Tom Luongo
Alla fine del 2018 mi posi la domanda: “Have we reached peak Soros?” [Abbiamo raggiunto l’apice, Soros?]. Perché mi stavo rendendo conto che Soros stava perdendo.
Per più di dieci anni Soros ed il suo sodale, Tom Steyer, hanno lavorato diligentemente per porre fine alla libertà di parola su Internet, per riprendere il controllo di The Wire e porre fine alla nostra capacità di eliminare (in tempo reale) il loro “Brave New World”:
“”Se guardate da vicino quello che c’è intorno a voi, vedrete ovunque lo spettro di George Soros, in agguato dietro ai titoli dei giornali: la neutralità della rete, la regolamentazione di Facebook, la decostruzione dei media indipendenti, le rivoluzioni cromatiche e le interferenze elettorali, la creazione e la manipolazione dei rifugiati, i troll su Twitter, il vostro blog, YouTube ….. etc.
Tutto quello che compare nei “titoli dei giornali’ è un prodotto del denaro di George Soros e della sua singolare ossessione di ricreare il mondo a sua immagine e somiglianza””.
Nel 2018 e nel 2019 Facebook affrontò uno scandalo enorme sui dati degli utenti, che rivelò quanto profondamente quell’azienda ne avesse violato la fiducia.
Il CEO Mark Zuckerberg fu portato davanti al Congresso (un grande spettacolo, degno del “Teatro Kabuki”), che minacciò di rimuovere l’immunità a Facebook (intesa come piattaforma), ai sensi della “Sezione 230” del “Communications Decency Act”.
E tutti ridemmo di “Data”, mentre cercava di diventare un ragazzo in carne e ossa, affrontando queste fastidiose emozioni umane.
Ma la minaccia per Facebook era reale e non solo temporanea. In effetti, i costi di “conformità” stanno aumentando e cresce anche la sua burocrazia.
Fare pubbliche pressioni su Facebook, mettendo la società in una posizione di assoluta gravità rispetto agli utenti, è solo una parte della strategia di Soros per riguadagnare il controllo sul flusso delle informazioni che passano attraverso Internet.
È stato un processo lungo un decennio.
Lui e il suo sodale, per prima cosa, hanno creato la soluzione e poi cercato il problema. Il concetto di “Neutralità della Rete” era un mezzo per far sovvenzionare la “banda larga” dal Governo, per poi controllarne l’accesso.
Questa soluzione ha “solleticato” il pubblico di sinistra, preoccupato per un possibile “controllo aziendale” — anche se è una cosa poco credibile.
A suo merito, Donald Trump vi ha posto fine [https://tomluongo.me/2017/12/16/net-neutrality-the-end-of-googles-biggest-subsidy/].
In secondo luogo, hanno creato un altro problema invitando le piattaforme dei social-media ad utilizzare il loro potere per limitare arbitrariamente i contenuti, violando il firewall costituito dalla “Sezione 230”.
Questo ha fatto esplodere i Q-tard [seguaci di Qanon e delle teorie cospirazioniste], i libertari ed i conservatori.
Nel frattempo, hanno minato la fiducia del pubblico sul modo in cui i loro dati venivano gestiti, personificando la corruzione e costringendo Jack Dorsey e Mark Zuckerberg ad affrontare pubblicamente il problema, ben oltre la loro “comfort zone”.
In questo modo hanno trasformato la pubblica frustrazione — e la rabbia per l’ingiustizia subita — in un invito all’azione. Bene, quell’invito è finalmente arrivato al dunque.
Venerdì scorso Soros ha scritto un altro dei suoi oltraggiosi pareri sul New York Times (articolo, ovviamente, non sottoposto al paywall) per attaccare Mark Zuckerberg, chiedendo la sua rimozione come CEO di Facebook
Questo è il titolo, ovvero l’esca per il clic: https://www.nytimes.com/2020/01/31/opinion/soros-facebook-zuckerberg.html.
Lampante la vera ragione dell’attacco di Soros. Si è inventato una cospirazione fra Facebook e Donald Trump volta a farlo rieleggere, come prova che Facebook non meriti più l’immunità della “Sezione 230”.
“”E’ evidente la responsabilità. Facebook è un editore, non solo un moderatore neutrale o una “piattaforma”. Dovrebbe essere ritenuto responsabile dei contenuti che appaiono sul suo sito.
