Redazione: proponiamo due brevi note sulle vicende mediorientali. A un primo approccio tratto da American Thinker, più legato all’analisi dei fatti, fa seguito un brano tratto da “Revue des Deux Mondes”, che propone un’analisi di ampio respiro, interpretando gli eventi come parte del più ampio attacco dei tristemente noti Fratelli Musulmani al mondo Occidentale. Buona lettura.
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Quali colpe in Medio Oriente?
Michael Curtis per The American Thinker
Albert Einstein scrisse, una volta, che “follia è fare la stessa cosa più e più volte e aspettarsi un risultato diverso”.
Ancora una volta, Hamas e la Jihad islamica hanno agito in modo violento e sconsiderato, sparando ogni giorno centinaia di razzi contro i civili, nel tentativo di sopraffare Israele che, per sopravvivere, dipende dal sistema anti-missile “Israel Iron Dome”.
Per far fronte alla minaccia, Israele ha risposto attaccando i tunnel sotterranei dove sono conservate le armi di Hamas.
Molti dei razzi sono dei missili sofisticati a lungo raggio, in grado di colpire ogni città d’Israele.
Due domande: da dove vengono questi razzi e come sono stati pagati, visto che i palestinesi, due milioni di persone, sono a corto di soldi?
Alcuni di quei razzi sono stati prodotti a Gaza, ma la maggior parte provengono dall’Iran, che li porta nella Striscia di Gaza attraverso tunnel scavati lungo il confine egiziano e via mare, anche se sarebbe in vigore un blocco navale approvato a livello internazionale.
In generale, l’Iran ha due obiettivi: finanziare il terrorismo proveniente da Gaza e bloccare l’“Accordo di Abramo”, un trampolino di lancio per la pace arabo-israeliana e un’alleanza contro la minaccia portata dall’Iran.
La vicenda attuale è solo l’ultima delle guerre, l’ultimo dei cosiddetti “cicli di violenza” che i palestinesi conducono periodicamente contro gli ebrei da quasi 75 anni.
L’Assemblea Generale dell’ONU, il 29 novembre 1947, adottò la Risoluzione 181 che divideva l’area del Mandato Palestinese in “uno stato ebraico e uno arabo”, con Gerusalemme posta sotto il controllo internazionale attraverso l’ONU.
Dopo alcuni assalti arabi agli insediamenti ebraici, la “prima guerra arabo-israeliana” ebbe luogo nel 1948, quando cinque paesi arabi invasero il territorio dello Stato d’Israele (fondato il 14 maggio 1948) con l’intenzione di distruggerlo [l’autore non cita la “Guerra dei Sei Giorni” del 1967, forse l’evento più squassante del conflitto israelo-palestinese, ndt].
Il Segretario della Lega Araba, Azzam Pasha, dichiarò: “Questa sarà una guerra di sterminio e un massacro epocale. Se ne parlerà come è stato fatto per i ‘massacri dei mongoli’ e per le Crociate”.
È interessante confrontare le due dichiarazioni fondamentali delle parti in conflitto:
1 — La dichiarazione della Lega Araba sull’invasione della Palestina, il 15 maggio 1948, affermava (sbagliando) che la Palestina fosse un paese indipendente fin dalla sua separazione dall’Impero Ottomano, ma che le manifestazioni di questa indipendenza erano state soppresse. La Palestina, affermava, è un “paese arabo” situato nel “cuore dei paesi arabi” e legato al “mondo arabo” spiritualmente, storicamente e strategicamente. La Lega Araba si farà carico del problema, portandolo anche nelle sedi internazionali.
2 — Al contrario, la Proclamazione d’indipendenza israeliana, emessa a Tel Aviv il 14 maggio 1948, dichiarava che: “Lo Stato d’Israele sosterrà la piena uguaglianza sociale e politica di tutti i suoi cittadini senza distinzione di razza, credo o sesso […] … Nonostante la sfrenata aggressione, invitiamo gli abitanti arabi dello Stato d’Israele a percorrere “la via della pace” e a fare la loro parte nello sviluppo dello Stato. Offriamo pace e amicizia a tutti gli stati vicini e ai loro popoli”.
Tornando a oggi, per valutare le responsabilità nell’attuale vicenda, possiamo considerare alcuni fatti che l’hanno scatenata:
1) Il primo è la questione del possibile sfratto di sei famiglie palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah. Una sentenza della Corte Suprema era prevista per lunedì 10 maggio, ma è stata rinviata su pressioni degli arabi. E’ parte di una questione più ampia: la Legge Israeliana permette agli ebrei di reclamare la terra di Gerusalemme Est che era di proprietà degli ebrei prima del 1948.
