Matt Purple per The American Conservative
Importanti sviluppi, questa settimana, per la legione di osservatori americani delle elezioni olandesi.
Mark Rutte, il Primo Ministro dei Paesi Bassi, ha vinto un quarto mandato.
Il Partito Popolare (centro-destra) di Rutte si è assicurato meno di un quarto dei seggi in Parlamento ma, nel sistema politico olandese, profondamente frammentato, questo risultato è sufficiente per formare un Governo, sempre che Rutte sia in grado di mettere insieme un’altra coalizione, cosa che quasi certamente farà.
Rutte è come i conservatori americani potrebbero immaginare Paul Ryan nei loro peggiori incubi: un pragmatico, un falco fiscale che fa accordi con la sinistra e che va al lavoro in bicicletta.
La sua vittoria arriva a spese di un candidato molto più Trumpiano, Geert Wilders, capo del Partito della Libertà, che tornerà in Parlamento come terzo più grande Partito.
Wilders, con la sua cupola scolpita di capelli bianchi e con le sue preoccupazioni sull’immigrazione, è stato spesso chiamato il “Trump olandese” o addirittura “Trump prima ancora di Trump”.
La sua dicotomia con Rutte allude a una verità molto più ampia: in Europa, il nazionalismo di destra è andato a sbattere contro un muro.
Sono i tecnocrati che comandano, almeno per il momento.
Questa tendenza è meglio illustrata dalle vicende in Italia, dove un Governo che includeva il populista Movimento 5 Stelle è crollato all’inizio di quest’anno.
Dalle sue ceneri è emerso Mario Draghi, un nuovo Primo Ministro provvisorio.
Draghi è il tipo di persona contro cui i 5 Stelle una volta inveivano, un ex capo della Banca Centrale Europea e un ardente sostenitore dell’Unione Europea.
In Francia, nel frattempo, Emmanuel Macron, un fiero liberale che una volta si paragonò al Dio Giove, resta al potere.
In Austria, il pragmatico Primo Ministro di centro-destra, Sebastian Kurz, ha scelto l’anno scorso di formare una coalizione con i Verdi piuttosto che allearsi di nuovo con il nazionalista Partito della Libertà.
In Germania, la centrista Angela Merkel cederà presto il potere ad Armin Laschet, una figura simile che promette di continuare le sue politiche.
E, se è vero che la partenza della Merkel danneggerà il suo stesso Partito di centro-destra, è improbabile che i populisti tedeschi ne siano i beneficiari.
È un’Europa bel po’ lontana da quella di cinque anni fa, quando la Gran Bretagna aveva appena votato per lasciare l’UE, Marine Le Pen era in crescita, Wilders aveva il vento in poppa e i coltelli erano pronti per la Merkel sulla crisi dei migranti.
Ma, in tutta onestà, il nazionalismo in Europa non è ancora morto.
Il Regno Unito è ancora fuori, dopo tutto, e i populisti restano in carica in Ungheria e Polonia.
Quei populisti sono ancora un tale problema che l’Unione Europea sta rimuginando per la settemilionesima volta su come “trattare” con Ungheria e Polonia, come se queste nazioni dovessero essere punite per aver eletto democraticamente i propri leader.
Anche se il populismo non esercita attualmente molto potere, il suo spettro continua a perseguitare le élite europee.
In effetti, certi temi nazionalisti restano ostinatamente popolari, il che ha costretto i tecnocrati a cooptarli per poter sopravvivere.
Così Rutte, nelle elezioni olandesi del 2017, virò a destra sull’immigrazione, dicendo ai migranti di “comportarsi normalmente, o di andare via”.
Anche Emmanuel Macron, ultimamente, si è posizionato come una sorta di “guerriero della cultura”, dipingendo una Francia bloccata nella lotta tra laïcité ed estremismo islamico.
Ha anche trovato il tempo per sfidare “certe teorie di scienza sociale importate dagli Stati Uniti”, ripudiando ciò che noi chiameremmo la cultura dell’annullamento (in realtà, siamo noi ad aver importato il postmodernismo e la decostruzione dalla Francia).
Quindi, le forze che hanno animato il nazionalismo sono ancora molto reali, anche se i nazionalisti stessi sono rimasti con il naso schiacciato contro il vetro.
Cosa fare di tutto questo?
Una conclusione è che il nazionalismo è intrinsecamente dirompente per l’ordine stabilito ma, se è vero che gli elettori abbracciano a volte la provocazione, possono altrettanto facilmente reagire contro di essa in favore della stabilità.
Questo spiega in particolare il successo di Rutte, che non ha mai preteso di essere qualcosa di diverso da un “pastore dello Stato” di basso profilo.
Spiega anche la persistenza della Merkel che, con il suo basso profilo, ha superato la furia tedesca per la crisi dei rifugiati e i blocchi del Covid.
E il Coronavirus ha accentuato il desiderio di una mano ferma.
Draghi è salito al potere, in Italia, proprio perché molti populisti di destra hanno riconosciuto che il 2021 non era il momento ideale per disfunzioni di governo.
L’Europa è stata scossa da forti tensioni culturali sul Covid, proprio come gli Stati Uniti.
Ma, come accade anche in America, alla base di tutto questo c’è un forte bisogno di sicurezza, la sensazione che il Governo stia lavorando e che sappia cosa stia facendo.
Un’ultima lezione è questa: L’Unione Europea per il momento non va da nessuna parte.
Piuttosto che schiantarsi contro il prossimo domino, la Brexit ha visto altri paesi-membri fare un passo indietro e tirare un profondo respiro.
Questo non vuol dire che l’euroscetticismo si sia prosciugato o che i leader europei non usino (a volte) l’UE come una spada.
Tuttavia, anche figure nazionaliste come Wilders hanno fatto marcia indietro rispetto alle loro richieste di lasciare completamente l’Unione.
Anche il più imperialista dei blocchi sovranazionali può resistere se c’è abbastanza diffidenza nel mettere in discussione il suo status quo.
Quindi, è improbabile che vedremo presto una Frexit, un’Italexit, una Nexit o una Polexit (e via dicendo).
Tuttavia, quando la pandemia si affievolirà, quando tornerà una politica più regolare, quando la povertà aumenterà e le disuguaglianze si allargheranno, la spinta per il populismo potrebbe riaffermarsi molto rapidamente.
Aspettatevi che le elezioni presidenziali francesi del prossimo anno siano un primo test, visto che l’indice di gradimento di Macron resta in panne e la Le Pen si sta preparando per un’altra campagna da outsider.
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Link: https://www.theamericanconservative.com/articles/twilight-of-the-european-nationalists/
Scelto e tradotto da Franco