Patrick Buchanan per The American Conservative
In una dichiarazione alla rivista The Atlantic, l’ex Segretario Generale della Difesa, James Mattis, ha espresso la sua opinione sugli eventi che stanno scuotendo la nazione come non succedeva dal 1968: “Non dobbiamo farci distrarre da un piccolo numero di trasgressori”.
Un “piccolo numero di trasgressori”? Perbacco.
E’ una definizione appropriata della folla inferocita che ha lanciato sui Poliziotti bottiglie e mattoni, che ha devastato 40 città, che ha saccheggiato centinaia di negozi, che ha dato fuoco alle auto della polizia, che ha ferito decine di militari dei Servizi Segreti posti a difesa della Casa Bianca?
Un patriota descriverebbe le bande che hanno profanato il “Lincoln Memorial”, il “World War II Memorial” e anche il” Korean War Memorial”, cercando di dar fuoco alla “Chiesa dei Presidenti” a Lafayette Square, “un piccolo numero di trasgressori”?
Il saccheggio di Georgetown, di Rodeo Drive a Los Angeles, della 5th Avenue a New York e di 40 centri urbani è stato opera di “alcuni trasgressori”?
È la giusta definizione per quelle persone che hanno ferito gravemente un Poliziotto a Las Vegas, che hanno sparato ad altri quattro e ucciso il Capo della Polizia in pensione di St. Louis (un afroamericano)?
I manifestanti, ha detto Mattis, stanno “giustamente chiedendo parità di giudizio, secondo le Leggi vigenti”.
Questa è davvero “una “richiesta sana e unificante che tutti noi dovremmo soddisfare”.
Ma cosa pensa il Generale dei metodi e dei mezzi che i “manifestanti” hanno usato?
Cosa pensa della massiccia disobbedienza civile, dei blocchi stradali, del vilipendio della Polizia e del disprezzo del coprifuoco?
Cosa pensa il Generale di coloro che forniscono copertura morale all’insurrezione?
“Donald Trump è il primo Presidente, nella mia vita, che non stia cercando di unire il popolo americano” — ha detto Mattis – “Non fa nemmeno finta di provarci. Cerca solo di dividerci”.
Ma non è stato Donald Trump a dividere l’America nel corso di questa crisi razziale.
Il Paese era unito nel condannare la crudeltà criminale che ha portato alla morte di George Floyd.
Il Paese era unito nel sostenere il diritto di un popolo infuriato a protestare contro quest’atrocità.
Ciò che ha diviso l’America sono i metodi e i mezzi che i manifestanti hanno cominciato ad usare fin dalle prime ore della rivolta di Minneapolis — gli attacchi ai poliziotti con bottiglie, mattoni e “cocktail Molotov”.
Nella dichiarazione di Mattis non c’è una sola parola di simpatia o di sostegno per i Poliziotti che sopportano il peso della violenza per difendere le comunità — ma anche per difendere il “diritto costituzionale” dei manifestanti ad insultarli e a maledirli, definendoli “feccia razzista”.
“Il mantenimento dell’ordine pubblico deve poggiare sui leader civili, che comprendono meglio le loro comunità”, ha detto il Generale.
Non spetta ai militari, quindi, difendere l’ordine pubblico.
Bene, ma cosa succede quando la folla si scatena fino al punto di spingere il Governatore di New York a denunciare la Polizia per non aver protetto la città dall’anarchia, minacciando di sostituire il Sindaco per non aver fermato l’insurrezione?
Nel luglio del 1967, per sedare una rivolta a Detroit fu inviato l’”82° Airborne”. Anche a Washington, nel 1968, furono le “truppe federali” a fermare la rivolta sulla scia dell’assassinio di Martin Luter King.
Nelle violente proteste dell’era Nixon furono le stesse “truppe aviotrasportate” ad essere schierate nei sotterranei dell’Executive Office Building.
Il Generale Mattis ha citato James Madison: “Anche con un solo pugno di soldati, un’America unita ha una postura più forte, rispetto agli invasori stranieri, di quanto possa averla un’America disunita”.
Ma poi il “piccolo Jimmy” [Madison] fuggì da Brookville Road, Generale Mattis, quando gli “invasori stranieri” arrivarono nel Maryland nell’agosto del 1814, marciando su Bladensburg Road e bruciando il Campidoglio, la Casa Bianca e Alexandria.
Se la memoria non m’inganna, furono il Gen. Andrew Jackson e le sue truppe a sconfiggere gli inglesi nella battaglia di New Orleans e a salvare l’Unione.
“Una società non può esistere” — scriveva Edmund Burke — “senza un potere di controllo che freni la volontà [prevaricatrice] e la bramosia; e meno ce n’è all’interno dell’uomo, più deve essercene fuori. E’ nella natura stessa delle cose che gli uomini intemperanti non possano essere del tutto liberi. Sono le loro stesse passioni a forgiare le loro catene”.
Bene, è questo il luogo dove ora ci troviamo. E’ in gioco la natura stessa della nostra civiltà.
Dobbiamo davvero cambiare le Leggi e modificare le politiche pubbliche sulla spinta di manifestazioni degne della criminalità organizzata?
Così fosse piomberemmo nel Terzo Mondo e la Repubblica Democratica sarebbe morta.
Molti di noi credono che l’America non sia una società razzista e che la Polizia, che conta un milione di uomini e donne, non sia stata colpita dal razzismo.
Molti di noi credono che la Polizia sia l’ultima “linea di difesa” contro quel “piccolo numero di trasgressori” che Mattis ci dice non sia un grande problema.
E’ incredibile che il Generale abbia prodotto questa poltiglia che sembra uscita da un libro di Ramsey Clark degli anni Sessanta.
La mia ipotesi è questa: Mattis, per due anni fedele servitore del Presidente Trump, è stato convinto da “qualcuno” che il vento stia soffiando dall’altra parte e che, per difendere il suo “posto nella storia”, doveva mettersi dalla “parte giusta”.
E’ la cronaca di un tradimento. Il Generale ha appena abbandonato la Resistenza.
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Link Originale: https://www.theamericanconservative.com/buchanan/liberal-mush-from-mattis/
Scelto e tradotto da Franco
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