Ambrose Evans-Pritchard per The Telegraph
Nulla è come sembra nell’arte statutaria dell’UE. Il “Momento Hamilton” proclamato dagli appassionati la scorsa settimana è stato solo un teatrale “gioco di prestigio”.
Il Rubicone non è stato attraversato. Il piano Merkel-Macron da 500 miliardi di euro non è un’Unione Fiscale.
Non è l’inizio delle eurobbligazioni o dell’emissione congiunta di debito — e nemmeno un grande balzo in avanti nella struttura costituzionale dell’UE, come molti vorrebbero far credere.
Non corregge le carenze strutturali dell’Unione Monetaria né ripristina la solvibilità post-Covid dell’Italia e degli Stati del Club Med, che si trovano ad affrontare la trappola della deflazione.
Il piano franco-tedesco è un “sforzo eccezionale una tantum” concepito per riparare i danni del Covid-19.
Una volta terminato, l’Europa tornerà allo status quo ante. Non c’è nessuna rivoluzione federale.
Il “First Report on the Public Credit” di Alexander Hamilton del 1790 portò all’assorbimento di tutti i debiti ereditati dal passato, per come si erano accumulati nelle tredici colonie durante la Guerra d’Indipendenza Americana, giustificato dal fatto che era stata un’impresa condivisa.
La Virginia e i ricchi “Stati del Tabacco” salvarono il New England. Il Tesoro degli Stati Uniti diventò il padrone indiscusso dell’emissione di debito.
L’Europa non farà niente del genere. Non metterà in comune i debiti accumulati in vent’anni di esperimenti sull’euro.
Non c’è nessun piano per “pulire la lavagna” e garantire pari opportunità al Club Med, che si trova in difficoltà per gli errori della politica tedesca — mercantilista e in stile “affama il vicino” (soppressione salariale Hartz IV).
L’Europa non sta nemmeno creando una Tesoreria Europea.
Il piano Merkel-Macron, comunque, è fatto di denaro vero. Non è una”magia finanziaria”. Sarà possibile prenderlo in prestito dopo il voto del Parlamento Europeo.
Propone sovvenzioni più che prestiti ai paesi-membri (e a determinati settori, notate bene) più duramente colpiti dalla pandemia.
Il Presidente francese Emmanuel Macron ha illustrato questo “piano di ripresa” europeo in una video conferenza assieme alla Cancelliera tedesca Angela Merkel.
Si tratta di una palese concessione di Berlino ma, attenzione! Il piano è stato rapidamente approvato dai severi ordoliberisti e dall’ala euroscettica della Coalizione CDU-CSU di Angela Merkel.
Va considerato come un forte segnale. Anche l’IFO, in effetti, lo ha elogiato (perché è temporaneo).
Sarà forse ulteriormente annacquato una volta che i “quattro frugali” (Austria, Svezia, Danimarca e Paesi Bassi) l’avranno visionato.
“Ci rifiutiamo di finanziare sovvenzioni dirette”, ha detto il Ministro delle Finanze austriaco Gernot Blumel, suscitando sorrisi ironici dalle parti di Berlino.
I soldi non cominceranno a fluire prima del prossimo marzo. È troppo tardi per evitare il primo stadio dell’isteresi nell’Europa meridionale.
Il Piano redatto dalla Commissione sarà introdotto la prossima settimana e si estenderà fino a ca. 150 miliardi di euro l’anno per tre anni.
Si tratta dell’1pc del Pil dell’Unione. Nonostante le circostanze siano estreme, l’ago della bilancia macroeconomica si muove a malapena.
Andando avanti, il piano Merkel-Macron consiste in un esborso di natura speciale.
Il denaro verrà raccolto attraverso un’emissione di debito sotto l’ampia autorità dell’art. 122 del Trattato, che consente sostegni d’emergenza ad uno Stato membro “minacciato da gravi difficoltà causate da disastri naturali o da eventi eccezionali che sfuggono al suo controllo”.
Il Recovery Fund è sotto il controllo della Commissione ed è collegato al prossimo bilancio settennale.
Dopo qualche anno il Recovery Fund terminerà. In effetti, non c’è alcun cambiamento fondamentale.
I francesi sperano d’introdurre qualcosa che possa renderlo permanente, come ad esempio un flusso di entrate UE. Ovvero, una “tassa sul carbonio” oppure una Tobin Tax sul trading finanziario — copiando in qualche modo le accise federali di Hamilton.
