IN CHINA, TODAY!
Per mesi abbiamo accennato la traccia, quasi nessuno l’ha colta. Ora finalmente arriviamo al dunque e scopriamo che ci sono molti scienziati in circolazione, bene. Approfittiamo dunque per segnare nuovamente il passo e mettere distanza con gli improvvisati oracoli dello Stivale. Dunque, la Cina fino a ieri secondo alcuni era la salvezza economica del mondo, mentre oggi ancora gli stessi “molti” – ossia, spesso gli stessi che la osannavano fino a ieri l’altro – fanno fatica a ricordare che uno Stato con un presidente eletto a vita e senza elezioni dirette per eleggere Parlamento e governo tecnicamente NON è una democrazia. Parteggiare per un regime tecnicamente non democratico, dove le persone ad es. sospettamente malate di coronavirus (un virus che secondo il governo cinese è poco pericoloso, avendo causato, secondo le statistiche ufficiali di Pechino, pochissimi morti, ndr) vengono prelevate in casa nottetempo e poi spariscono per settimane, mesi o per sempre, senza sapere dove sono detenute, è quanto meno suicida secondo lo scrivente. Poi, capisco, la pagnotta la si deve guadagnare ma c’è un limite a tutto, anche nella propaganda interessata di alcuni, limite che la peste da coronavirus ha ben messo in evidenza. Certo, io sono stato contro quelli che per la pagnotta accettavano ad es. anche le leggi razziali; idem sono contro certe derive pro-Cina comunista di oggi. Ben ricordando come esista un asse tra Pechino e Germania attuale, quella dei nipoti di Vichy per intenderci.
Un bagno di umiltà fa bene a tutti, lo sappiamo. Ora è arrivato il momento di venire allo scoperto. La Cina sono anni che attua politiche finalizzate a governare il proprio tasso di cambio. E fin qui nulla di male, lo fanno quasi tutti. Il problema sta negli effetti globali e nell’arma usata: uno stato democratico può usare tale arma nei limiti dei checks & balances interni, che sono l’ABC di uno stato democratico. Tali checks & balances non invece esistono in un governo autoritario, che usa per altro un’arma molto particolare contro l’esterno: l’abbondanza di forza lavoro (cinese) a basso costo, figlia di una iperpopolazione (cinese) che sta causando danni enormi all’intero ecosistema globale.
Si, infatti il problema della iperpopolzione terrestre è un problema totalmente reale, non è una invenzione. Se poi tale iperpopolazione, di fatto concentrata solo in sia (l’EUropa e gli Stati Uniti fanno ben meno di un miliardo di persone, la sola Cina va verso 1.5 miliardi) viene usata di fatto per drenare ricchezza dal mondo occidentale alla Cina un problema locale inizia a diventare una minaccia per l’intero ecosistema globale.
Inutile prenderci in giro, il vero problema sta come ve l’ho descritto sopra. E’ un pugno nello stomaco, lo so, ma la realtà non la si può cambiare alla bisogna.
Ora, che conseguenze avrà il Coronavirus? Prima di tutto innescherà la consapevolezza che il sistema cinese è molto fragile, ossia non ci si potrà confidare più di tanto. Tradotto: ci sarà una maggiore consapevolezza della necessità di suddividere i fattori produttivi su diversi paesi, non concentrarli in Cina, come il risk management insegna.
Inoltre tale epidemia causerà non inflazione, o meglio non solo: una concatenazione di eventi ha portato allo scoppio della bolla inflattiva in Cina ben prima del coronavirus, che per assurdo ha abbassato la domanda interna nel breve termine. E questo fattore fu proprio la peste suina, da cui il coronavirus deriva (occhio….). Infatti la più grande componente dell’inflazione dipende dal cibo, la famosa food inflation , la stessa che causò gli scontri di Piazza Tien An Men che spazzarono via un’intera classe dirigente cinese. Stiamo infatti girando attorno al 20% di food inflation in Cina, ossia in un paese di quasi 1.5 mld di persone: un aumento dei prezzi è un terremoto, se ricordate bene gli scontri di circa 30 anni fa la persona che fermò i carri armati aveva i sacchetti della spesa ed era tremendamente arrabbiato per l’aumento dei prezzi…
Ma la cosa oggi è ben più grossa. Infatti la Cina, a fronte dell’inflazione in salita, sperimenterà a breve anche la riduzione della crescita. In una parola, stagflazione. Questo determinerà un problema esponenziale rispetto alla sola inflazione, perchè a maggiori prezzi corrisponderà minore vigore economico ossia minore crescita ossia minori stipendi: un popolo abituato alla crescita perenne sottratta a quella dei vicini si troverà presto a malpartito. E qui siamo al quadrato degli effetti.
