Kit Knightly per Off-Guardian
Lo chiamano “uno dei giorni più bui della storia della nostra nazione”, un giorno che “vivrà nell’infamia”.
Probabilmente sarà ricordato con una data stenografica: 1/6, come il 9/11 e il 7/7.
Sarà il giorno in cui “la democrazia americana è stata attaccata e ha prevalso”, il giorno in cui la nazione stava per cadere in mano ai “fascisti”.
Diventerà un’altra di quelle grandi illusioni su cui sono state costruite le traballanti strutture del potere imperiale americano.
La storia che ci viene raccontata è la seguente:
“Ieri, mentre il Congresso si preparava ad approvare la vittoria di Joe Biden, migliaia di violenti teppisti di destra hanno preso d’assalto il Campidoglio.
Agendo secondo il volere di Trump e con il suo appoggio, i terroristi hanno superato le barricate della Polizia nel tentativo di rovesciare il Senato e preservare la presidenza di Trump.
Fortunatamente, la Polizia è riuscita a mettere in sicurezza il Campidoglio e a scacciare i violenti rivoltosi. Così, il processo democratico è riuscito a proseguire”.
Non c’è una sola parte di questa storia che sia vera:
— Non c’è stato alcun “assalto”.
— Non c’è stato nessun “incitamento”.
— Non c’è stata “violenza”.
— La rivolta ha effettivamente posto fine alla presidenza di Trump.
Affrontiamoli uno alla volta.
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1. Non c’è stato nessun “assalto”.
Al contrario, i video mostrano la Polizia che apre le barriere per far entrare i “rivoltosi”.
Nell’atrio, i “violenti teppisti” hanno camminato sul tappeto di velluto rosso, in file ordinate, fermandosi ogni tanto a scambiare qualche battuta con i poliziotti.
Si son messi in posa per la stampa e, quando gli eventi hanno avuto termine, sono stati tranquillamente autorizzati ad andarsene.
Confrontate il trattamento che la Polizia ha riservato a queste persone all’interno del Campidoglio, con il successivo trattamento che i manifestanti hanno subito per aver violato il coprifuoco lungo le strade.
2. Non c’è stato alcun “incitamento”.
Tutti i post di Trump sui social media invitavano la gente a “tornare a casa in pace e amore”.

Questo è incitamento alla violenza?
Twitter e Facebook hanno fatto un passo del tutto inedito, rimuovendo completamente quei post e bloccando l’invio di altri.
Hanno detto per prevenire ulteriori violenze … ma hanno nascosto le denunce della violenza fatte da Trump.
3. Non c’è stata violenza.
In ogni caso, che Trump abbia “incitato” o meno è un fatto irrilevante, perché non c’è stata violenza.
Ignorate le denunce per l’uso di armi chimiche o di improvvisati ordigni esplosivi, nessuno dei quali è mai apparso sulla scena.
Nessuno ha dimostrato che i “rivoltosi” abbiano fatto del male a qualcuno. Anzi, la violenza sono stati loro ad averla subita.
Confrontate e contrapponete l’atteggiamento dei media a questa “violenza”, con quello che hanno tenuto la scorsa estate contro le proteste “infuocate ma per lo più pacifiche” che hanno avuto luogo in America.

4. La rivolta ha posto fine alla presidenza di Trump.
Nonostante la sessione del Congresso sia stata ampiamente descritta dalla stampa come il “voto di conferma” per la vittoria di Joe Biden, in realtà era qualcosa di più.
Il VP Mike Pence stava presiedendo una “sessione congiunta” che permetteva discorsi completi da parte di coloro che si opponevano all’elezione, ritenendola una truffa.
Le violenze hanno posto fine a questa sessione, minando i problemi legali e procedurali di Trump e neutralizzando ogni possibilità di ribaltare il voto del “collegio elettorale”.
Non appena l'”attacco” è finito, molti dei repubblicani di entrambe le Camere, intenzionati ad opporsi all’elezione di Biden, hanno dovuto fare marcia indietro.
Inoltre, l'”incitamento” di Trump ai rivoltosi significa che potrebbe essere rimosso dal suo incarico applicando il 25° emendamento, che renderebbe illegale la sua candidatura anche per il futuro.