Buona fortuna, Emmanuel! I falchi della CDU-CSU lo stroncheranno sul nascere.
I “Recovery bond” scadranno e dovranno essere rimborsati attraverso i futuri bilanci dell’UE, con grande orrore dei beneficiari-netti: la Polonia, l’Ungheria e i Balcani.
L’intera iniziativa dovrà rispettare le Leggi del Trattato UE e la Legge Fondamentale tedesca. Altrimenti, i “giudici cremisi” del Verfassungsgericht emetteranno un’altra sentenza-bomba.
Per un verso o l’altro, si torna sempre alla Corte di Karlsruhe.
Nella dichiarazione congiunta franco-tedesca si afferma che le sovvenzioni saranno soggette a condizioni severe.
I destinatari saranno costretti a fare i “salti mortali” e ad ingoiare le riforme dettate dai funzionari di Bruxelles.
Non è il trattamento-Troika del 2010-2015, ma non è nemmeno una “manna dal cielo”.
Claudio Borghi, Presidente del “Comitato di Bilancio” della Lega nella Camera Bassa italiana, ha detto che l’Italia è un contribuente netto al bilancio dell’Unione Europea e che quindi non ci guadagnerà quasi niente:
“Lo presentano come se fosse una sovvenzione, ma in realtà è solo un espediente. Noi paghiamo, ma sono loro a decidere come spendere i nostri soldi. La storia è sempre quella quando si tratta di UE”.
Quando i fondi per gli aiuti saranno selezionati e le decisioni saranno prese (dopo il solito “mercato delle vacche” di Bruxelles), ogni Paese potrà leccarsi le ferite del Covid-19.
Tutti i Paesi hanno settori bisognosi d’aiuto. L’1pc di Pil l’anno sarà distribuito in modo così ampio e sottile che ogni trasferimento netto sarà a malapena rilevabile.
Lo shock economico del Covid-19 è stato crudelmente asimmetrico.
Gli Stati più indebitati sono quelli che hanno subito i maggiori colpi. Di conseguenza, hanno potuto spendere meno degli altri per aiutare i loro sistemi produttivi.
Anche nello scenario di base, la Morgan Stanley stima che il Pil si contrarrà, quest’anno, dell’8,4pc in Germania, del 10,7pc in Francia, del 12-13pc in Spagna e Portogallo, del 15pc in Italia.
In caso di ulteriori difficoltà o di una “seconda ondata” — abbastanza probabile visto che i regimi di test/tracking non sono ancora pronti — il calo salirebbe al 22,7pc in Italia e al 22,6 pc in Spagna.
L’effetto sulla dinamica del debito è evidente. La Jefferies pensa che uno scenario a forma di “W” spingerebbe il rapporto debito/Pil italiano al 183pc.
Il Recovery Fund non avrà alcun effetto quest’anno. Potrebbe aiutare a prevenire le metastasi recessive e a ridurre il rapporto debito/Pil di lungo termine solo in modo leggero.
Tutto sommato, farà poca differenza nello schema generale.
Alla fine di questa crisi, il debito dell’Italia sarà comunque insostenibile se la BCE non continuasse per sempre a “togliere le castagne dal fuoco”.
Ma la BCE non potrebbe farlo dopo essere stata dichiarata “ultra vires e usurpatrice fiscale” dalla Corte di Karlsruhe due settimane fa.
La Corte Costituzionale ha costretto Angela Merkel ad un gesto meramente simbolico.
Il “piano comune” vorrebbe dimostrare la buona volontà fiscale (seppur nel rispetto del Trattato) e il sostegno all’ormai zoppicante BCE.
Ma l’iniziativa è più simile alla filosofia dei “Diritti degli Stati” di Thomas Jefferson che al federalismo di Alexander Hamilton.
Se lo shock economico più violento degli ultimi trecento anni non è servito a creare un’Unione Fiscale, niente più potrà riuscirci.
Gli storici potranno considerare questa pandemia come il “Momento Jefferson” dell’Europa: il trionfo dell’UE Confederale e la fine del sogno integrazionista.
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Link Originale: https://www.telegraph.co.uk/business/2020/05/20/europes-jefferson-moment-defeat-federalist-dream/
Scelto e tradotto da Franco
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