Cameron Hilditch per The National Review
All’inizio di quest’anno abbiamo appreso dell’intenzione del Partito Comunista Cinese d’imporre la propria “versione” dei Vangeli.
Evidentemente, le Sacre Scritture Cristiane non sono così favorevoli all’ortodossia del PCC come il Politburo vorrebbe.
Secondo l’Agenzia di Stampa Xinhua, alla fine dello scorso anno il Partito ha riunito un gruppo di “studiosi” obbedienti e flessibili, incaricandoli di “dare interpretazioni accurate e autorevoli delle dottrine classiche perché stiano al passo con i tempi”.
In altre parole, il PCC progetta di trasformare le Scritture in un altro pezzo della propaganda di regime, riscrivendole al di là di ogni umano pudore.
Non abbiamo ancora il pieno accesso all’intera versione del “Vangelo secondo il Presidente Xi”, ma i primi frutti di questa sordida impresa sono stati resi pubblici poche settimane fa, quando la stampa governativa ha pubblicato un “libro di testo” per gli studenti delle scuole superiori.
Quel “libro di testo”, usato per insegnare “etica professionale e legge”, comprende un passaggio tratto dall’ottavo capitolo del “Vangelo secondo San Giovanni”.
Il brano racconta la storia di quella donna sorpresa in flagrante adulterio dai nemici di Gesù e portata davanti a Lui per il giudizio.
Questa storia è stata usata dagli autori di quel “libro di testo” come un esempio morale approvato dal Partito.
Un esempio di come sia necessario l’obbedienza alla legge a qualsiasi costo — un principio d’importanza capitale che dev’essere inculcato negli scolari, perché il governo non tollera la disobbedienza alle proprie leggi.
Coloro che hanno familiarità con il passaggio in questione sapranno quanto questo sia inadatto allo scopo.
Il PCC ne è evidentemente consapevole perché ha apportato modifiche significative al testo originale.
Per coloro che non lo conoscono, ecco l’originale come appare nel “Vangelo di Giovanni”:
***
La mattina presto Egli venne di nuovo nel Tempio e tutto il popolo accorse. Egli sedette e cominciò il suo insegnamento.
Allora, gli scribi e i farisei portarono un’adultera e gli dissero: “Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidarla … ma Tu, cosa dici?”
Dissero questo per metterlo alla prova, per avere qualcosa di cui accusarlo.
Ma Gesù si chinò e cominciò a scrivere per terra con il dito, come se non avesse sentito.
Quando continuarono a chiederglielo, Egli si alzò e disse loro “Chi tra di voi è senza peccato, scagli la prima pietra”.
Poi si chinò di nuovo per scrivere sulla terra.
Quelli che l’udirono, condannati dalla loro coscienza, uscirono tutti ad uno ad uno e così Gesù rimase solo con la donna.
Quando Gesù si rialzò e non vide altri che lei, le disse: “Donna, dove sono i tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannato?”.
Lei rispose: “Nessuno, Signore”.
E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno. Va’ e non peccare più”.
***
La “versione” del PCC riproduce quella storia più o meno parola per parola, fino al punto in cui Gesù viene lasciato solo con la donna che i farisei avevano trascinato davanti a Lui.
Poi gli eventi prendono una piega bizzarra e diabolica.
Quando la folla uscì dal tempio, Gesù lapidò la peccatrice dicendo: “Anch’io sono un peccatore. Ma se la legge potesse essere eseguita solo da uomini senza macchia, allora la legge sarebbe morta”.
Avete letto bene: nel Vangelo cinese Gesù si libera della folla per avere il piacere di sfondare lui stesso il cranio della donna.
Inutile dire che quest’alterazione è blasfema e offensiva per i Cristiani, ma faremmo bene a capire perché il PCC ha deciso di farla.
La storia di “Gesù e dell’adultera” era chiaramente inammissibile per il Partito nella sua forma originale.
Il cambio del finale era necessario. Doveva essere sostituito da qualcosa non solo di tollerabile, ma anche di utile al PCC.
Questa divergenza tra il “Vangelo del PCC” e quello originale ci dice molto sulle “differenze inconciliabili” tra la civiltà occidentale e quella cinese.
Il primo “problema”, dal punto di vista del PCC, sta nella “licenza” piuttosto signorile che Gesù si prende con il Codice di Mosè.
Egli rifiuta l’idea che aderire alla lettera a quella legge sia sufficiente per compiere la Volontà di Dio.
Quest’atteggiamento, assolutamente scettico verso l’efficacia dei requisiti legali, è stato incorporato nella teologia cristiana fin dall’inizio.
Il teologo Philip Sherrard ha notato che il Cristianesimo sia l’unica, tra le Religioni Abramitiche, a non avere una “costituzione politica” e nemmeno un “programma legislativo” ordinati da Dio.
Sia la Torah che il Corano propongono un Dio che organizza il suo popolo in una specifica “struttura tecnica”, fornita e richiesta dalla divinità stessa.