Facebook e Twitter lo hanno categoricamente oscurato. La stampa e gli esperti televisivi lo accusano apertamente di tradimento e sedizione.
Allora, chi ha davvero beneficiato del “caos in Campidoglio”? Perché, sicuramente, questo non è stato Donald Trump.
Bisogna sempre diffidare di qualsiasi evento che “accidentalmente” raggiunga l’esatto contrario del suo intento dichiarato.
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Nel titolo, mi riferisco a questi eventi come all’”Incendio del Reichstag” americano.
Non è solo un linguaggio emotivo, i paralleli sono abbastanza chiari: un attacco inscenato a un edificio-simbolo, deliberatamente attribuito ai nemici politici e usato per consolidare il potere di un leader appena insediato.
Anche la copertura mediatica è del tutto simile.
Il governo nazista e i suoi strumenti di stampa ne parlarono esattamente negli stessi termini con cui l’establishment americano sta descrivendo questo farsesco “tentativo di colpo di stato”, con l’obiettivo di terrorizzare la gente facendole credere di essere sull’orlo di una guerra civile.
Leggete questa citazione e chiedetevi se, oggi, non potrebbe essere stata tratta quasi completamente dalla prima pagina del Washington Post o del New York Times:
“L’incendio del Reichstag doveva essere il segnale di una sanguinosa rivolta e di una guerra civile. Il saccheggio su larga scala di Berlino era previsto già alle quattro del mattino di martedì.
Era stato stabilito che in tutta la Germania, a partire da oggi, dovessero cominciare atti di terrorismo contro personaggi di spicco, contro la proprietà privata, contro la vita e la sicurezza della popolazione e che si doveva scatenare una guerra civile …”.
Entro 24 ore dall’incendio del Reichstag, il Presidente tedesco aveva approvato il Decreto in cui dichiarava uno “stato d’emergenza” che avrebbe totalmente rovesciato ogni “diritto civile”, che la Repubblica di Weimar aveva garantito ai suoi cittadini:
“Gli articoli 114, 115, 117, 118, 123, 124 e 153 della Costituzione del Reich tedesco sono sospesi fino a nuovo avviso.
È quindi lecito limitare i diritti alla libertà personale (habeas corpus), la libertà di espressione (di opinione), compresa quella della stampa, la libertà di organizzazione e di riunione, la privacy delle comunicazioni postali, telegrafiche e telefoniche”.
Queste libertà sono già state gravemente minate, negli Stati Uniti, dal Patriot Act e da altri ancora.
Quei pochi diritti rimasti ai cittadini americani saranno sicuramente minacciati una volta che Trump sarà rimosso e Biden (o Harris) messo al suo posto.
Anche se non si parla ancora dei Legislatori, è certamente vero che si sta già accennando a epurazioni e a altre misure per “proteggere la Costituzione”.
Alcune voci di spicco chiedono che tutti i Legislatori che hanno sostenuto Trump siano rimossi dall’incarico.
Il Washington Post ha sostenuto che “i repubblicani sediziosi devono essere ritenuti responsabili”.
Anche la campagna mediatica antisociale è ricominciata seriamente, con Parler e GAB già accusati di aver permesso un “linguaggio violento” sulle loro piattaforme.
Poiché Twitter e Facebook limitano la discussione, le piattaforme alternative dovranno di conseguenza essere chiuse.
L’applicazione di un monopolio corporativo e la collaborazione con lo Stato … la definizione stessa di fascismo.
Tutto questo in nome della protezione della nazione dai “teppisti neonazisti”, dai “suprematisti bianchi” o da altre minacce fantasma.
In nome della “protezione della Costituzione” la stanno facendo a pezzi.
In nome della “prevenzione di un colpo di Stato”, ne stanno compiendo uno davanti ai nostri occhi.
Ricordo la famosa citazione di Huey Long alla domanda se il fascismo sarebbe mai arrivato in America: “Certo, avremo il fascismo in questo Paese … e lo chiameremo antifascismo”.
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Link Originale: https://off-guardian.org/2021/01/07/the-storming-of-the-capitol-americas-reichstag-fire/
Scelto e tradotto da Franco