Matt Purple per The American Conservative
Pensavo davvero che Karen Bass avesse la possibilità di poter competere.
La Congressista californiana, Kamala Harris, non è poi così conosciuta a livello nazionale.
Ma è stata alla Camera dei Rappresentanti per quattro mandati e sembra che abbia spuntato tutte le caselle della “lista dei desideri” della “campagna di Biden”: è afroamericana, è gradita alla base progressista, ha votato per l’impeachment di Donald Trump.
Qualche perplessità solo per i suoi legami con i gruppi socialisti — i conservatori lo stanno gridando da diversi giorni.
Comunque sia, la scelta è stata fatta. Ed è Kamala. Perché proprio lei?
Non lo chiedo da conservatore. Non lo chiedo nemmeno da spettatore televisivo che trova le sue performance assolutamente inguardabili.
Lo chiedo da uomo della strada, da persona che non riesce a comprendere il fascino di questa candidatura.
Quindici anni fa la Harris sosteneva l’aborto e il Green New Deal.
Allora, sarebbe stata troppo a sinistra per ottenere la nomination alla Vicepresidenza Democratica.
È troppo liberal per i moderati, ma non abbastanza per gli attivisti di sinistra.
Per chi si occupa di “legge & ordine” è troppo debole sull’immigrazione, ma per i sostenitori del “Black Lives Matter” è troppo dura contro il crimine.
Occupa bene la casella dell'”identità politica”. E’ la prima donna afroamericana e asiatica che entra in un ticket per le presidenziali.
Ma è anche nota per aver messo in galera un sacco di afroamericani, quando gli abusi della Polizia sono diventati una piaga nazionale [è stata Procuratrice Distrettuale a San Francisco].
Inoltre, viene dalla California, che non è uno Stato in bilico.
Ha fatto arrabbiare i cattolici — il loro sostegno è indispensabile per Biden — quando, l’anno scorso, ha insinuato che l’appartenenza ai “Cavalieri di Colombo” potrebbe essere un motivo per essere espulsi dalla Magistratura Federale.
Per Biden è imbarazzante anche a livello personale, avendo detto una volta di credere alle donne che lo accusavano di “metterle a disagio” (questo prima che Tara Reade si facesse avanti — qualcuno dovrebbe chiederle conto anche di questo).
Quest’articolo è frutto di una reazione immediata, con tutti i limiti che questo comporta.
Non c’è dubbio che la prossima settimana ci saranno un’infinità di articoli che racconteranno ogni retroscena su ciò che Biden abbia pensato.
Non è, a dire il vero, che la Harris non abbia i suoi punti di forza. A detta di tutti, la sua è una storia di successo.
E’ una dura contro-interrogatrice, il che potrebbe tradursi in un successo nei dibattiti televisivi, se evitasse di comportarsi come se stesse facendo il provino per un GIF.
È supportata dal Lincoln Project, che rappresenta una vasta gamma di americani: dai consulenti politici ai sondaggisti.
Una collega esperta parla di altri due lati positivi: è popolare fra i donatori californiani dalle “tasche profonde” e qualsiasi sporcizia su di lei è già venuta fuori grazie alle sue precedenti campagne.
In altre parole, può darsi che si riveli davvero una “Goldilocks”: invece di respingerla, i liberal e i moderati potrebbero anche sostenerla.
Potrebbe persino conquistare gli indipendenti e gli elettori meno impegnati, se prendesse le distanze dalle posizioni più estreme e se usasse il suo intelletto e il suo carisma per affascinare piuttosto che confondere.
Tuttavia, è difficile considerare questa nomina come una scelta molto ispirata.
In occasione della sua ultima uscita nazionale la Harris non è nemmeno arrivata ai caucus dell’Iowa.
Qualcosa è andato terribilmente storto in quella campagna … qualcosa che Biden dovrà assolutamente correggere.
Perché c’è una lettura poco caritatevole anche su questo aspetto: i Democratici sono così immersi nella “politica dell’identità” da aver semplicemente scelto la “donna nera” più importante che avevano sul ponte.
Pensano che l’implacabile pestaggio di Donald Trump possa essere la chiave per vincere le elezioni nazionali.
Pensano che sarà una passeggiata se useranno lo stile piuttosto che la sostanza.
In ogni caso, questo è un buon momento per rivedere il brillante lavoro di Tulsi Gabbard, che le fece abbassare la cresta, riguardo i suoi precedenti da Procuratore, nel dibattito sulle primarie della CNN.
Osservate quanto sia stata povera, superficiale e compiaciuta la risposta della Harris alla Gabbard.
Ascoltate il suo successivo e patetico rigetto di quello scambio verbale: “Sono ovviamente una candidata di alto livello”.
Il che ci porta a un’ultima ironia: mentre le strade si riempiono di manifestanti e i Dipartimenti di Polizia vengono privati dei fondi necessari, i Democratici hanno offerto il ticket presidenziale più spietato che ho visto nella mia vita, almeno guardando i curricula.
*****
Link Originale: https://www.theamericanconservative.com/articles/why-did-it-have-to-be-kamala/
Scelto e tradotto da Franco
*****
Le immagini, i tweet, e i filmati pubblicati (i contenuti) nel sito sono tratti da Internet per cui riteniamo, in buona fede, che siano di pubblico dominio e quindi immediatamente utilizzabili. In caso contrario, sarà sufficiente contattarci all’indirizzo info@mittdolcino.com perché vengano immediatamente rimossi. Le opinioni espresse negli articoli rappresentano la volontà e il pensiero degli autori, non necessariamente quelle del sito.