l’Alessandrino per mittdolcino.com
Alain de Benoist è un pensatore controverso. Il suo pensiero va oltre le etichette del quotidiano.
Egli delinea un mondo complesso, fatto di identità e interazioni, che supera l’imperante omologazione globalista e le sue atroci scorciatoie socioeconomiche, supportando il diritto all’autodeterminazione dei popoli e l’importanza delle comunità locali.
Non vede alcun paradosso nell’essere contrario all’immigrazione incontrollata e, allo stesso tempo, nell’essere antirazzista.
Non si beve le fandonie di un ecologismo sintattico da salotto.
È favorevole a un vero impegno ambientale supportato, però, da un serio metodo scientifico.
Vede nella comunità locale il punto focale dal quale ripartire per costruire una nuova Europa, scostandosi dall’ipocrisia di chi reclama l’importanza delle economie regionali solo a parole, mentre in realtà è servo del grande capitale.
Il suo punto di vista lucido e profondo è uno squarcio in quel velo di buonismo e paternalismo sostenuto dai padroni del discorso affinché ne venga legittimato il ruolo.
La sua voce indipendente risuona come un monito a una società che non sa più ascoltare e che non è più in grado di distinguere il vero dal falso.
Abbiamo fatto delle domande ad Alain de Benoist.
Le abbiamo fatte perché vogliamo capire quale direzione sta prendendo il funestato vascello dell’Occidente e quali acque agitate sta attraversando, con una leggerezza e un’inconsapevolezza che farebbe rabbrividire anche un idiota.
Vi presentiamo, quindi, la testimonianza di questo grande filosofo.
La sua onestà intellettuale ci aiuterà a riflettere su chi siamo e sul tipo di società nella quale vogliamo vivere.
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Qual è la situazione politica in Francia? I sondaggi danno Marine Le Pen in netto vantaggio su Macron. Secondo lei una sua vittoria potrebbe cambiare il volto dell’Unione Europea? Potrebbe provocare una frattura insanabile all’interno del blocco, sancendone così il crollo definitivo?
In Francia, le prossime elezioni presidenziali ci saranno tra un anno. Al momento, i sondaggi suggeriscono che Marine Le Pen riceverà più voti di Macron al primo turno e, quindi, passerà al secondo.
Tuttavia, in passato, tutte le previsioni fatte con così largo anticipo sono state smentite dalla realtà dei fatti.
Al momento, non conosciamo nemmeno la lista completa dei candidati. Non sappiamo nemmeno se Macron si ricandiderà.
Speculare sul risultato finale delle elezioni ha quindi poco senso.
Una vittoria di Marine Le Pen cambierebbe radicalmente il volto della Francia: sarebbe un fulmine a ciel sereno.
A livello europeo, però, non sarebbe così influente. Marine Le Pen, infatti, ha abbandonato l’idea di lasciare l’Unione.
A quanto pare, spera di cambiare le cose dall’interno. È molto difficile, comunque, fare delle previsioni.
Il populismo è come uno spettro che si aggira per l’Europa. A volte è più manifesto, altre volte si ritrae. Perché non viene affrontato in maniera seria dalle élite? Che cosa le spaventa del populismo?
La causa principale dell’ascesa dei movimenti populisti, negli ultimi 15 anni, risiede nella crisi di governabilità che ha colpito le democrazie liberali.
La disaffezione nei confronti di una democrazia rappresentativa che non rappresenta più nulla e il divario che si è allargato tra le élite al potere e il popolo hanno favorito prima l’astensione e poi il voto a partiti alternativi ai quali, in mancanza di un termine migliore, è stato dato il nome di “populisti”.
In effetti, questi partiti chiedono un maggior rispetto della sovranità popolare e una democrazia più diretta.
Il radicamento del fenomeno populista ha portato alla sostituzione dell’asse orizzontale della politica tradizionale (asse destra-sinistra) con un asse verticale che oppone le élite e le classi lavoratrici.
