Redazione:
Per la mia generazione, l’assssinio di Kennedy fu uno shock. Nessuno, neppure nell’Italia dell’epoca, mai accettò la versione ufficiale.
Bob Dylan dice cose che tutti già sanno, ma il fatto che lo dica in modo così mediaticamente prorompente fa tornare in mente vicende mai sopite.
Kennedy fu ucciso per un insieme di ragioni. Le più importanti, forse, il voler fermare la “Guerra del Vietnam” e lo strapotere della Fed.
Ebbe contro il Deep State e la sua “longa manus”, la Cia, che lo fecero fuori.
Anche oggi il Presidente Donald Trump deve combattere lo stesso Deep State, che sta perdendo speranza nel suo (forse) ultimo tranello, il Coronavirus.
Trump sta gestendo bene la situazione (dopo qualche errore iniziale): https://www.mittdolcino.com/2020/04/03/trump-for-president/
Dobbiamo quindi avere lo stesso timore? Un’altra Dallas da qualche parte d’America? Un brutto pensiero, inutile negarlo, ci assale.
Due righe su Bob Dylan. Alla fine del discorso, si sia o meno d’accordo, ha influenzato la vita di tutti, almeno quelli di una certa età.
A volte viene criticato ma, citando Guccini, “non è con le canzoni che si fan rivoluzioni”. E lui un “Che Guevara” non lo è mai stato.
Come tanti personaggi — mi capitò di dirlo di una famosa leader sudamericana — “è un po’ una santa e un po’ una puttana”.
Se ha scritto di Kennedy — e proprio in questo momento (è qui il punto, cari lettori!) — è perché un messaggio vuol darlo e perché qualcuno alle spalle ce l’ha.
Gioele Magaldi (molto ciarliero, ultimamente!), il leader massonico progressista che ha svelato al grande pubblico l’esistenza delle Ur-Lodges, sostiene che anche Dylan faccia parte della Loggia fondatrice del “progressismo” mondiale, la Thomas Paine, che ha allevato ed aiutato leader come Lincoln, Roosvelt, Beveridge, Ghandi, Mandela, Palme (ma non i due Kennedy assassinati che, a suo parere, non facevano parte di alcuna Loggia) …..
Ne prendo atto senza commentare (un solo pensiero, commosso, a chi fra suoi membri è finito con un proiettile in corpo).
La politica non la fanno, perdonate il cinismo, i “poveri & deboli” ma, piaccia o meno, i “ricchi & forti”.
Bene, vediamo allora quali carte hanno in mano, Dylan & C, per combattere il Deep State ed il suo globalismo.
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Edward Curtin per Off-Guardian
Il 1° maggio 1962 il Presidente John Kennedy incontrò nello Studio Ovale un gruppo di Quaccheri che lo esortava a fare di più per la pace e per il disarmo.
Spiegò loro che era la grande opposizione politica che stava affrontando all’interno del suo stesso Governo a dargli la spinta per fare di più.
Ascoltò con molta attenzione le loro parole e alla fine disse: “Voi credete nella redenzione, vero?
Nella primavera successiva si voltò con decisione verso quella pacificazione che i Quaccheri gli avevano sollecitato, con il risultato che in autunno fu ucciso dalle infide forze governative, guidate dalla CIA, che gli si erano opposte per tutto il tempo della sua presidenza.
Dopo l’irruzione di Dylan da dietro una delle sue tante maschere — ha regalato al mondo una nuova, incandescente canzone sul suo assassinio, con un titolo preso da Amleto, direttamente dal fantasma del Re di Danimarca, “Murder Most Foul” — siamo entrati in questo nuovo giorno in modo un po’ strano.
Per chi si è chiesto, nel corso degli anni, se Dylan si fosse “venduto”, ecco la sua risposta.
Per chi si è chiesto se sarebbe andato nella tomba recitando le parole di J. A. Prufrock (T.S. Eliot), “Non sono il principe Amleto e non era previsto che lo fossi”, ecco la sua risposta.
Questa canzone non solo mette a nudo la verità su un evento fondamentale della storia moderna americana, ma lo fa in modo così fortemente poetico — e in un momento così opportuno — da riscattare Dylan agli occhi di coloro che avevano dubitato di lui.
Ma, se è pur vero che il lancio della canzone ha ottenuto una massiccia pubblicità da parte dei media mainstream, non ci è voluto molto perché quegli stessi media seppellissero la verità delle sue parole sotto una montagna di fievoli elogi.
Si sono focalizzati sui riferimenti “pop” della canzone e su una serie di banalità su quell’assassinio e sulle “teorie della cospirazione”, con vergognose e gratuite “frecciate” rivolte all’autore — definito come un vecchio strano e ossessionato.
Analogamente a quanto detto nella canzone, se “lo hanno ucciso una volta e lo hanno ucciso una seconda volta”, possono ora ucciderlo una terza, e poi una quarta e così via ad infinitum — e questi brutti pensieri devono ora essere veicolati assieme alla figura del Presidente morto.
Ma i media sono come i loro Amleti, impotenti ed esaltati.
Dylan ha invece il tocco del poeta, un iperbolico senso del fantastico che ci attira nella sua magica ragnatela, alla ricerca di una verità più profonda.
Per molti versi egli è come uno di quei magici scrittori latinoamericani, in grado di passare dal fatto al sogno ed infine al fantastico in un soffio di vento.
Dylan è il nostro Emerson [Ralph Waldo Emerson]. La sua filosofia artistica è sempre stata quella del movimento nello spazio e nel tempo attraverso il canto.
Sempre in movimento, sempre inquieto, sempre alla ricerca di una via per il ritorno a casa anche quando (o forse perché) non ci sono altre direzioni.