Il Cristianesimo, invece, traspone il dramma divino da una chiave giuridica a una chiave esistenziale.
Le implicazioni politiche sono evidenti.
Se lo Stato non può più pretendere d’incarnare gli scopi di Dio sulla terra, che si realizzano nel “regno della coscienza”, allora il governo ha dei limiti che non può infrangere.
Il primo Padre della Chiesa Cristiana, Origene d’Alessandria, espresse questa convinzione quando scrisse “sappiamo dell’esistenza in ogni città di un altro tipo di luogo, creato dalla Parola di Dio”.
Gesù, nei confronti dell’adultera, separa la legislazione dalla morale forse per la prima volta nella storia, e questo significa che il governo ha poteri limitati (es. Matteo 22:21).
Inutile dire quanto fosse improbabile che i comunisti accogliessero questa teoria.
Agli occhi del governo cinese, le azioni del “Cristo comunista” erano un necessario correttivo alla deplorevole e irresponsabile passione del vero Figlio di Dio per la libertà.
L’idea che “la legge sia morta” era uno scenario davvero insopportabile per il regime.
Perché nessuna autorità può essere riconosciuta “superiore alle leggi dello stato”, se il regime del PCC deve durare.
La stessa dinamica spiega l’altra affermazione che scaturisce dalla bocca del “Cristo comunista”.
Egli informa la donna che: “… anch’io sono un peccatore”.
Chi crede nella divinità di Gesù di Nazareth tende a porlo al di sopra di tutte le autorità terrene.
Questo è ciò che mise i primi Cristiani in mezzo a così tanti problemi.
Il pluralismo religioso era permesso nella “Roma classica” fintanto che l’Imperatore era riconosciuto da tutti come superiore alle pretese di qualsiasi particolare divinità.
Dalla premessa che “Gesù è il Signore”, i primi Cristiani trassero il pericoloso ma ineluttabile corollario che “Cesare non lo sia”.
Il Presidente Xi vorrà senza dubbio impedire che questo sillogismo si presenti nella mente dei Cristiani cinesi.
L’affermazione della divinità di Gesù fornirebbe loro uno standard trascendente e pre-politico con cui giudicare le azioni del governo.
Tali standard, se tenuti da un segmento abbastanza grande della popolazione, favorirebbero inevitabilmente nozioni contrattualistiche di governo.
Non c’è bisogno di leggere il “Secondo Trattato di Locke” per capire come nascono queste nozioni.
Ovunque il Cristianesimo mette radici, l’”autorità dello stato” viene pensata dai governati come un qualcosa di condizionato.
Storicamente, le religioni hanno avanzato pretese assolute anche sullo Stato … e il Cristianesimo non è stato immune da questa tendenza.
Ma è stata la sola religione a rifiutare l’idea che lo Stato possa o debba incarnare il “piano di Dio per la salvezza dell’umanità”.
Il PCC non può permettere che la desacralizzazione dello Stato e la concomitante crescita di un governo condizionato e circoscritto dal “patto sociale” prendano piede in Cina.
Così, il “Cristo comunista” è stato inventato come un necessario correttivo a queste pericolose nozioni.
Si potrebbe dire molto di più su questo progetto ma il punto più importante da cogliere, per gli americani, è che il PCC abbia imparato dagli errori dell’Unione Sovietica in materia di religione.
La cooptazione di Pechino, il riconfezionamento e l’attento controllo del Cristianesimo all’interno dei confini cinesi, è in netto contrasto con l’implacabile ostilità dei sovietici verso la religione organizzata.
È simile in molti modi alla preferenza del Politburo cinese per il “capitalismo di stato”, rispetto al marxismo-leninismo del vecchio “blocco orientale”.
Il PCC ha imparato che la sopravvivenza a lungo termine di un super-stato comunista è meglio servita dalla gestione, e non dall’eliminazione, degli elementi interni ostili alla sua ideologia.
I “cavalli selvaggi” potrebbero trascinare il popolo cinese lontano dal suo governo ma, piuttosto che sparare ai cavalli in pieno stile sovietico, il PCC ha deciso d’imbrigliarli.
Il nuovo “comunismo cinese” è un “controllo sociale”, non una “rivoluzione sociale”.
E così, i suoi architetti permettono quel tanto di capitalismo che basta per mantenersi al potere, e quel tanto di Gesù per tenere fuori Cristo.
Forse dovremmo smetterla d’inviare “buoni del tesoro” e cominciare a inviare sacerdoti.
*****
Link originale: https://www.nationalreview.com/2020/10/chinas-communist-christ/
Scelto e tradotto da Franco
*****
Le immagini, i tweet e i filmati pubblicati nel sito sono tratti da Internet per cui riteniamo, in buona fede, che siano di pubblico dominio e quindi immediatamente utilizzabili. In caso contrario, sarà sufficiente contattarci all’indirizzo info@mittdolcino.com perché vengano immediatamente rimossi. Le opinioni espresse negli articoli rappresentano la volontà e il pensiero degli autori, non necessariamente quelle del sito.