Bill Wirtz per The American Conservative
Le sfide che il [presunto] “Presidente eletto”, Joe Biden, deve affrontare sembrerebbero insormontabili dal punto di vista di un europeo.
Deve destreggiarsi simultaneamente fra un “Presidente in carica” che mette in discussione la legittimità delle elezioni, pezzi importanti di una popolazione scettica nei confronti del processo democratico, l’ala sinistra del suo stesso Partito, un Senato Repubblicano, la pandemia di Covid-19 e la recessione in arrivo.
Per quanto riguarda le relazioni con l’estero, l’Amministrazione entrante dovrà affrontare le questioni relative all’”Accordo di Parigi” sul clima, alla riforma del WTO e dell’OMS e, infine, alle guerre in corso — comprese quelle commerciali con la Cina e l’Unione Europea.
Eppure, nonostante un programma così carico, Biden ha trovato il tempo d’intromettersi sulla Brexit.
Fedele alla politica di Barack Obama e Hillary Clinton, Biden è un forte sostenitore dell’Unione Europea.
Il fatto che sia d’origine irlandese lo ha ulteriormente incoraggiato a partecipare al processo d’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea.
Prima delle elezioni aveva dichiarato che non avrebbe sostenuto un accordo commerciale tra il Regno Unito e gli Stati Uniti se fosse stato reintrodotto un confine tra l’Irlanda del Nord (che fa parte del Regno Unito) e la Repubblica d’Irlanda.
Trovare un accordo fra UK e UE è stato difficile, soprattutto per la questione del confine tra l’Irlanda del Nord e l’Unione Europea.
Quando la Gran Bretagna lascerà il mercato unico europeo, presumibilmente il 1° gennaio, l’istituzione dei controlli alle frontiere (conseguenza dei diversi standard normativi) influenzerà inevitabilmente le relazioni all’interno dell’isola irlandese.
Per evitare qualsiasi complicazione all’”Accordo del Venerdì Santo” del 1998, che include come prerequisito la mancanza di una “frontiera dura” tra i due paesi, fu concordato il “Northern Ireland Protocol in the Withdrawal Agreement” fra UK e UE.
Il Protocollo stabilisce che, in pratica, l’Irlanda del Nord resti nel “mercato unico” dell’UE per evitare alla frontiera i controlli fiscali e quelli sul rispetto dei regolamenti.
Ma questo creerebbe una divergenza normativa tra la Gran Bretagna (Scozia, Galles e Inghilterra) e l’Irlanda del Nord che, a sua volta, chiederà controlli doganali all’interno dello stesso Regno Unito.
Per ora non c’è alcuna differenza negli standard normativi tra Bruxelles e Westminster — e i lievi cambiamenti dell’”imposta sulle vendite” non hanno mai creato molte controversie.
Ma cosa succederebbe se il Regno Unito permettesse la coltivazione di colture geneticamente modificate, una pratica illegale nell’Unione Europea?
L’UE è sempre più sul “sentiero di guerra” contro le divergenti normative estere.
Per questo motivo non è ancora disposta a concludere un accordo commerciale globale con gli Stati Uniti.
Se il Regno Unito apportasse cambiamenti significativi alle sue norme in materia di agricoltura, di tassazione o di politiche al consumo, la questione dei confini tra Irlanda del Nord e Irlanda si riaccenderebbe.
Già a settembre il Governo di Boris Johnson (che si era trovato sotto tiro per una legislazione che avrebbe scavalcato il Withdrawal Agreement-Westminster) aveva “chiarito” quali prodotti fossero a rischio di non poter essere liberamente portati nella “Repubblica d’Irlanda” (provenienti dall’”Irlanda del Nord”) e definito quali casi di “aiuti di Stato” dovessero essere segnalati all’UE.
Per Bruxelles, questa è una violazione del Diritto Internazionale.
Con l’UE e il Regno Unito coinvolti in una “battaglia legale a tempo”, davanti alla minaccia di uno scenario No-Deal (se l’”accordo di ritiro” dovesse fallire) Biden ha scelto da che parte stare.
Il suo rifiuto di firmare un accordo commerciale con l’UK eserciterà una notevole pressione sul Governo Johnson e farà pendere la bilancia a favore dell’UE.
Se da un lato tutto questo potrebbe soddisfare l’”orgoglio nazionale” degli irlandesi e solleticare quello “ereditario” degli irlandesi-americani, dall’altro non è chiaro come una tale mossa possa andare a vantaggio delle imprese e dei consumatori americani.
Un accordo commerciale tra il Regno Unito e gli Stati Uniti ha evidenti vantaggi nei settori dei beni di consumo e dell’industria manifatturiera, soprattutto perché la tolleranza normativa anglosassone e la propensione all’innovazione non hanno nulla a che vedere con la burocrazia dell’Europa Continentale.
Vale la pena ricordare che, sotto la vicepresidenza di Biden (otto anni), l’Amministrazione Obama non riuscì a convincere l’intera Unione Europea ad adottare il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership).
L’anno scorso, inoltre, il Consiglio Europeo (in rappresentanza di tutti i 27 stati-membri dell’UE) ha dichiarato che la negoziazione di questo partenariato non era più rilevante.
E allora, Biden non è riuscito a raggiungere un accordo commerciale con l’UE ma, in compenso, vuol silurare quello con la Gran Bretagna per sostenere la stessa UE, che continua a non essere disposta a commerciare con gli Stati Uniti.
Roba da matti!
E, fatto ancor più importante per gli europei, Biden ha impiegato giusto cinque minuti per iniziare a intromettersi negli affari interni del Vecchio Continente, non solo in senso retorico (Trump ha sostenuto apertamente la Brexit), ma anche puntellando una parte a scapito dell’altra.
Inutile dire che è davvero improbabile che questa sua politica gli crei amicizie durature oltreoceano.
Speriamo solo che Biden non cerchi di “risolvere” altri problemi europei per nostro conto.
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Link Originale: https://www.theamericanconservative.com/articles/joe-biden-is-already-on-the-warpath-against-brexit/
Scelto e tradotto da Franco
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