Cesare Sacchetti per La Cruna dell’Ago (sintesi)
Non si è ancora spento il fragore dell’enorme crack di Wirecard, il colosso tedesco attivo nel settore dei pagamenti elettronici, che su Berlino piomba un altro siluro.
A lanciarlo è l’Unione Europea per voce di Valdis Dombrovskis, il Vicepresidente della Commissione UE, che ritiene sia necessario investigare più a fondo.
L’accusa chiama direttamente in causa l’”Agenzia di Controllo” tedesca, la Bafin, il cui compito sarebbe stato d’impedire un crack del genere, richiamando la società ad una maggiore trasparenza nelle sue pratiche contabili.
Wirecard, infatti, era già finita al centro di diverse polemiche nel 2019, quando il Financial Times pubblicò un articolo in cui una fonte interna sosteneva che la Compagnia fosse coinvolta in vere e proprie operazioni di frode contabile.
Berlino non la prese bene e la Magistratura tedesca avviò un’inchiesta contro il Financial Times.
Ma poco dopo giunsero conferme da uno “studio legale asiatico”, che condusse un’indagine sulla gestione delle finanze dell’”Azienda di Carte di Credito” e scoprì che le pratiche di “finanza creativa” erano all’ordine del giorno.
Siamo giunti, di conseguenza, alla situazione attuale … Wirecard è saltata proprio per un enorme buco contabile della dimensione di almeno 4 miliardi di euro.
La mossa di Bruxelles di esautorare Berlino dalle indagini equivale ad un’aperta sfiducia e disistima nei confronti del Governo tedesco.
La Bafin è formalmente indipendente dall’Esecutivo ma, allo stesso tempo, è posta sotto la supervisione del Ministero delle Finanze tedesco.
Chiedere l’intervento immediato dell’ESMA (Agenzia Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati) per verificare eventuali irregolarità, assomiglia a un vero e proprio schiaffo nei confronti di Berlino, considerata in qualche modo responsabile del fallimento doloso di Wirecard.
Lo sgarbo istituzionale sembra ancora più forte, se si aggiunge a tutto questo che la mossa dell’Unione Europea è arrivata all’inizio del “semestre di presidenza” del Consiglio Europeo, che è affidato all’Esecutivo tedesco.
La guerra tra Berlino e Bruxelles continua
Tutto questo è un altro capitolo della saga che vede contrapposte Berlino e Bruxelles, che non sono mai state così tanto “ai ferri corti”.
Da quando è stata pubblicata la Sentenza della Corte Costituzionale Tedesca — che ha ribadito il principio secondo cui la Germania ha facoltà di vigilare sulla corretta interpretazione ed applicazione dei Trattati Europei (soprattutto sulla loro compatibilità con l’ordinamento tedesco) — i rapporti sono diventati molto tesi.
La Pronuncia dei Togati di Karlsruhe ha messo in discussione uno dei capisaldi della fragile struttura dell’eurozona — il celebre QE, l’acquisto dei Titoli di Stato sul mercato secondario, varato dalla Bce nel 2014.
I Giudici tedeschi hanno stabilito che siano stati superati i previsti limiti iniziali, tanto da tramutarsi in uno strumento di politica economica e non più monetaria, come avrebbe dovuto essere originariamente.
Se l’Istituto di Francoforte entro tre mesi non dovesse fornire adeguate motivazioni, tali da giustificare la continuazione del QE, la Bundesbank potrebbe abbandonare il programma di acquisto dei Titoli.
Per l’Eurozona le conseguenze di questa Sentenza sarebbero devastanti, perché è ovvio che senza la Banca Centrale Tedesca non potrebbero più esserci né il QE né l’euro.
A Bruxelles sono andati su tutte le furie tanto da ipotizzare, come ha dichiarato la stessa Ursula Von der Leyen, una procedura d’infrazione contro la Germania per violazione dei Trattati Europei.
Le Istituzioni Europee, che una volta rispondevano a Berlino, si stanno rivoltando contro la Germania e sono pronte a perseguirla davanti ai Tribunali Europei.