Il 22 gennaio, parlando ad un cocktail party a Davos, il Direttore Operativo di Facebook, Sheryl Sandberg, ha ribadito il logoro cliché della Silicon Valley, secondo il quale Facebook sta solo cercando di rendere il mondo un posto migliore.
Ma Facebook dovrebbe essere giudicata per quello che fa, non per quello che dice.
Ripeto e ribadisco la mia accusa contro Facebook, guidata dal Sig. Zuckerberg e dalla Sig.ra Sandberg. Seguono solo un principio-guida: massimizzare i profitti indipendentemente dalle conseguenze.
In un modo o nell’altro, non dovrebbe esser lasciato loro il controllo di Facebook””.
Siamo davvero alla follia. Soros, nella sua disperazione, pensa di poter rendere credibile che Facebook (che fin dall’inizio è sempre stato ostile ai conservatori e ai libertari) stia ora lavorando in favore di Trump, per consentire la sua rielezione .
La malvagità di quest’uomo è davvero mozzafiato. Geniale, ma malvagio.
Val la pena ricordare che Soros non sia una persona e nemmeno un imprenditore. È un vampiro che vive della ricchezza accumulata dalla nostra società, diventata compiacente e pigra.
Ha fatto i soldi sempre e soltanto praticando un gioco a somma zero — il trading valutario — per il quale lui stesso dà una mano a preparare il terreno.
La mancanza di un vero servizio verso l’umanità è il motivo per cui è ossessionato dal suo grande progetto di “Open Society”.
È da qui che nasce la sua megalomania, quella profonda consapevolezza di essere una sanguisuga e un ciarlatano.
È per questo che insiste sul fatto che i media lo definiscano un “filantropo” e non un “divoratore di anime” e “agente del caos”.
Ha fatto uccidere milioni di persone per portare avanti il suo progetto.
Soros esisteva da anni come Veidt [malvagio personaggio dei fumetti], nascosto dietro a dei prestanome e ad un’immagine filantropica, mentre silenziosamente “tirava le corde” per cambiare la direzione del mondo.
Da due anni sostengo che Facebook si trovi nei guai. E’ arrivata ad un punto in cui la crescita semplicemente non è più possibile, visto che già possiede una quota di mercato pari al 25% dell’intera razza umana.
Il rapporto sugli utili di questo trimestre ha svelato che i corsi azionari sono schiacciati come conseguenza del rapido aumento dei costi operativi e del personale, con il “tasso di crescita” che non può sostenere un P/E di 40, in un mercato che sta finalmente cercando di tagliare la schiuma.
L’azienda è estremamente redditizia, ma da qui in poi potrà solo rallentare — più Soros et.al. spingeranno per una maggiore e pervasiva de-formattazione, più gli utenti di maggior valore se ne andranno.
È quello che, alla fine, ucciderà anche YouTube.
Soros vuole che Facebook diventi un glorificato “Ministero del Filtraggio delle Informazioni”, perché ben comprende il potere di una piattaforma di massa.
Facebook, ora, è “The Wire”. Il “vampiro” non è riuscito a controllare gli ISP [Internet Providers], imponendo loro il concetto di “Neutralità della Rete”.
Sembra che la riluttanza di Facebook a diventare Palpatine [personaggio di Guerre Stellari, diventato l’Imperatore] lo tormenti ulteriormente. Ecco perché sta spingendo per una pubblica faida, facendo appello ai Conservatori che giustamente non amano Zuckerberg.
Ma Zuckerberg è solo una pedina. Non è né il problema né la soluzione. Il problema è Soros — dobbiamo ricordarcelo in ogni momento.
Essere bandito da Twitter o Facebook per motivi stupidi non è giusto, d’accordo, e allora?
La vita stessa non è giusta, ma questo non significa che dobbiamo dare al Governo, qualunque esso sia, un potere ancora maggiore per controllare i contenuti a cui abbiamo accesso.
Ci sono pur sempre altre reti, altre piattaforme. Se trovate delle buone informazioni, la verità si vende da sola.
Alla fine del discorso, Facebook è un’operazione di’Intelligence a vantaggio di Wall St. e del Governo, mascherata da piattaforma social-media. Ma, più verrà esposta come tale, meno redditizia diventerà.
Ho lasciato Facebook lo scorso anno e non ho guardato indietro. Così come molte altre persone.
Soros, nel suo zelo volto al controllo del flusso d’informazioni, ha fatto pressione sui Governi inadempienti affinché trattassero le critiche ai suoi progetti come un crimine contro la decenza.
