Vi presentiamo un’intervista a un grande giornalista italiano.
Grande nome del giornalismo italiano ha collaborato con quotidiani e settimanali italiani e stranieri, ha realizzato centinaia di reportage per la Rai, ha ideato e presentato programmi televisivi, girato film documentari su Che Guevara, Muhammad Ali, Fidel Castro, Rigoberta Menchú, il subcomandante Marcos, Diego Armando Maradona.
È stato editore e direttore della rivista Latinoamerica e tutti i sud del mondo dal 2000 al 2015 ed è stato direttore della collana di Sperling & Kupfer Continente desaparecido, dedicata a realtà e autori latinoamericani. Ha pubblicato numerosi libri sull’America Latina. Una leggenda vivente, che ha vissuto da protagonista l’Italia che eccelleva nel mondo, un’Italia fatta da un bel po’ di gente geniale come lui al “comando delle operazioni”, una tristezza paragonarla alla Penisola attuale….
Con noi ha approfondito il discorso del giornalismo, della comunicazione. Che cosa manca al giornalismo di oggi? Perché è in crisi? Perchè l’informazione viene troppo spesso vista più come un nemico della verità, oggi? Ci siamo fatti un po’ di domande, assieme al grande Gianni Minà.
Il primo messaggio è che, secondo Minà la proliferazione delle notizie ha abbassato la qualità dei contenuti.
Poi, i giovani, secondo Minà, sanno già cosa fare, sanno già come muoversi in questo mondo, che noi, un po’ più vecchi fatichiamo a percorrere. Con una chiosa sulla meritocrazia, in Italia, un discorso complesso…
Vi consiglio di leggere interamente questa bell’intervista a questo testimone di un grande tempo passato. Per noi un vero onore ospitarlo su questo sito.
Ringraziamo Gianni Minà di averci rilasciato quest’intervista: è ancora un gigante, nell’incedere del confuso panorama moderno, una parabola – quella della nostra società – sotto alcuni versi purtroppo discendente, da qualche decennio.
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Ci mancano le sue piacevoli interviste, con lo yin e lo yan dello spettacolo e della cultura, oggi difficili anche solo da pensare. Come va la sua vita da grande giornalista in ritiro?
Sono un privilegiato, come diceva sempre Muhammad Alì: “Ho percorso un tragitto unico nel suo genere, ho conosciuto persone e il mondo. Se anche Dio mi togliesse qualcosa, sono sempre in pari con la vita”.
Cosa è cambiato nel giornalismo attuale, rispetto ai suoi tempi? Non le sembra che la qualità sia scemata?
Certamente, ma l’informazione è cambiata contemporaneamente all’evoluzione (o involuzione) della nostra società, da vent’anni a questa parte. Con l’avvento della tecnologia, con la moltiplicazione dei canali audio e video, si è andati verso la proliferazione delle notizie, piuttosto che verso la qualità dell’informazione. Il bombardamento di news di tutti i tipi equivale a non essere informati.
Le Fake News: forse una volta eravamo più sprovveduti, ma il mondo è sempre andato avanti anche con giornalisti diciamo più naif se vogliamo (in realtà ad es. un Igor Man non avrebbe paura di nessuno anche oggi): cosa sta secondo Lei succedendo al giornalismo attuale?
C’è una forte crisi del giornalismo di inchiesta: andare a cercare la fonte costa, mandare un inviato sul luogo costa, mantenere un giornale costa e io lo so bene quando ho portato avanti per 15 anni, dal 2000 al 2015, insieme a mia moglie e ad Alessandra Riccio, la rivista “Latinoamerica e tutti i Sud del mondo“. L’avventura di editore puro è stata unica, irripetibile, ma oggi, come ho risposto alla domanda precedente, il giornalismo va in un’altra direzione. Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, sta per acquisire la storica testata The Washington Post, famosa per lo scoop del Watergate. Se un magnate del genere acquista una testata storica, vuol dire che si ritornerà, presto o tardi, a un giornalismo di qualità.
In questo mondo fatto ormai di contrapposizioni, anche verbali, se non violente certamente aggressive, come si può fare per ristabilire un equilibrio tra le parti, al fine di raggiungere una sintesi?
E’ un problema di rispetto delle parti, in fondo, di democrazia. Non siamo più abituati al confronto.
Il merito, questo sconosciuto: non le sembra che la meritocrazia sia davvero sparita dai radar in Italia, soprattutto nel settore pubblico? Ci ricordiamo il caso di Guglielmo il Dentone….
E’ una domanda, forse, un po’ retorica. La soluzione non la possiamo dare, né io né Lei, soprattutto con questa intervista. Questo tema dovrebbe essere analizzato dal punto di vista storico e culturale.
Mantiene ancora attivi i suoi fantastici contatti in giro per il mondo? Ed i suoi fantastici rapporti col sud America, ci racconti come sono nati…
Sento sporadicamente i miei amici. Molti se ne sono andati da questo mondo, molti sono vecchi come me. I miei ricordi li ho affidati al libro “Storia di un boxeur latino“. Lì c’è tutta la mia storia.
Cosa consiglierebbe oggi ad un giovane che vuol fare sano giornalismo, di quelli con contenuti, corretti nei confronti delle controparti e soprattutto obiettivi?
I ragazzi sanno meglio di noi cosa dovranno fare per essere giornalisti non asserviti al potere. Oggi è cambiata la forma, ma non la sostanza: essere un bravo giornalista vuol dire non fare il portavoce di qualcuno. Come ho detto, per fare giornalismo bisogna fare i conti con le tecnologie, anzi con la società delle piattaforme. Noi due, caro Mariam, siamo da tempo attrezzi del passato.
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l’Alessandrino
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