Josie Ensor per The Telegraph
Dopo la guerra civile, era difficile immaginare che in Libano tutto sarebbe andato così storto.
Per il suo fascino, Beirut veniva descritta come la Parigi del Medio Oriente — ma anche come una sorta di Svizzera per il suo esemplare settore bancario.
Negli ultimi anni sembrava stesse prosperando.
Il turismo era in crescita e le spiagge lungo la sua bella costa mediterranea erano affollate.
La classe media sembrava più a suo agio che mai.
Almeno per chi aveva i soldi, il Libano era un luogo abbastanza piacevole in cui vivere.
Ma l’immagine esteriore nascondeva una realtà molto più complessa.
Ne sono stata testimone quale corrispondente a Beirut per The Telegraph.
Il Libano si era indebitato fino agli occhi ed era solo questione di tempo prima che la bolla scoppiasse.
La corruzione e l’avidità della sua classe dirigente — composta dai “signori della guerra” 1975 – 1990 — avevano contribuito a dissanguare il Paese.
I politici non si preoccupavano nemmeno più di nasconderle, incolpandosi reciprocamente per le casse vuote.
Le lotte intestine fra le “confessioni religiose”, in competizione fra loro per aggiudicarsi il bottino, le avevano rese praticamente incapaci di governare.
Il problema del Libano, come ha detto Marwan Muasher, Vicepresidente del “Carnegie Endowment for International Peace”, è che: “… la corruzione è stata democratizzata, non è centrata su un solo uomo. È sparsa dappertutto”.
Molti, in Libano, avevano previsto un’esplosione.
Ma in pochi avrebbero potuto immaginare che sarebbe arrivata sotto forma di un’esplosione di 2.750 tonnellate di “nitrato d’ammonio” che avrebbe devastato mezza città.
Dopo l’esplosione i cittadini hanno cominciato a maledire i politici del Paese, prima ancora che fosse avviata un’indagine ufficiale.
L’esperienza ha insegnato loro che dietro il disastro ci sarebbero state senz’altro incompetenza e negligenza.
I primi rapporti sostenevano che le Autorità, alcuni anni fa, avessero sequestrato diverse migliaia di tonnellate di “nitrato di ammonio” e che lo avessero immagazzinato nel porto.
Si sospettava che l’esplosione potesse essere stata innescata dalla fiamma ossidrica di un saldatore.
Presto ci si chiederà chi ha deciso d’immagazzinare una così grande quantità di sostanza esplosiva in un’area densamente abitata.
“Quello che è esploso a Beirut non è solo il ‘nitrato di ammonio’. Ad esplodere è stata la corruzione, la cattiva gestione, l’incompetenza e il cinico disprezzo per la sicurezza e la vita delle persone”, ha scritto il libanese Dyab Abou Jahjah, esprimendo il pensiero di molti suoi connazionali.
Il Libano andava da mesi verso la rovina.
Quando a febbraio ho lasciato Beirut, dopo un periodo di quattro anni, c’erano proteste di strada quotidiane contro la corruzione del Governo.
Saad Hariri, il Primo Ministro (figlio, naturalmente, di un precedente Premier), si era dimesso solo per essere sostituito da un altro uomo d’affari, altrettanto detestabile.
Poi è stato il coronavirus a colpire.
Il Libano ha chiuso tutto — temendo che i suoi ospedali, già assediati, non potessero far fronte a una grave epidemia.
Ma l’isolamento ha fatto sì che i libanesi più poveri, diventati disoccupati, piombassero in una povertà ancor più profonda.
Allo stesso tempo il Paese cominciava a sentire appieno l’effetto della sua economia in caduta libera.
La sua moneta aveva perso il 60pc in poche settimane.
Il mese scorso il Libano è diventato il primo Paese nella storia del Medio Oriente a soffrire di iperinflazione.
I prezzi dei prodotti alimentari sono saliti del 200pc. Un barattolo di Nescafe costa quanto una settimana di salario di un lavoratore.
La classe media di Beirut, un tempo orgogliosa e fiorente, è stata costretta a vendere i suoi beni online.
Alcuni hanno persino chiesto l’elemosina per comprare i pannolini.
Tutti sapevano che non aveva senso chiedere aiuto al Governo, che non era stato in grado di fornire alcun servizio — comprese l’acqua e l’elettricità — nemmeno durante i “bei tempi”.
Lunedì il Ministro degli Esteri del Paese si è dimesso, avvertendo che la mancanza di una visione generale e della volontà di attuare le necessarie riforme rischiava di trasformare il Libano in uno “Stato fallito”.
Dopo quello che è successo, chi se la sente di dire che il Paese possa fare qualcosa per evitare il suo miserabile destino?
I cittadini di Beirut avranno avuto un sonno inquieto la scorsa notte, nelle loro case buie, calde e senza finestre, contemplando quello che stava accadendo.
Ma, se le finestre erano state abbattute dall’esplosione, l’oscurità era invece opera diretta del Governo del Paese.
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Link Originale: https://www.telegraph.co.uk/news/2020/08/05/beiruts-explosion-years-making/
Scelto e tradotto da Franco
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