di Megas Alexandros
Con il popolo italiano ancora sotto shock per le inaccettabili dichiarazioni del senatore di Italia Viva, ma sopratutto per la macchinazione architettata ai danni dei PM fiorentini, con il chiaro intento di metterli sotto pressione; oggi arrivano, dalla lettura delle carte, le prove che molto probabilmente porteranno Renzi ed il “Giglio Magico” a giudizio.
Nelle nuove carte depositate dalla procura di Firenze c’è la corrispondenza tra l’avvocato Bianchi e i consiglieri d’amministrazione che, per l’accusa, dimostrano che l’ente era una sorta di articolazione di partito. Ed è per questo che è stato contestato il finanziamento illecito all’ex segretario, all’ex ministra ed a Luca Lotti
Facciamo un passo indietro nel tempo e torniamo al 28 giugno 2018, quando l’Avvocato Alberto Bianchi, presidente della Fondazione Open, invia a mezzo mail, una bozza dell’atto finale dell’ente a tutti i componenti del consiglio di amministrazione.
Cosi’ recitava la mail:
“In relazione al punto due dell’ordine del giorno, il presidente rileva che il quadro seguito all’esito del referendum del 4 dicembre 2016, alle dimissioni di Matteo Renzi dalla segreteria del Pd, alle elezioni politiche del 4 marzo 2018, impone la presa d’atto dell’esaurimento delle finalità statutarie della Fondazione”
Alla lettera risponde Maria Elena Boschi, consigliera nonché ex ministra del governo Renzi, che replica:
“Grazie! Anche se il verbale è un atto ‘interno’ per prevenire possibili polemiche laddove un domani venisse fuori o ci fossero accertamenti vari e dovesse essere esibito, non conviene essere un po’ più stringati sulle motivazioni dello scioglimento? Eviterei soprattutto di citare Matteo, se fosse possibile“
Eh si, noi uomini sappiamo quanto le donne spesso ci vedono lungo e come si usa dire: “ne sanno, una piu’ del diavolo!!!”… pero’, questa volta “Madame Etruria” si e’ diementicata i “coperchi”; e quel ipotetico “un domani”, purtroppo per lei e’ diventato la realta’ “dell’oggi”.
Quindi, in base a quello che emerge da queste carte, delinquevano ed erano coscienti di delinquere, con una naturalezza e sfrontatezza tale, tipica degli “uomini di potere” e di chi si sente impunito e protetto.
E’ proprio in questo scambio di mail, che gli inquirenti di Firenze individuano il legame tra partito e fondazione e su cui basano l’accusa di finanziamento illecito contestato all’ex segretario e premier Matteo Renzi, alla Boschi e all’attuale deputato del Pd, Luca Lotti.
La mail, come riporta La Verità, è contenuta nei nuovi atti depositati dai pm al Tribunale del Riesame che deve decidere sul sequestro di documenti a Marco Carrai, già membro del consiglio direttivo nonché fedelissimo di Renzi. Meno di due mesi fa, il 15 settembre, la Cassazione aveva accolto il ricorso di Carrai contro il sequestro di documenti e pc nell’ambito dell’inchiesta e rinviato atti al Riesame chiedendo alla procura di dimostrare il legame tra ente e partito. Le indagini, condotte dai pm Luca Turco e Antonino Nastasi, sono state assegnate al Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza. E sono quattro le informative delle Fiamme gialle che hanno approfondito quel nesso. Tre sono state depositate ai giudici, la quarta viene soltanto citata. Il 27 novembre quei documenti verranno discussi dalla difesa di Carrai, sostenuta dagli avvocati Filippo Cei e Massimo Dinoia. Agli atti anche un’altra mail di Bianchi, risalente al 2011, in cui secondo i finanzieri si “inizia a teorizzare il modello della struttura a medusa, avente come testa la Fondazione e una serie di tentacoli operativi i Comitati posti sotto il coordinamento e controllo strategico del Cda della Fondazione”.
Che poi, anche se non ufficialmente coinvolto nella gestione della fondazione, tutto dovesse passare per Renzi, secondo gli inquirenti, è chiaro in un’altra mail inviata da Bianchi per definire il regolamento per la raccolta fondi:
“Attendo vostri preziosi urgenti contributi, sia sulle soglie dell’articolo 2.2 che sul resto, prima di sottoporre il tutto a Matteo”.
