Redazione: L’Amministrazione Biden non avrà molti amici in Israele.
Un primo segnale potrebbe essere stato l’attacco del 12 gennaio dell’aviazione israeliana in Siria, fatto a pochi giorni dal Giuramento di Biden e che, contrariamente al solito, è stato rivendicato.
Si mormora che l’attacco fosse stato discusso in occasione dell’incontro in un ristorante di New York fra Mike Pompeo e il Capo del Mossad israeliano, Yossi Cohen.
Il fatto che sia avvenuto in un luogo pubblico significa che i due volevano farsi vedere — e questo non è un fatto banale.
I giornali israeliani stanno analizzando il Team di Biden in funzione del “Trattato sul Nucleare Iraniano” perché, se Trump e gli Israeliani condividevano la stessa ostilità nei confronti dell’Iran, Joe Biden sembrerebbe voler salvare l’Accordo concluso da Obama nel 2015.
Da qui a pensare che il raid in Siria sia stato una sorta di messaggio subliminale inviato all’Amministrazione Biden il passo è breve.
Il Governo di Benjamin Netanyahu resta fedele a Donald Trump, considerato il Presidente statunitense che più di ogni altro ha sostenuto Israele.
Di contro, Netanyahu aveva pessimi rapporti con Obama e si era opposto con tutte le sue forze alla firma dell’Accordo con Teheran.
Con Biden, la battaglia ricomincia ma, oggi, Netanyahu si sente più forte grazie ai nuovi rapporti con i Paesi del Golfo (e in particolare con l’Arabia Saudita), ferocemente ostili all’Iran.
L’Amministrazione Biden è avvertita: non avrà molti amici in questa parte del mondo.
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Caroline B. Glick per Israel Hayom
In questo momento sembrerebbe che né Israele né gli alleati Arabi degli Stati Uniti se la sentano di collaborare con l’Amministrazione Biden per promuovere le politiche regionali di Washington.
Venerdì, in una conferenza stampa, la Portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, si è rifiutata di chiarire la posizione di Biden nei confronti d’Israele.
Il comportamento della Psaki è facile da capire.
Israele, nonostante sia l’alleato più fedele e affidabile degli Stati Uniti in Medio Oriente, non può permettersi di assecondare le politiche dell’Amministrazione Biden.
Dal suo insediamento, le mosse del Presidente hanno chiarito, senza ombra di dubbio, che la volontà degli Stati Uniti è di tornare all’”Accordo sul Nucleare” del 2015 con l’Iran.
Il cosiddetto “Joint Comprehensive Plan Of Action”, che i Consiglieri di Biden avevano negoziato durante l’Amministrazione Obama, è tutto tranne che un “Trattato di Non-proliferazione Nucleare”.
E’, al contrario, un progetto che permetterebbe all’Iran di raggiungere l’indipendenza nucleare (per scopi militari) e d’imporre la sua egemonia nella regione.
Né Israele né gli alleati Arabi del Golfo Persico possono collaborare con quest’Amministrazione per la sua attuazione, perché metterebbe tutti in pericolo.
E’ questo il motivo per cui Biden ha rifiutato di parlare con il Primo Ministro Benjamin Netanyahu e gli altri leader regionali.
Essendosi impegnato ad attuare una politica pericolosa per questi Paesi, il Presidente preferisce non ascoltare quello che hanno da dire.
Dopo un’interruzione di quattro anni, il Primo Ministro Israeliano, probabilmente, reintrodurrà il tipo di politica adottato con il Presidente Obama, basato su tre punti.
Il primo punto dell’agenda è il riconoscimento che gli Stati Uniti siano insostituibili. Nessun altro alleato può fornire a Israele un appoggio come quello americano.
Questo non significa che Israele debba inginocchiarsi davanti a Biden che, nel frattempo, favorisce l’Iran a scapito dello Stato Giudaico.
Al contrario, davanti a un’Amministrazione non proprio amichevole, Israele deve resistere e difendere i propri diritti e i propri interessi.
Così facendo, Israele dev’essere consapevole che, anche se i Democratici sono alla Casa Bianca e controllano la Camera e il Senato, non sono l’unica opzione possibile.
Gli Stati Uniti sono un grande Paese e, in più, non tutti i Democratici sono inclini a favorire l’Iran a scapito d’Israele.
Lo Stato Giudaico è in buoni rapporti con entrambi i Partiti sia a livello politico che civile.
Deve difendere la sua posizione e le sue azioni davanti ai gruppi che contano sia a livello politico, che tra i media e nella società civile.
Il secondo punto, è che Israele deve collaborare anche con gli altri alleati degli Stati Uniti che abbiano una posizione vicina a Israele e non all’Iran, discostandosi dalle politiche dell’Amministrazione Biden.
In passato, Netanyahu è stato in grado di sviluppare un dialogo costruttivo sull’Iran sia con il Governo Canadese che con quello Francese.
Oggi, la lista dei partner si allarga alla Grecia, a Cipro e all’Austria.
Inoltre, Israele deve estendere la sua rete di alleanze, in modo tale da diminuire la sua dipendenza dagli Stati Uniti.
Israele non è isolato, povero e debole come lo era cinquant’anni fa.
È importante che passi velocemente dallo status di “cliente” degli Stati Uniti a quello di “partner” nello sviluppo tecnologico militare.
Terzo punto, Israele deve estendere la sua rete commerciale e i suoi legami strategici con i partner regionali che sono all’interno degli “Abraham Accords” e, inoltre, deve collaborare anche con i Paesi non coinvolti in questi accordi.
Riconoscendo la volontà dell’Amministrazione Biden di riavvicinarsi all’Iran, anche l’India ha annunciato di voler ripristinare ed espandere i suoi legami commerciali e di mutua difesa con l’Iran.
Israele dovrebbe lavorare per calmare gli entusiasmi dell’India.
L’India, il Giappone, il Sud Corea e Taiwan hanno tutti legami commerciali e di mutua difesa con Israele, sviluppati negli ultimi dieci anni.
Israele deve migliorare questi legami e, al tempo stesso, deve ostacolare il potenziamento degli armamenti nucleari e convenzionali dell’Iran.
Gli Stati Uniti rimarranno il più potente e importante alleato di Israele, a prescindere da chi sia al comando, perché gli interessi e i valori che uniscono le due nazioni sono forti e profondi.
Allo stesso tempo, però, Israele non può concedere né la sua sovranità né i suoi principali interessi per soddisfare un’Amministrazione impegnata a danneggiare entrambi i Paesi.
Israele potrà gestire il suo rapporto con Washington attraverso una politica estera basata sul mantenimento dell’alleanza con gli Stati Uniti, favorita dalla profonda comprensione della politica e della società americane.
Ma anche attraverso la coordinazione meticolosa e prudente delle alleanze con i membri della NATO e con gli altri Stati geopoliticamente importanti — e infine con l’espansione strategica dei commerci con i partners regionali.
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Link Originale: https://www.israelhayom.com/opinions/navigating-israels-ship-of-state-through-the-biden-storm/
Scelto e tradotto d l’Alessandrino
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