Franco per www.mittdolcino.com
INTRODUZIONE
Le Fregate della “Classe FREMM” sono la spina dorsale della flotta militare italiana. Sostituiscono le vecchie Fregate “Classe Maestrale”, che hanno ormai superato i 35 anni di servizio.
Vista la situazione sempre più esplosiva del Mediterraneo centro-orientale, queste Fregate assicurano, assieme ad altri vascelli (pattugliatori, sommergibili, cacciatorpediniere, navi tutto ponte porta aeromobili etc.), uno strumento di deterrenza appena sufficiente in un bacino per noi essenziale (praticamente casa nostra).
Ma c’è un problema. Le prossime Fregate FREMM rischiano di non entrare in servizio nella Marina Militare Italiana, ma di essere dirottate verso la flotta egiziana.
I primi sospetti nacquero quando ad una di queste fu cancellato lo “ship number”, che poi misteriosamente riapparse, generando confusione sulla sua reale destinazione: forse l’Egitto?
Ma noi italiani, che vantaggio possiamo trarne?
E’ conveniente privarci di due navi così sofisticate (le migliori al mondo nella loro “classe”), considerando che potremmo essere coinvolti in molteplici missioni di controllo sulle linee mediterranee di comunicazione e di approvvigionamento energetico, con il rischio di non avere un numero di navi sufficiente, quando potrebbero essere (e lo saranno!) necessarie?
Vediamo. Da qualche anno l’Egitto, grazie all’attività dell’ENI, è venuto a trovarsi in una situazione senza precedenti. Da importatore di energia è diventato, potenzialmente, uno dei principali esportatori di gas del Mediterraneo.
La maggior parte dei giacimenti si trova nella sua “zona economica esclusiva” marittima (ZEE). Solo Zohr, il più importante giacimento di gas, varrebbe più di cento miliardi di euro.
Il Paese si è così trovato (da “potenza regionale terrestre” che era) a doversi proiettare sul mare, per controllare e proteggere le sue risorse dall’aggressiva politica turca, che rivendica assurdamente le risorse del Mediterraneo Orientale, minacciando non solo l’Egitto, ma anche la Grecia (ha praticamente cancellato dalle mappe l’isola di Creta), Cipro ed Israele.
Questi quattro paesi, comunque, hanno già varato una seppur informale alleanza militare, per la difesa comune dei loro interessi energetici.
Di quest’alleanza se ne parla davvero poco nella blogosfera, ma era logica e necessaria, vista l’aggressività dei Turchi e le loro mire neo-ottomane, sviluppatesi in modo molto più rapido di quanto inizialmente si fosse supposto.
LA RISPOSTA EGIZIANA
Per vedersi consegnare un’unità navale militare, dal momento dell’ordine, possono passare anche 5-6 anni.
Ma la Marina Egiziana ha un bisogno immediato di nuove e sofisticate unità, per competere con la più numerosa flotta turca e per proiettarsi anche nel Mar Rosso, senza sentirsi inferiore all’Arabia Saudita, soprattutto come conseguenza dei suoi aiuti finanziari (nel prosieguo, l’importanza dell’intervento della CDP).
Recentemente, l’Egitto ha acquistato due “portaelicotteri anfibie” francesi “Classe Mistral” — che non potevano più essere vendute alla Russia come conseguenza delle sanzioni — e una Fregata FREMM francese, con le stesse modalità con cui vorrebbe acquistare quelle italiane, nonostante il vascello francese, al di là delle apparenze, sia abbastanza diverso dal “gemello italiano” (decisamente più sofisticato).
Attualmente, sono in costruzione, quasi pronte alla consegna, solo le due FREMM italiane.
Entro al massimo due anni potrebbero essere operative, con il vantaggio di essere già ampiamente sperimentate — e ritenute ai vertici mondiali per la loro qualità (non casualmente hanno destato l’interesse della Marina Statunitense).
L’Egitto, ad Aprile dello scorso anno, aveva anche firmato un Contratto per 6 “Fregate Leggere” tedesche “Classe Meko 200”, ma la loro costruzione è appena iniziata e, forse, il numero sarà ridimensionato perché imparagonabili a quelle italiane, che hanno caratteristiche decisamente superiori — in particolare nell’elettronica.
Per l’Egitto, quindi, si tratta di un’occasione imperdibile, dovendo anche rinsaldare i rapporti economici e strategici con l’Italia, che si sono sfilacciati dopo il caso Regeni.
