Redazione: Il Mediterraneo visto dalla Germania. Lasciamo al lettore mettere in relazione questo racconto promozionale con la realtà ben diversa che conosciamo.
Quella del supporto alle ONG che gestiscono il traffico d’immigrati, o della sostanziale indifferenza verso le problematiche dell’immigrazione che affliggono i paesi del Mediterraneo, destinati a diventare lo hub degli immigrati di tutto il mondo.
Non si risolve il problema con qualche aiuto, diremmo assai modesto, ma cambiando la propria politica mercantilista. Per non parlare del colonialismo francese, vero artefice della povertà del nord-africa.
Le recenti vicende di Nizza e il continuo flusso di migranti a Lampedusa c’inducono a credere che la conferenza del 13 luglio non abbia prodotto un grande risultato.
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Da german-foreign-policy.com
Berlino/Tunisi — La Germania sta usando la Presidenza del Consiglio dell’UE per cercare di bloccare sulle sponde-sud del Mediterraneo i rifugiati provenienti dal Maghreb e in particolare dalla Tunisia.
Come confermato dal Governo Tedesco, il 13 luglio c’è stata una Conferenza dei Ministri dell’Interno di cinque paesi dell’UE e di altrettanti del Nord Africa per avviare una cooperazione “su vasta scala” volta a respingere i rifugiati.
Nello specifico, Berlino ha annunciato una nuova “iniziativa nel Mediterraneo”, nell’ambito della quale verranno avviate nuove “misure in materia di gestione delle frontiere”.
La Tunisia è dotata da anni di apparecchiature per il controllo delle frontiere provenienti dalla Repubblica Federale.
Anche le Guardie di Frontiera tunisine sono state addestrate per anni dalla Polizia Federale.
Tuttavia, non solo i rifugiati provenienti dai paesi a sud del Sahara, ma anche i tunisini, continuano a trasferirsi nell’UE.
Le produzioni a scarso valore aggiunto, per le quali la Tunisia viene utilizzata da sempre dalle aziende europee (inclusa la Germania), non offrono al paese alcuna opportunità di sviluppo.
Ma il FMI ha imposto di peggiorare ulteriormente le condizioni della popolazione e, per i giovani, non resta altra prospettiva che l’emigrazione.
PATTUGLIAMENTI SECONDO GLI STANDARD TEDESCHI
La Repubblica Federale da molti anni fornisce mezzi militari volti al controllo delle frontiere esterne della Tunisia.
Già nel 2005 Berlino consegnò sei motoscafi alla Guardia Costiera per rendere più facile impedire la partenza delle navi dei profughi.
Le misure s’intensificarono in particolare a partire dal 2012, quando la Tunisia ricevette dalla Polizia Federale una serie di cosiddetti “aiuti per la formazione e l’equipaggiamento”, adatti non da ultimo a un eventuale blocco delle frontiere.
Nel 2015 approvò l’istituzione di uno specifico “ufficio” nella capitale, in cui erano di stanza tre Agenti di Polizia tedeschi con il compito di addestrare le Guardie di Frontiera tunisine, su “come pattugliare, come riconoscere passaporti falsi e interrogare persone sospette, come far funzionare i dispositivi di visione notturna e le termo-camere”.
In aggiunta ai programmi di addestramento delle Guardie di Frontiera presso la “Commando Training School” della “Guardia Nazionale” tunisina a Oued Zarga, furono formate “squadre d’emergenza” tunisine nel “Centro di Addestramento Marittimo” della Polizia Federale di Neustadt in Holstein (Lubecca).
Un ufficiale tunisino avrebbe detto, nell’autunno 2016: “Entro il 2020 al più tardi, tutti i confini tunisini saranno pattugliati secondo gli standard tedeschi“.
RECOVERY PLAN PER LE INDUSTRIE DELLA DIFESA
Berlino, quindi, continua il suo supporto volto alla protezione dei confini tunisini.
Solo negli ultimi cinque anni sono state consegnate numerose barriere mobili, radar di sorveglianza costiera (“Spexer-2000”), dispositivi di visione notturna “long range” e “short range” montabili su armi automatiche, nonché dieci “blindati da trasporto” Dingo e dispositivi per i controlli delle frontiere, come ad esempio “body scanner” e altro ancora.
All’inizio del 2019 si è saputo che il Governo Tedesco avrebbe installato ulteriori sistemi di sorveglianza elettronica sul confine libico-tunisino per il controvalore di 18 milioni di euro.
Questi sistemi includevano “barriere, nuove Stazioni di Polizia nel deserto, installazioni militari, sistemi di sorveglianza e capacità satellitari”.
La Tunisia riceve abitualmente mezzi di produzione tedesca.
