Un “amico italiano” di Pezzo Grosso scrive a Marco Tosatti
Ho letto con grande attenzione il contributo dell’”amico americano” di Pezzo Grosso e ho trovato illuminante l’analogia che istituisce tra Trump e Benedetto XVI.
La faccio mia e provo a svilupparne le virtualità latenti.
La sconfitta di Trump voluta e ottenuta dal Sistema (definisco come “Sistema” l’”alleanza strategica di potere”, diciamo Occidentale […], tra politica, economia, scienza, media e morale, quest’ultima nel senso di Chiesa) è analoga a quella di Benedetto XVI, anch’essa voluta e ottenuta dal Sistema.
L’arrogante palazzinaro newyorkese e il timido teologo bavarese non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro.
L’analogia non è dunque sul piano personale, ma relativamente al ruolo storico “giocato” dall’uno e dall’altro nelle rispettive Istituzioni e rispetto all’Occidente post-moderno, che entrambi hanno cercato di “governare”.
Si potrebbe scrivere, senza neppure troppa dietrologia, delle identiche forze (persino i nomi dei volti noti di certe trame sono identici) che hanno operato sia per le dimissioni di Benedetto XVI che per la sconfitta di Trump — ovvero, per l’elezione di Bergoglio e quella di Biden.
Ma non è questo il mio interesse, almeno per ora.
L’analogia, infatti, va ben oltre i destini di un Presidente degli Stati Uniti e di un Papa, perché coinvolge le due rispettive sovranità (Stati Uniti d’America e Santo Romana Chiesa) e la stessa civiltà occidentale.
Cos’è stato realmente sconfitto con lo scacco a Benedetto XVI?
Il suo tentativo (disperato, ora si può ben dire) di salvare il cattolicesimo post-conciliare dal suo destino suicida facendo “guarire” la Chiesa dal suo male interiore, ridando un’anima all’Occidente.
Questo progetto eroico (come eroici sono i protagonisti di certo romanticismo tragico), tenacemente perseguito da Benedetto XVI sul piano teologico (ermeneutica della continuità), liturgico (motu proprio Summorum Pontificum), di civiltà (discorso di Ratisbona), politico-giuridico (dottrina dei principi non negoziabili. Paradigma giusnaturalista a fondamento dello Stato liberale) è finito con le sue dimissioni.
Cosa è stato realmente sconfitto con lo scacco a Trump?
Il tentativo (disperato?) di salvare gli Stati Uniti (e con essi l’Occidente) dalla sempre più travolgente corrente nichilista del globalismo liberal, da una rivoluzione che (trotskisticamente) si vuole permanente e universale (le guerre neocon di Bush per “esportare la democrazia”, le “rivoluzioni colorate” e le “primavere arabe” di Obama-Clinton) e anche culturale (in senso maoistico), fino all’esito estremo della “cancel culture”.
Il titanico tentativo di Trump di strappare gli Stati Uniti dalla dissoluzione (in un permanente e universale rivoluzionarismo radicale) è passato attraverso un nuovo paradigma di politica estera: l’impegno a re-industrializzare e a rallentare il processo di globalizzazione, il rilancio pubblico dell’identità cristiana, un’ermeneutica dei diritti umani in senso giusnaturalista (Commissione Glendon).
Questo titanico tentativo si è dissolto con la sconfitta di Trump e l’elezione di Biden.
Continuando nel ragionamento analogico, si possono considerare con ben maggior profitto gli esiti, nelle due rispettive “sovranità”, della sconfitta di Benedetto XVI e di Trump — come delle conseguenti elezioni di Bergoglio e Biden.
A cosa stiamo assistendo, nella Chiesa, dopo le dimissioni di Ratzinger e l’elezione di Bergoglio?
A una notevole accelerazione del processo rivoluzionario post-conciliare e, conseguentemente, a una sempre maggiore polarizzazione, a una palese rottura (de facto scismatica o pre-scismatica) del cattolicesimo odierno.
Al di là delle sfumature e dei distinguo più o meno raffinati, la Chiesa di oggi si divide tra bergogliani (spesso oltre lo stesso Bergoglio) e anti-bergogliani.
Il resto sono sottigliezze.
Le posizioni moderate, centriste, ruiniane (in Italia), wojtyliane e, persino, ratzingeriane sono sempre più schiacciate e messe fuori gioco dalla radicalità della rivoluzione in atto nella Chiesa.
A cosa assistiamo negli Stati Uniti dopo la sconfitta di Trump e l’elezione di Biden?
A una radicalizzazione dei Democratici rispetto all’”agenda liberal” e alla pretesa totalitaria di cancellare ciò che non è ideologicamente tale.
A una sempre maggiore polarizzazione — da parte anti-trumpiana: secondo impeachment, censura social, tentativo di classificare i sostenitori di Trump come terroristi interni, accelerazione sull’agenda liberal su aborto, transessualismo etc; da parte trumpiana: rabbia per un’elezione rubata, convinzione di trovarsi in un regime, paura del socialismo, Biden e leaders democratici giudicati come satanisti nemici di Dio — e a una rottura dell’unità nazionale.
Ci sono de facto 2 nazioni, 2 popoli ideologicamente inconciliabili.
Si sentono i primi richiami alla secessione in Texas e in Florida e anche in casa cattolica: es. Eric Sammons, “The Catholic Case for Secession”.
Al di là delle sfumature e dei distinguo più o meno raffinati, oggi gli Stati Uniti si dividono fra trumpiani e anti-trumpiani.
Il resto sono sottigliezze.
Le analogie Trump-Benedetto XVI, Biden-Bergoglio, USA-Chiesa, ci aiutano allora a capire che la cifra del nostro tempo è:
1) la polarizzazione (nell’inconciliabilità delle due posizioni sino allo scisma o alla secessione),
2) la vittoria della Rivoluzione liberal-radicale-socialista-gender-ecologista-globalista: «Tutto quello che è stato detto ad Assisi in “Economy of Francesco” e nell’Enciclica “Fratelli Tutti” è conforme a principi ed obiettivi di questa curiosa alleanza di potere. Mai accaduto nella storia contemporanea. Mai prima d’ora»,
3) la sconfitta della “riforma nella continuità”.
Le sconfitte di Benedetto XVI e del Presidente Trump sono, in effetti, la sconfitta dell’ultimo eroico/titanico “riformismo” possibile.
Ovvero, dell’ultimo tentativo di “riforma nella continuità” della Chiesa e degli USA/Occidente prima del definitivo imporsi della Rivoluzione sin nei suoi esiti estremi.
Con la fine del pontificato di Ratzinger e della prima presidenza Trump non è stata sconfitta la Tradizione, la Contro-Rivoluzione o la Reazione … ma l’ultimo possibile Riformismo.
Il pontificato di Ratzinger e la presidenza di Trump sono infatti comprensibili solo come “riforma nella continuità”.
E, forse, la sconfitta dipende proprio da questo … dal fatto che sia impossibile una “riforma nella continuità” della Chiesa post-conciliare e dell’Occidente liberal-democratico.
Se così fosse, l’attuale situazione, pur drammatica, avrebbe il pregio del progressivo dissolversi dell’illusione e Bergoglio-Biden avrebbero l’involontario merito aver reso manifesta l’impossibilità del “compromesso riformista” con la Rivoluzione.
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Link originale: https://www.marcotosatti.com/2021/01/27/benedetto-xvi-e-trump-il-legame-leroismo-della-sconfitta-per-ora/
Scelto e pubblicato da Franco
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