Tuttavia, i partiti populisti non possono essere ridotti a un modello unitario.
A parte le caratteristiche della storia nazionale di ogni paese, la ragione principale è che non esiste un’ideologia populista.
C’è solo uno stile populista, che può essere combinato con ideologie molto diverse.
Il populismo può essere, ad esempio, molto favorevole o molto ostile al liberalismo.
La paura che ispira alle oligarchie dominanti è semplicemente la paura del popolo.
La volontà delle oligarchie è di riuscire a governare senza il popolo, ma incontrano notevoli difficoltà.
È compito di ogni movimento populista giudicare se entrare in una “guerra” più radicale.
Che cosa pensa di Draghi? È una mossa disperata da parte delle élite per evitare le elezioni in Italia con la scusa della pandemia, mentre in tutto il mondo si vota senza problemi?
Non ho alcuna simpatia per Mario Draghi, perfetto rappresentante delle oligarchie dominanti che ho appena citato.
Per evitare nuove elezioni, è riuscito a formare un governo offrendo seggi a tutti i partiti.
I Cinque Stelle e la Lega hanno apparentemente accettato questa proposta, fatto che trovo sorprendente e di cattivo auspicio per il loro futuro.
Sono convinto che Draghi non durerà a lungo.
L’Europa può risorgere da questa crisi, o è destinata a diventare un secondo Impero Austro-Ungarico, tirando a campare per i prossimi cento anni?
Sarei molto felice se l’Unione Europea diventasse una specie di nuovo Impero Austro-Ungarico!
Purtroppo non è affatto questa la direzione che sta prendendo, perché ha scelto di essere al più un grande mercato, non una grande potenza.
L’UE è ora più debole, più povera e più divisa che mai.
Come Istituzione ha tolto la maggior parte della sovranità agli stati nazionali, ma senza trasferirla a un livello superiore.
Da un punto di vista geopolitico, l’Unione Europea è ancora essenzialmente allineata con gli Stati Uniti d’America, che ha interessi diametralmente opposti.
Da qualunque lato lo si guardi, penso che il futuro dell’UE sia piuttosto cupo.
Qual’è il ruolo della “pandemia”? Secondo lei questa “pandemia” è l’ultima mossa politica di un sistema ormai morente?
Non credo che la pandemia di Covid-19 sia stata creata dal nulla per limitare le libertà.
D’altra parte, credo che sia stata (e che lo sia tuttora) una meravigliosa opportunità per testare il grado di sottomissione delle popolazioni alle restrizioni delle libertà, decretate con il pretesto della “salute”.
In ogni caso, non si può che essere colpiti dalla sproporzione tra la realtà della pandemia (un virus “altamente contagioso”, ma la cui letalità non supera lo 0,5% delle persone colpite) e la straordinaria severità delle misure adottate su scala mondiale per sradicarlo.
Manca ancora il senno del poi per valutare in dettaglio la realtà.
La mia sensazione è che le conseguenze economiche, sociali e finanziarie dell’attuale “crisi sanitaria” saranno molto più devastanti delle sue conseguenze sulla salute pubblica.
Secondo lei si arriverà a uno scontro tra classi sociali? Tra il vertice della piramide e la sua base?
Siamo di fronte a un ritorno della lotta di classe che avrà un forte impatto sulle nostre vite.
Ci sarà uno scontro tra le oligarchie politico-mediatiche-finanziarie e le classi lavoratrici e medie in declino.
Non è più uno scontro destra-sinistra, ma uno scontro tra il “sopra” e il “sotto”, uno scontro tra le classi radicate (i “somewhere”) e le classi sradicate, transnazionali (gli” anywhere”).
Le classi lavoratrici sono le prime a subire gli effetti dell’immigrazione incontrollata e della precarietà sociale.
I Gilet Gialli in Francia sono stati solo i precursori di un’enorme rivolta sociale che potrebbe interessare, nei prossimi anni, la maggior parte dei paesi del mondo.
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L’Alessandrino
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