In effetti, il potenziamento dei confini tunisini costituisce un “massiccio programma economico per l’industria europea delle armi e della sorveglianza“ — ha detto Andrej Hunko, membro della Links al Bundestag, all’inizio dello scorso anno.
SOTTO LA GUIDA DELLA COMMISSIONE VON DER LEYEN
Il Governo Federale sta utilizzando la Presidenza del Consiglio dell’UE per portare avanti una strategia di contenimento non solo ai confini della Tunisia, ma a quelli dell’intero Maghreb, come è emerso dalla risposta del Governo Federale a una domanda del deputato Hunko:
“Nella conferenza del 13 luglio i Ministri dell´Interno di Germania, Francia, Italia, Malta e Spagna hanno incontrato i loro omologhi di Marocco, Mauritania, Algeria, Tunisia e Libia, più i competenti Commissari dell’UE, per avviare una vasta cooperazione tra l’Unione Europea e i cinque Stati nordafricani nel settore della migrazione“.
Sotto la guida della Commissione UE e del suo Presidente Ursula von der Leyen, “si intraprenderanno sforzi congiunti per intensificare la cooperazione con i paesi di origine e di transito per prevenire l’immigrazione indesiderata in Europa”.
Il Governo Tedesco ha parlato di una nuova “iniziativa nel Mediterraneo”, nell’ambito della quale avviare “misure concrete nel campo della gestione delle frontiere e della lotta al contrabbando”.
In quest’iniziativa sono coinvolti Europol e Frontex — l’”Autorità Europea per la Difesa dei Rifugiati”, recentemente balzata agli onori della cronaca per la sue azioni in aperto contrasto con le Leggi Internazionali.
MISERE PROSPETTIVE
Il blocco del confine marittimo nel Mediterraneo è di particolare importanza perché sempre più tunisini stanno cercando di raggiungere l’Europa, conseguenza delle miserabili prospettive economiche del paese.
Dopo gli sconvolgimenti del 2011, la Tunisia non si è più ripresa economicamente e, nel 2016, fu costretta a firmare un prestito con il FMI.
In cambio, come al solito, il FMI impose tagli severi, compreso il congelamento dell’occupazione pubblica e degli stipendi dei dipendenti pubblici, nonché una notevole riduzione dei sussidi.
Queste misure hanno colpito in particolare le regioni già svantaggiate dell’entroterra tunisino e hanno ripetutamente portato a delle violente proteste.
La pandemia di Covid-19 ha aggravato ulteriormente la situazione.
Da un lato l’economia delle regioni costiere, dipendente unicamente dal turismo, è crollata.
Dall´altro, oltre ai tunisini, hanno perso il lavoro anche i profughi dei paesi a sud del Sahara.
Questo fatto, a sua volta, ha aumentato il numero di coloro che hanno deciso d’intraprendere il pericoloso viaggio in barca verso l’Europa.
Più di due quinti dei quasi 23.500 rifugiati arrivati in Italia, tra gennaio e la fine di settembre, erano cittadini tunisini.
Alla “Conferenza dei Ministri dell’Interno” del 13 luglio, Roma ha esercitato una forte pressione su Tunisi ed è riuscita a raddoppiare il numero dei respingimenti.
Inoltre, le autorità tunisine stanno intensificando la ricerca e la distruzione delle barche utilizzabili dai profughi.
L´UNICA ALTERNATIVA
La situazione disperata della Tunisia è comunque vantaggiosa per le aziende UE (e in particolare per quelle tedesche) che producono nel paese per il mercato europeo, perché possono riconoscere salari sempre più bassi.
Ad esempio, il “produttore di peluche”, Steiff, è ben noto per la sua fabbrica a Sidi Bouzid.
In questo villaggio, il 17 dicembre 2010, il venditore di ortaggi Mohamed Bouazizi si diede fuoco per la miseria e la disperazione — innescando proteste di massa che si estesero a vari altri paesi arabi.
In Tunisia, anche diverse aziende tessili ed elettriche hanno creato stabilimenti — anche nell’automotive, come la Leoni e la Dräxlmaier che, all’inizio dell’anno, ha aperto il suo quinto stabilimento nel paese.
Più recentemente, l’Agenzia Federale per il Commercio Estero, “Germany Trade & Invest”, ha concluso che la “posizione” della Tunisia si offra “per il trasferimento delle produzioni” soprattutto dall’Asia “verso la periferia dell’UE“.
Ma, basandosi su produzioni a basso salario, non ci sono opportunità perché l’economia tunisina possa svilupparsi in senso strategico.
In particolare i giovani, alla ricerca di prospettive future, non hanno alcuna alternativa se non l’emigrazione.
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Link Originale: https://www.german-foreign-policy.com/news/detail/8426/
Scelto e tradotto da Bart
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