“Un artista deve stare attento a non arrivare mai in un luogo dove pensa di essere in un qualche luogo” — egli ha detto — “Deve rendersi conto di essere in una situazione in continuo ‘divenire’ e, finché potrà restare in quella dimensione, starà bene”.
Sembra proprio uno stile di vita come quello di Emerson. “Murder Most Foul” è l’anima di Dylan che si trasforma.
“Una canzone è come un sogno che tu cerchi di far diventare realtà. Ci sono strani paesi in cui devi entrare. Puoi scrivere una canzone ovunque ….. ma aiuta essere in movimento. A volte persone che hanno un grande talento non scrivono canzoni perché non si muovono”, ha sostenuto su “Chronicles”.
“Murder Most Foul” è una canzone commovente in tutti i sensi — un viaggio verso la verità.
Dylan è stato a lungo accusato di aver abbandonato il suo idealismo giovanile e la musica di protesta.
Credo che queste siano storie da quattro soldi. Non è mai stato un contestatore, anche se le sue canzoni sono diventate “inni” dei diritti civili e dei movimenti contro la guerra.
Non c’è dubbio che quelle canzoni diedero alla gente la speranza di poter continuare a lottare per un fine giusto.
Seguendo il suo bisogno di cambiare Dylan ispirò, con le sue canzoni, un modo nuovo [di concepire le cose].
Si potrebbe dire che le sue simpatie fossero per gli oppressi, ma per decenni non l’ha mai detto, con l’unica eccezione del potente, duro e mesmerico [https://it.wikipedia.org/wiki/Mesmerismo] “Hurricane” del 1975. Con quel brano salì sul ring per fare a pugni.
Ma, per la maggior parte degli anni, un ascoltatore ha dovuto sforzarsi per cercare di capire cosa intendesse dire.
Tuttavia, se parliamo della sua musica — e c’immergiamo nei cambiamenti stilistici che ha avuto nel corso degli anni — possiamo trovare una coerenza di temi.
Si occupa dell’essenziale, come tutti i grandi poeti. Nulla è escluso.
Il suo lavoro è paradossale. Canta della morte fin da quando aveva dodici anni, ma questa è sempre stata contrastata dalla vita e dalla rinascita.
Nelle sue canzoni ci sono gioia e tristezza, fede e dubbio, felicità e sofferenza, giustizia e ingiustizia, romanticismo e razionalità, disperazione e speranza.
Americano irrimediabilmente romantico, la sua musica possiede un po’ di Taoismo mescolato ad una qualche sensibilità Biblica.
Le sue parole piombano l’ascoltatore in un commovente incantesimo di speranza. Egli non è altro che un incantatore spirituale simile, per molti versi, all’altra quintessenza americana — il poeta beat Allen Ginsberg, il cui lascito è la ricerca di un’ispirata poesia salvifica.
Gridare l’indicibile verità sull’assassinio del Presidente John Kennedy potrebbe sembrare un atto disperato ma, in realtà è il segno di una grande speranza.
La nostra unica speranza, infatti, è quella di dire la verità, come ha fatto Bob.
Questa è arte, non teoria. Un’arte di tipo speciale, visto che Dylan è un artista in guerra con la sua stessa arte.
Le sue canzoni esigono che la mente e lo spirito dell’ascoltatore si muovano assieme all’ispirazione creativa che muove egli stesso.
Un ascolto attento vi costringerà a saltare da una linea all’altra, da una strofa all’altra, perché non ci sono ponti da attraversare, non ci sono collegamenti.
Il suono ti trasporta e ti fa andare avanti. Se non ci si muove, si perde il significato.
Ma il mio fine non è spiegare quest’opera, perché parla da sé. Dice molto più di quanto sembri su un sistema marcio fino al midollo.
Un paese dove tutto è andato storto …..
“dal giorno in cui gli assassini hanno fatto saltare il cervello del re.
Migliaia di persone stavano guardando, nessuno ha visto niente”.
Se ascoltate la voce penetrante di Dylan e seguite attentamente il testo, potreste essere sorpresi dal sentirvi dire — non da una sorta di scontento “fanatico della cospirazione”, ma dal musicista più famoso al mondo — che c’è stata una cospirazione del Governo per uccidere JFK, che non è stato Oswald e che gli assassini hanno poi cercato di “prendere” anche i fratelli del Presidente:
I tuoi fratelli stanno arrivando, ci sarà un inferno da pagare.
Fratelli? Quali fratelli? Cos’è questa storia dell’inferno?
Dite loro, “Stiamo aspettando, venite”. Prenderemo anche loro
È una storia sbattuta in faccia, messa in musica con un pianoforte, un violino e un po’ di percussioni, in cui le cui parole più leggere sono quelle del fantasma del padre di Amleto:
“Ti farebbe raccapricciare l’anima, gelare il tuo giovane sangue,
I tuoi occhi, come due stelle, schizzerebbero fuori dalle orbite,
Le tue chiome annodate si scioglierebbero,
E ogni tuo capello si rizzerebbe sulla tua fronte
Come gli spini di un’istrice infuriata”.
“Murder Most Foul” colpisce davvero. È una canzone redentrice e Dylan ci regge lo specchio.
Sblocca la porta alla dolorosa e nauseante verità.
Coinvolge l’ascoltatore e, come scrive nel Chronicles, “la vostra testa deve andare in un luogo diverso. A volte ci vuole qualcuno che ve lo faccia capire”.
Bob, di sicuro, è quel “qualcuno”. In questi tempi bui ci ha offerto la sua voce.
Voi credete nella redenzione, vero?
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Link Originale: https://off-guardian.org/2020/04/05/bob-dylans-midnight-message-to-jfks-ghost/
Scelto e tradotto da Franco
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