Lasciate perdere le statistiche taroccate del solito governo cinese sull’inflazione, anche questo (il taroccamento dell’inflazione) lo fanno tutti ma non nella misura cinese: come fa l’inflazione cinese essere così bassa se la food inflation, che è esplosa, è la massima componente dell’inflazione locale? E qui dovremmo interrogarci sul vero fine della Via della Seta, che non è precisamente quello che vi hanno dipinto….
Arriva poi il terzo effetto, quello che porta la potenza al cubo: in un ambito di crescita economica ridotta e di inflazione galoppante la valuta cinese non può più essere svalutata ad arte come succedeva in passato, ossia veniva svalutata anche in presenza di crescita economica stratosferica, incredibilmente la Cina lo faceva da anni! (Notasi: era una sorta di Currency Board dello yuan da svalutare o al massimo da tenere costante governato dal partito cominnista cinese, con cui un partito appunto comunista ha sfidato economicamente e per lustri il resto del mondo non comunista, ndr). Pechino arriverà dunque a finalmente rivalutare, come la crescita economica accumulata vorrebbe. E questo sarà anche causa dell’inflazione addivenire, ovvero per evitare la stagflazione la Cina dovrà scegliere: inflazione, con morte certa del governo attuale, o maggiore crescita sebbene inflattiva? Ovvero rendendo le proprie merci più care. Lì Trump farà nel caso bingo!
La Wild Card americana? Guerra per guerra, ormai vale tutto….
Se notate bene ci sono due paesi al mondo, guarda caso alleati, che usano lo stesso metodo per rubare crescita ai vicini: tenere basso ad arte il cambio, sono appunto la Cina e la Germania, che guarda caso sono alleati. Alleati contro il blocco USA intendo, a cui invece l’Europa dovrebbe riferirsi mentre invece, magari in forza di sponsorizzazioni e consulenze, come accennava il buon Sapelli settimane fa, puntando l’indice su certi professori interessati, sta succedendo da anni a favore Di Pechino e di Berlino (non ho detto di guardare alla ex Stasi, al dossier Mitrokhin ed a Bologna, non, non l’ho detto…).
Siamo quindi al dunque. Ah, dimenticavo, la componente energia per l’inflazione globale è importante ma non dirimente per la Cina, che ha la sua prima fonte inflattiva nel cibo. Certo, una tensione globale sull’energia sarebbe la ciliegina finale sulla torta a strisce, magari a pena di un po’ di inflazione globale. Ma non è ancora il momento.
Ultima breve considerazione sull’Italia: ancora una volta ha sbagliato cavallo, appoggiandosi prima alla Germania, in forza di alcuni nipoti di repubblichini a cavallo del lago di Garda, come fu per la fine del fascismo infatuati – anzi comprati – dalle ricchezze prospettiche derivanti dal parteggiare con la Repubblica di Vichy. E poi a Pechino, con il leghista Geraci e compagni vari che firmano assieme al M5S la Via della Seta, notando bene che Savoini – quello degli affari del Metropole – sembrerebbe avere il perfetto fisique du role per fare l’ufficiale di collegamento tra Berlino, Via Bellerio e Pechino. Nel caso, se anche questo aspetto verrà provato, magari – chissà – in forza delle solite consulenze accennate sopra, ‘sta volta bisognerà chiedere direttamente agli USA di fare giustizia (e, nel caso, senza nessuna pietà, please: chi è il politico italiano che va regolarmente in Cina a fare business? E con chi sembra i leghisti vogliano fare il governo? …).
Da sola l’Italia non gliela fa.
Nel caso, dovrebbero essere gli italiani a chiederglielo agli USA di fare pulizia. Magari fondando un partito dichiaratamente atlantico. E dichiaratamente non filo EU. Ma questa è un’altra storia.
Mitt Dolcino
*****
Le immagini, i tweet e i filmati pubblicati nel sito sono tratti da Internet per cui riteniamo, in buona fede, che siano di pubblico dominio (nessun visibile contrassegno di copyright). In caso contrario, sarà sufficiente contattarci all’indirizzo info@mittdolcino.com perché vengano immediatamente rimossi. Le opinioni espresse negli articoli rappresentano la volontà e il pensiero degli autori, non necessariamente quelle del sito.