L’Eni è la principale compagnia energetica operante in Egitto. Gestisce Zohr e numerosi altri giacimenti. È grazie all’Eni e all’Italia se l’Egitto possiede le competenze tecniche per diventare un esportatore d’idrocarburi.
L’Eni è importante, per l’Egitto, quasi quanto lo è per l’Italia.
Non a caso le “navi da perforazione” della SAIPEM, minacciate dalla Turchia e attive nella ZEE egiziana, sono scortate da navi militari egiziane.
In questo modo, assieme alla possibilità di ulteriori Contratti per la fornitura di armamenti (si parla di un valore complessivo che potrebbe superare i 9 miliardi di euro) e per lo sfruttamento dei giacimenti d’idrocarburi, l’Egitto spera di “compensare” le attuali difficoltà diplomatiche.
L’ITALIA E LA SUA MARINA MILITARE
Il problema è il finanziamento dell’operazione. Due di queste navi — compreso l’addestramento, la manutenzione e le dotazioni — possono arrivare a costare anche 1,5 mld. di euro.
Considerando che l’Egitto si è già indebitato con la Francia e con la Germania per le summenzionate forniture navali, gli risulta difficile trovare fondi anche per queste due ulteriori Fregate italiane, che diventerebbero le più sofisticate (e l’orgoglio) della sua flotta.
L’affare, allora, verrebbe finanziato dalla Cassa Depositi e Prestiti (previa un’assicurazione della SACE), per 500 ml. di euro.
Inoltre, Fincantieri e Leonardo entrerebbero in un mercato che la concorrenza franco-tedesca stava bloccando, con uno spostamento netto degli equilibri commerciali anche perché, assieme alla nave in senso stretto, verrebbero venduti anche i sistemi d’arme, i radar etc. …..
In aggiunta, l’eventuale firma del Contratto e le condizioni di favore, concesse attraverso la SACE, sbloccherebbero altre trattative — ad esempio la fornitura di Elicotteri (AW 149), di aerei d’addestramento, di Corvette molto simili a quelle già vendute al Qatar, per un totale di svariati miliardi.
Il Contratto con l’Egitto, inoltre, potrebbe portarne altri con i paesi della regione.
Ma la Marina Militare Italiana accetterebbe la decurtazione di queste due unità, in un momento di così forte agitazione nel Mediterraneo? Non sarebbe per qualche verso autolesionistico?
No. Vediamo perché:
1) Le FREMM, innanzitutto, furono programmate e progettate da Francia e Italia più di una quindicina di anni fa, con scenari decisamente più tranquilli di quelli attuali, soprattutto con minacce sottomarine quasi trascurabili.
2) Francia ed Italia avevano esigenze diverse, ma prevalsero quelle francesi — e così la Marina Italiana, nonostante siano delle ottime unità, non è mai stata completamente soddisfatta di queste navi, soprattutto per la velocità, non eccezionale.
3) L’Italia voleva navi adatte a scortare le Portaerei e che fossero molto rapide nell’intervenire nei punti di crisi. Quindi, con una velocità maggiore.
4) Le minacce sottomarine, rispetto a 15 anni fa, sono tutt’altro che trascurabili e infatti il CSM della Marina, in una recente audizione, ha chiesto altre due unità ASW (antisommergibile) — anche perché si trova a non avere più in servizio gli aerei antisommergibile.
5) Nel frattempo, la Marina ha progettato delle navi denominate PPA (Pattugliatori Polivalenti d’Altura, adattabili a diversi ruoli e tipologie di missione per la loro modularità), ordinandone 7 più 3 opzioni. Nella versione più sofisticata e potente sono delle vere e proprie Fregate che si avvicinano per capacità ai Cacciatorpediniere Leggeri, adatti a missioni d’interdizione e “picchetto radar” (ne dispongono di veramente sofisticati e potenti, in grado di sviluppare capacità ATBM — anti missili balistici tattici).
Ciò premesso, la MM accetterebbe — magari a denti stretti, ma non troppo — due ulteriori navi PPA (in versione Full, ovvero con capacità ASW) in sostituzione delle due Fregate eventualmente vendute all’Egitto oppure, in subordine, altre due Fregate FREMM (ma i tempi di consegna sarebbero lunghi).
A Fincantieri, tutto sommato, andrebbero bene entrambe le opzioni (anche se preferirebbe costruire due nuove Fregate, perché ci guadagna di più). Quindi neanch’essa si fascerebbe la testa.
LA POLITICA
Qui si fermano le ragioni tecniche e commerciali.
