basata sul “dinaro d’oro” libico. Quel piano era stato progettato per fornire ai paesi africani francofoni un’alternativa al franco francese [CFA].
La e-mail declassificata aggiungeva che:
Secondo fonti ben informate, queste quantità d’oro e d’argento hanno un valore superiore a 7 miliardi di dollari. Alcuni funzionari dei Servizi Segreti francesi avevano scoperto questo piano poco dopo l’inizio della ribellione in corso — e questo è stato uno dei fattori che hanno influenzato la decisione del Presidente Nicolas Sarkozy d’impegnare la Francia in un attacco alla Libia.
Secondo queste persone, i piani di Sarkozy erano guidati dalle seguenti ragioni:
1. Il desiderio di ottenere una quota maggiore di petrolio libico.
2. Aumentare l’influenza francese in Nord Africa.
3. Migliorare la sua situazione politica in Francia.
4. Fornire ai militari francesi l’opportunità di riaffermare la loro posizione nel mondo.
5. Dare una risposta alla preoccupazione dei suoi consiglieri sul progetto a lungo termine di Gheddafi, di soppiantare la Francia come potenza dominante dell’Africa francofona.
Palesemente, non c’è alcun accenno a preoccupazioni di tipo umanitario. Gli obbiettivi erano il denaro, il potere ed il petrolio.
Nei messaggi di posta elettronica c’erano altre esplosive conferme, quali l’ammissione dei crimini di guerra commessi dai rivoltosi e della presenza in Libia sia di ‘consiglieri militari’ che di miliziani di Al Qaeda, entrambi facenti parte di quell’opposizione appoggiata da Obama/Clinton/Sarkozy/Cameron.
I temi-chiave della propaganda a favore dell’intervento erano quindi solo delle voci create ad arte.
Pretendevano finanche che Gheddafi avesse adottato la “politica dello stupro”, facendo assumere il Viagra alle sue truppe!
Nessuna meraviglia. Qualcuno pensa che Obama/Clinton avrebbero potuto ottenere il sostegno degli americani a questo “cambio di regime”, dicendo loro che i francesi volevano rubare la ricchezza della Libia e mantenere l’influenza neocoloniale francese sull’Africa?
La minaccia di Gheddafi di dar vita ad una valuta indipendente africana non era stata presa alla leggera in gran parte dell’Occidente. Sarkozy riferì, in seguito, che nel 2011 aveva avvertito il leader libico che egli rappresentava una minaccia per la sicurezza finanziaria del mondo.
Gheddafi, in effetti, stava facendo qualcosa d’incredibile.
Da decenni la Libia ed altri paesi africani stavano cercato di creare una valuta forte ed indipendente pan-africana.
Sotto la guida di Gheddafi le nazioni africane si erano riunite per almeno due volte con all’ordine del giorno l’unificazione monetaria.
I Paesi avevano discusso la possibilità che il “dinaro libico” (supportato dalle 143,8 ton. d’oro del Paese) e il “dirham d’argento” [Marocco] fossero le sole valute utilizzabili per l’acquisto di petrolio africano.
Gheddafi, Presidente nel 2009 dell’Unione Africana, aveva concepito (e finanziato) un piano per unificare gli “Stati Sovrani” dell’Africa — ovvero gli Stati Uniti d’Africa — con una moneta comune.
Nel 2004 un parlamento pan-africano composto da 53 nazioni diede il via ad un piano per la fondazione della “Comunità Economica Africana” — con un’unica moneta da lanciare entro il 2023.
Gheddafi aveva fatto molto di più che organizzare un “colpo di stato monetario” in Africa. Aveva dimostrato che l’indipendenza finanziaria era un obbiettivo che poteva essere raggiunto.
Il suo più grande progetto infrastrutturale, il “Great Man-made River”, stava trasformando le aride regioni libiche in terre fertili, un autentico granaio.
Era stato finanziato — 33 miliardi di dollari — senza interessi e senza debito estero, tramite la sola Banca Centrale della Libia.
Questo spiega perché, nel 2011, quest’infrastruttura fu distrutta. La NATO non si limitò a bombardare l’acquedotto, ma pose fine al progetto polverizzando la fabbrica che produceva le tubazioni necessarie per poterlo riparare.
Paralizzare un sistema d’irrigazione civile che serviva fino al 70% della popolazione difficilmente potrebbe essere definito un “intervento umanitario”.
Ma, come stiamo vedendo, l’obbiettivo dell’intervento militare era quello di distruggere un modello d’indipendenza e un network di collaborazione fra gli stati africani, che avrebbero facilitato una maggiore fiducia verso sé stessi.
Le e-mails di Hilary Clinton mettono in luce un altro enigma. Perché, a poche settimane dall’inizio della rivolta, i ribelli avevano creato una propria Banca Centrale?
Giunti a questo punto, chi mai potrebbe contestare che ci furono delle influenze politico-militari piuttosto sofisticate — e che la questione non fosse legata ai quattro rivoltosi che scorrazzavano per il deserto libico?
Chi aveva mai sentito parlare, prima di queste vicende, di una Banca Centrale creata nel giro di qualche settimana, appena prima di una rivolta popolare?
La risposta, forse, non si sarebbe mai saputa se non fossero state pubblicate le e-mail di Hillary Clinton, a seguito dell’indagine dell’FBI.
Questo pensiero non ci consola più di tanto, se si pensa a quanto sta succedendo proprio davanti alle nostre coste. Basti pensare alla minaccia portata agli interessi nazionali, dalle forniture di petrolio all’immigrazione incontrollata.
L’ultimo pensiero, infine, va al martoriato popolo libico, che forse non meritava tutto questo.
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Franco
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