Il Patto tra le élite europee e quelle tedesche si è infranto
Il conflitto tra Bruxelles e Berlino sta diventando sempre più lacerante.
Le ragioni dei mal di pancia tedeschi sono dovute al fatto che le loro élite mercantiliste non hanno alcuna intenzione di rivedere le regole dell’eurozona, né di re-distribuire l’enorme surplus commerciale accumulato in questi anni, soprattutto nei riguardi dei Paesi del Sud Europa, pesantemente penalizzati da una moneta troppo pesante per le loro economie.
L’euro è una moneta concepita espressamente per gonfiare le esportazioni tedesche, perché assegna alla Germania un cambio artificialmente svalutato.
Se si cambiasse questo assetto, alla grande industria tedesca non converrebbe più continuare. La Germania ha vinto la partita con regole truccate e vuole continuare a giocare con quelle regole.
Dall’altra parte, invece, ci sono le élite europee che, per bocca del loro portavoce Emmanuel Macron, vogliono liquidare l’UE germano-centrica per passare alla fase successiva degli Stati Uniti d’Europa (SUE), che significano debito pubblico comune e trasferimenti fiscali.
Un’eventualità che l’industria pesante della Germania vede come fumo negli occhi.
Si è infranto il patto durato più di 50 anni tra le grandi élite europee — rappresentate dalla nobiltà del vecchio continente e dalle grandi famiglie di banchieri, come quella dei Rothschild — e le élite mercantiliste tedesche.
La Germania ha accettato di essere la leader del progetto europeo assieme alla Francia, ma con un ruolo marginale rispetto alla prima, perché il progetto europeo soddisfaceva i suoi interessi economici.
Se il progetto europeo evolvesse verso la fase successiva e si tramutasse negli Stati Uniti d’Europa, cui aspirava il Conte Kalergi (uno dei padri di quest’idea politica), Berlino avrebbe sempre meno la voglia di continuare.
Il grande capitale tedesco non ricaverebbe nessun particolare beneficio economico dagli SUE e quindi aumenterebbero le pressioni interne per dire addio all’Europa e tornare ad una Germania con il marco pesante, ma con le tasche piene delle centinaia di miliardi di euro ottenuti grazie alle esportazioni di questi anni.
L’euro ha dato alla Germania tutto ciò che poteva dare e se questa moneta non assicurasse più alcun vantaggio competitivo, allora sarebbero proprio i tedeschi a volersene disfare, come ha rivelato l’economista francese Jean-Yves Archer.
E’ un braccio di ferro durissimo e deciderà il destino dell’Europa. Se prevalessero le grandi élite europee si arriverà agli Stati Uniti d’Europa e alla definitiva fine degli Stati Nazionali.
In caso contrario, se le élite mercantiliste tedesche avessero la meglio, l’intera struttura crollerebbe su sé stessa e si tornerebbe con ogni probabilità agli Stati Nazionali.
E’ difficile prevedere come andrà a finire, ma si tenga conto di un elemento importante. Gli Stati Uniti d’Europa, nella mente delle élite europee e mondiali, hanno un’importanza fondamentale.
Sarebbe l’apripista di un Nuovo Ordine Mondiale fondato su Istituzioni Sovranazionali. Gli interessi in gioco sono enormi.
Le famiglie che contano, dai Rockefeller ai Rothschild passando per gli Elkann, faranno di tutto per arrivare a questo traguardo.
Senza Stati Uniti d’Europa non può sorgere il Governo Unico Mondiale cui il globalismo anela da generazioni.
Il paradosso è che la speranza di chi vuole tornare ad essere padrone del proprio destino, attraverso il ritorno degli Stati Nazionali, è nelle mani delle élite tedesche, che più di tutte hanno fatto male al Sud Europa.
Per una volta, quindi, conviene sperare che abbia la meglio la Germania.
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Link Originale: https://lacrunadellago.net/2020/06/28/linchiesta-ue-sulla-tedesca-wirecard-la-guerra-tra-berlino-e-bruxelles-continua/
Scelto e pubblicato da Franco
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