Ma, a giocare un ruolo ben più determinante (sulla scelta se vendere o meno le due Fregate FREMM all’Egitto), sarà il fattore geopolitico e strategico — e quindi entrano in gioco i problemi legati alle fonti energetiche, alla Turchia, alla Libia ….. e a Regeni.
L’Egitto ha bisogno dell’Italia sia come partner di riferimento in ambito energetico, sia come elemento di equilibrio in un Mediterraneo sempre più instabile.
Funzione che l’Italia — con questi ultimi Governi e malgrado un’America restia ad impegnarsi in quest’aerea — non sta affatto assumendo. Quanto meno, o non lo capisce o proprio non sa cosa fare.
In questo momento l’Egitto — assieme a Grecia, Israele e Cipro — sta contrastando l’aggressiva politica della Turchia sul gasdotto Eastmed [https://www.mittdolcino.com/2019/03/06/lintrigo-del-gasdotto-east-med/] e, contemporaneamente, compete con la stessa Turchia e con il Qatar in Libia.
Questi ultimi due Paesi sostengono il Governo di Serraj con sede a Tripoli, mentre Egitto, Arabia Saudita ed Emirati sostengono quello di Haftar.
La politica dell’Egitto favorevole all’Italia potrebbe essere un tentativo di riavvicinamento al nostro Paese.
È noto, infatti, che l’Italia sostiene (assai debolmente, per la verità) il Governo Serraj, anche se il suo appiattimento sulle politiche turche, in cambio di aiuti militari, l’ha spiazzata.
L’Italia, quindi, si trova dalla stessa parte della Turchia, in Libia, e sul versante opposto riguardo l’Eastmed.
L’insediamento dei turchi proprio davanti alle coste italiane (visto l’implicito pericolo per le nostre concessioni energetiche) dovrebbe esser visto, di conseguenza, come fumo negli occhi dal nostro Governo.
L’acquisto delle Fregate italiane (e dei 20 elicotteri AW 149 della Leonardo, assieme ad altri sistemi d’arma) potrebbe essere una mossa per indurre l’Italia ad un posizione più equilibrata fra le due fazioni (senza dimenticare, però, che l’Italia ha contratti militari per svariati miliardi con il Qatar, sia in ambito navale che aeronautico), ma anche viceversa.
Segnali dell’avvicinamento fra i due Paesi sono le ultime dichiarazioni del nostro Ministero degli Esteri, ma anche alcune affermazioni della stampa egiziana (mai davvero “libera”), relative ad una certa stanchezza nei confronti di Haftar — che non solo non ha saputo prendere Tripoli, ma non è neanche arrivato ad una qualche minima soluzione favorevole in Libia.
L’Egitto, più che avversario di Sarraj, lo è dei “Fratelli Musulmani” che lo appoggiano, non fosse altro perché sostenitori degli oppositori al regime egiziano.
Sfumata la conquista di Tripoli, grazie agli armamenti turchi e ai tagliagole siriani, si deve per forza arrivare ad un compromesso — e con Haftar raggiungerne uno stabile e duraturo è impossibile. Nessuno più si fida di lui. Amico o nemico che sia.
Ma non sono solo queste le motivazioni che stanno portando alla possibile vendita delle Fregate Italiane.
Da una parte, secondo la stampa francese, il possibile accordo potrebbe essere una ripicca di Al Sisi contro la “lezione dall’alto” tenuta da Macron agli egiziani sui “diritti umani” e sulla democrazia, palesemente malaccolta sul Nilo.
Non che Macron, spinto dal calo dei consensi e da alcune ONG francesi, abbia torto in assoluto. Ma c’è modo e modo di parlare e, usando certi toni, si ottiene l’effetto contrario (e poi, a casa sua, la Polizia …..).
Ma al di là di queste vicende (per così dire di “costume politico”) Al Sisi, alleato di Macron in Libia, sembrerebbe voglia smarcarsi da un alleato pasticcione e ingombrante come Haftar, assumendo una posizione più sfumata visto che, ormai, il Generale libico ha fallito e, anzi, l’unica cosa che ha ottenuto è di spalancare le porte a due protagonisti assolutamente sgraditi, Turchia e Russia, che mirano a spartirsi la Libia.
Sullo sfondo, ci sono le relazioni fra Egitto, Emirati ed Arabia Saudita, con la cessione a quest’ultima delle isole Tiran e Sanafir nel Mar Rosso, in cambio di miliardi e di alleanze, malvista dal popolo Egiziano.
In più, l’alleanza fra Emirati e Arabia (alleati dell’Egitto in Libia) è sempre più apparente e sempre meno sostanziale, per la divergenza degli interessi.