Può credere che stia vincendo ma il suo editoriale, che per i suoi standard è di un’incredibile incompetenza, tradisce un accenno di disperazione: c’è divisione fra lui e Wall St.
Wall St. è amorale. Non è ideologica come Soros. Va dove stanno i soldi. E i soldi stanno ancora in una versione di Facebook che consenta l’illusione del dibattito politico.
Soros, d’altra parte, sostiene apertamente i candidati anti-Wall Str., come ad esempio Elizabeth Warren.
Ma Facebook è il tesoro di Wall St. — le fornisce tutti i dati, i soldi ed il potere che possa mai desiderare.
Non è davvero pronta ad uccidere la “gallina dalle uova d’oro” solo perché Soros è strenuamente contrario a Trump.
Visto quello che c’è in campo e l’inconsistenza dell’impeachment, Trump è il miglior candidato che Wall St. possa avere nelle prossime Elezioni — a meno che Hillary non indossi i pantaloni e metta da parte il DNC [ovvero, che si faccia comunque “nominare”].
Hillary è bravissima nel softball. Ma, come tutti sappiamo, se volete arrivare alle Major non dovete avere problemi con la curva. Bisogna essere flessibili e sapersi adattare, ma Hillary non è né l’una né l’altra cosa.
Il tentativo per riconquistare Wall St. (per conto dei globalisti) non sarà, quindi, all’altezza delle sue ambizioni.
Nel frattempo, gli oligarchi di ieri, come Soros, hanno perso la capacità di modellare la narrazione a loro favore. Non funziona più come una volta.
Le persone rifiutano di farsi ridurre in silenzio semplicemente perché potrebbero perdere il loro canale YouTube o la loro pagina Facebook.
Sono in atto dei profondi cambiamenti in tutto il mondo. Vengono dalla decentralizzazione delle informazioni — e sono poche le cose che gente come Soros possa fare per fermarli.
Possono creare dei blocchi. Possono rallentare le cose. Ma i costi stanno aumentando drammaticamente perché la tecnologia rende le comunicazioni sempre più accessibili.
I giorni del controllo delle “rampe d’accesso” all’informazione, ponendo barriere artificiali all’ingresso, sono finiti.
La Cina lo scoprirà nel modo più duro possibile — ed anche Soros lo scoprirà in questo modo.
Non capisce che il “populismo” non è diventato così popolare perché le persone sono stupide o manipolate dalla cattiva informazione.
Il “populismo” è popolare perché i vecchi globalismi, ammuffiti come lui, succhiano la “gioia di vivere” e distruggono le loro case, famiglie e comunità.
Nessuno, davvero, vuole vivere nel suo “Brace New World” senza cultura e senz’anima.
Non esiste uno “Stato di Polizia” che sia felice. C’è solo ansia, nevrosi e pornografia senza fine.
Qualsiasi idea che non possa reggere alle critiche, per quanto rozze o ignoranti esse siano, merita la nostra preoccupata attenzione: in ultima analisi, il tentativo di Soros è solo un patetico sforzo per soffocare le critiche, creando una rete mondiale di guardiani e spioni.
In “Watchmen”, Veidt convinse lo Stato (Dr. Manhattan) a fare proprio questo, uccidendo Rorschach che si era rifiutato di accettare la menzogna e voleva rivelare la verità.
Ed è esattamente quello che Soros sta facendo, chiedendo la revoca dell’immunità alla piattaforma di Facebook.
Continuare ad utilizzare Facebook nei modi che sia Zuckerberg che Soros non approvano (oppure abbandonare la piattaforma), è il modo in cui possiamo combatterli — per costringerli ad adattarsi alle nostre “palle curve” [baseball], ricordando loro che senza di noi non hanno alcun potere.
E’ questo il modo in cui possiamo vincere. Rifiutando tutto quello che vuole limitarci, metterci in gabbia o, peggio ancora, proteggerci dalle “cattive idee”.
————
Link Originale: https://tomluongo.me/2020/02/03/peak-facebook-peak-soros-or-just-peak-globalism/
Scelto e tradotto da Franco
*****
Le immagini, i tweet e i filmati pubblicati nel sito sono tratti da Internet per cui riteniamo, in buona fede, che siano di pubblico dominio (nessun visibile contrassegno di copyright). In caso contrario, sarà sufficiente contattarci all’indirizzo info@mittdolcino.com perché vengano immediatamente rimossi. Le opinioni espresse negli articoli rappresentano la volontà e il pensiero degli autori, non necessariamente quelle del sito.