Quindi, stando alle indagini, Renzi avrebbe avuto l’ultima parola.
Non solo, il 21 marzo 2017, poco dopo l’arresto di Alfredo Romeo per il caso Consip, il presidente scrive al consigliere Lotti:
“Vorrei restituire i 60 K (il contributo di 60.000 versato nel 2012 dalla “Isvafim Spa” riconducibile allo stesso Romeo, ndr). Procedo?”.
Lotti è perplesso:
“A me sembra un mezzo boomerang”
ma Bianchi gli ricorda che per Salvatore Buzzi (arrestato nell’ambito dell’inchiesta Mondo di Mezzo e poi condannato, ndr) si era fatto così, ma il deputato fa sapere al presidente che “Matteo” è “contrario alla restituzione”, facendo capire, secondo gli investigatori, “di aver interpellato al riguardo Matteo Renzi e che quest’ ultimo fosse contrario alla restituzione del finanziamento”.
Consentitemi di tornare sulla vicenda, a parer mio, di estrema gravita’ e di cui vi avevo gia’ accennato nel mio pezzo precedente, rigurdante i complotti da parte di pezzi di Giglio magico e toghe di complemento, i quali si preoccupavano di «mettere paura» al procuratore Giuseppe Creazzo colpevole di aver fatto arrestare babbo e mamma Renzi
Bisognava spaventarlo con «quell’altra storia». Si legge nelle intercettazioni negli incontri notturni romani tra politica e magisratura.
I presunti complottardi volevano cavalcare un esposto anonimo, nato con altri intenti, e che era stato presentato a Genova. Ad esso erano seguiti verbali densi di accuse sulla gestione delle inchieste di un pm fiorentino, P. B., e di militari della guardia di finanza ai loro rispettivi superiori. Tra questi Creazzo, appunto, e il procuratore aggiunto Luca Turco, i bersagli renziani del momento.
La denuncia, per una sorta di eterogenesi dei fini, nella testa di partecipanti al dopocena dell’ hotel Champagne, avrebbe dovuto lavare l’onta delle indagini sul Giglio magico.
I magistrati di Genova (titolari delle inchieste su colleghi toscani), coordinati dal procuratore Franco Cozzi, hanno investigato approfonditamente per mesi su due ufficiali delle fiamme gialle al centro dell’ esposto, su un sostituto procuratore, T. C., su Turco e su Creazzo. E anche se gli ultimi due non sono mai stati iscritti formalmente sul registro degli indagati i loro cellulari sono stati intercettati per settimane.
Eppure le toghe liguri, a quanto ci risulta, non hanno trovato niente fuori posto. L’ inchiesta è stata archiviata con una richiesta al gip molto articolata, mentre l’ accusatore, P. B., intercettato a sua volta, è finito sotto procedimento davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.
Ricordiamo che Renzi è il giurista che al padre che gli chiedeva da chi sarebbe stato interrogato nella vicenda Consip, rispose: «Considera che tutti i magistrati di cui si sta parlando, come dire, hanno dei loro giri, [] dei cazzi loro di vario genere, quindi io credo che a te ti interrogherà un magistrato importante di Roma, se ho capito bene».
Ma forse gli inquirenti fiorentini non hanno «dei loro giri» e «dei cazzi loro di vario genere» e quindi non sono incasellabili nelle categorie del fu Rottamatore.
Ecco, alla luce di quanto sopra esposto, ritengo che sia doveroso da parte della magistratura fare chiarezza ed accertare eventuali responsabilita’ penali, da parte di chi ha operato per cercare di intimorire e mettere pressione sulla Procura fiorentina per ottenere benefici personali.
La situazione e’ alquanto piu’ grave, visto che si parla non “dell’uomo della strada”, ma di personaggi che rappresentano le istituzioni ed in quanto tali hanno un potere ed una responsabilita’ intrinseca maggiore.
La sola apertura di una pratica interna alla magistratura ai sensi dell’art. 36 del Regolamento, da cittadino mi sembra estremamente riduttiva ed in spregio alla estrema gravita’ dell’accaduto.
Per questo, portavoce di ogni cittadino onesto e rispettoso dello Stato di Diritto e delle sue istituzioni, mi auguro che al piu’ presto venga aperto d’ufficio, un fascicolo di indagine sull’accaduto, visto che, a quanto pare il materiale non manca.
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