Gli EAU, infatti, stanno proponendosi come elemento fondamentale della Via della Seta cinese, anche attraverso il controllo dei porti della Cirenaica.
Potrebbe essere l’inizio dell’affrancamento dell’Egitto da una triangolazione (con EAU e Arabia) diventata scomoda.
Da ultimo, ma non meno importante, l’affare Regeni. L’Egitto sa benissimo che si tratta di un vulnus che l’Italia difficilmente può superare e che compromette il ristabilirsi di rapporti veramente stretti fra i due Paesi.
Con queste aperture commerciali sta cercando, palesemente, di edulcorare il risentimento italiano.
E NOI?
L’Egitto, nonostante tutto, è l’unico successo diplomatico dell’Italia (diciamo pure dell’ENI) nel Mediterraneo, negli ultimi dieci anni. Mantenere buoni rapporti con questo Paese dovrebbe essere una priorità.
Sicuramente, l’Italia deve approfittare delle occasioni che le vengono offerte, sia per tentare di indebolire il fronte pro Haftar (ma distinguendo la sua figura dallo LNA), sia per smarcarsi dalla scomoda ed isolata difesa di Serraj, che rischia di essere fagocitato dalla Turchia, con la perdita di quel po’ di residua influenza che le rimane.
Il nervo scoperto resta, naturalmente, l’affare Regeni.
L’Egitto e alcuni media propongono interpretazioni che coinvolgono i Fratelli Musulmani o i Servizi Deviati — fronde interne in combutta con i Servizi stranieri (convitato di pietra, l’MI5 britannico), per minare i rapporti fra i due Paesi, a favore di altri tipi di alleanze.
Potrebbe darsi, forse è addirittura probabile, ma il muro di gomma che l’Egitto frappone alle indagini italiane non depone a suo favore (ma non è l’unico paese, su questa vicenda, ad erigere muri di gomma, si veda il Regno Unito).
Lo stravolgimento della Procura egiziana che ha avuto luogo lo scorso Novembre potrebbe dare nuova linfa al proseguimento delle indagini.
Nessuno potrà restituire Regeni a suoi cari, però è necessario si capisca che ogni azione condotta contro un cittadino italiano ha il suo inevitabile “costo”.
Questo non perché si possa giungere ad una verità inoppugnabile (purtroppo, non ci arriveremo mai), ma per prevenire altri episodi analoghi.
Se Regeni fosse stato un cittadino americano o francese, il delitto non sarebbe mai avvenuto (se veramente fosse stato commesso da apparati egiziani fedeli al regime, e non perpetrato per minare i rapporti fra i due Paesi, come molti sospettano), perché sarebbe stato chiaro fin dall’inizio che ci sarebbe stato un prezzo da pagare.
In più, un paese democratico come l’Italia dovrebbe mettere sul piatto della bilancia anche un miglioramento dei diritti umani. Ma senza i modi boriosi e arroganti di Macron, che hanno ottenuto l’effetto contrario.
Nessuno può pretendere che l’Egitto diventi come un Paese Scandinavo, ma anche un piccolo freno potrebbe essere un buon inizio per rinsaldare rapporti che sono utili ad entrambi i Paesi.
I regimi troppo duri, in effetti, prima o poi fanno tutti una brutta fine.
Quante cose, davvero, dietro la possibile vendita di due Fregate alla Marina Egiziana!
ULTIM’ORA
Nel momento della stesura di quest’articolo, è arrivata la notizia dell’alleanza fra francesi ed italiani, volta teoricamente alla creazione dell’”Airbus dei Mari” guidata, ça va sans dire, dai francesi, che potranno così appropriarsi della ben migliore tecnologia Finmeccanica, “lasciando a piedi”, al contempo, la nostra Leonardo, a favore del suo competitore francese.
Complimenti!
Tutto questo contrasta con la posizione italiana sull’aviazione, favorevole ad un’alleanza Atlantica (per noi positiva ma comunque obbligata, perché esclusi dal programma per il nuovo “caccia europeo”, che comunque sta vivendo una stagione poco felice, conseguenza dello strappo fra tedeschi e francesi e delle rivendicazioni spagnole).
Insomma, per le navi siamo alleati ai franco-tedeschi, per gli aerei agli anglo-statunitensi.
Foglie al vento, purtroppo. E’ questo che siamo diventati. Torneremo su quest’ultimo argomento.
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Franco
Nota dell’autore: tutti i dati (e le considerazioni di tipo tecnico) sono stati recepiti dalla blogosfera, cui rimandiamo chi intendesse approfondire l’argomento.
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