2) Un’altra questione è che un certo numero di famiglie arabe dei quartieri di Silwan stanno affrontando la demolizione di alcune case per far posto a un sito turistico.
3) Un altro fattore sono state le reazioni emotive dopo le minacce percepite, ma forse solo inventate, alla Moschea di Al-Aqsa. Apparentemente sono state causate dalle proteste contro i Poliziotti israeliani e le autorità entrate nella Moschea il 13 aprile, per sospendere la trasmissione delle preghiere mentre il Presidente israeliano teneva un discorso.
4) Un altro problema è stato la decisione della Polizia di chiudere la piazza di fronte alla Porta di Damasco per evitare grandi assembramenti.
5) Ma la cosa più importante, è la rivalità inter-palestinese fra Hamas, che governa Gaza, e il movimento Al Fatah (guidato da Mahmoud Abbas), che governa la Cisgiordania. Hamas è diventata più ambiziosa e spericolata. Vuole che i palestinesi credano che sia lei, e non l’Autorità Palestinese, a difendere la Moschea di Al-Aqsa e a guidare la lotta per la ‘liberazione dei palestinesi’.
6) Un altro problema è stato causato dalla cancellazione da parte di Abbas delle elezioni, le prime dopo sedici anni, che si sarebbero dovute tenere il 22 maggio 2021 in Cisgiordania. La preoccupazione era che Hamas avrebbe battuto Al Fatah e quindi dominato la Cisgiordania così come avviene a Gaza.
Questi problemi e le rimostranze storiche esistono sul serio e non possono essere sottovalutate.
Ma non possono essere una giustificazione per gli attacchi di Hamas, con missili e droni, contro i civili israeliani.
Come al solito, Israele viene accusato di aver risposto agli attacchi. Questo spiega la polemica sul bombardamento della Jala Tower, l’edificio di Gaza che ospitava l’Associated Press e Al Jazeera.
Ma è certo che Hamas vi mantenesse una sua presenza militare (nel 2014 il fatto venne denunciato dal giornalista Matti Freidman) e, quindi, l’edificio era un obiettivo legittimo.
Il motivo dell’ostilità di Hamas verte sull’occupazione di quella regione da parte degli ebrei [ma abbiamo visto che, ora, agisce come longa manus degli interessi iraniani, ndt].
Il “Mandato della Palestina” era un’entità politica prodotta dalle “grandi potenze” dopo la 1a Guerra Mondiale, emanazione del potere coloniale britannico.
Il fatto cruciale è che la Palestina non era un’entità geografica o politica e che il “mandato britannico” taceva sui palestinesi.
Imperversa il mito che i palestinesi fossero legati a quell’area mediorientale da tutta l’eternità. Di conseguenza, l’esodo di 600.000 palestinesi da Israele, nel 1948, viene definito dagli attivisti filo-palestinesi come la Nakba, la catastrofe.
Ma si dimentica che, al contempo, 900.000 ebrei furono cacciati dalle loro case nei paesi arabi.
Inoltre (anche se nessuno lo dice), gli arabo-israeliani (ovvero i palestinesi che rimasero quando fu fondata Israele) hanno pieno “diritto di cittadinanza”.
Gli 1,8 milioni di arabo-israeliani discendono da quelli che rimasero in Israele nel 1948. Votano e ricevono gli stessi benefici sociali degli ebrei, anche se esiste una certa discriminazione nell’assegnazione degli alloggi e nei servizi pubblici.
Gli arabi servono come Giudici della Corte Suprema, Ministri e Ambasciatori. Dodici sono nell’attuale Knesset.
Inoltre, la maggior parte dei palestinesi parla correntemente l’ebraico e nessuno di loro deve prestare i due anni obbligatori di “servizio militare nazionale”, tranne i drusi.
Israele, come tutti i Paesi di questo mondo, non è certamente esente da colpe (anzi!), ma ha comunque cercato di allentare le tensioni.
La comunità internazionale dovrebbe rifiutare la falsa equivalenza e riconoscere — come ha fatto il Segretario di Stato Antony Blinken — che c’è una distinzione chiara e assoluta tra un’”organizzazione terroristica”, Hamas, che non si ferma davanti a nulla nel tentativo di uccidere ebrei, e lo Stato d’Israele, che risponde agli attacchi.
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Qual è il vero nome di Hamas?
Valérie Toranian per Revue des Deux mondes
Da “causa nazionale del mondo arabo” degli anni ’60, il Movimento Palestinese è diventato nel corso del tempo una “causa islamista”.
Il dominio ideologico di Hamas, un “gruppo terroristico islamista” legato ai Fratelli Musulmani (sostiene nel suo statuto la pura e semplice distruzione d’Israele, per non parlare delle posizioni negazioniste sulla Shoah), ne è un esempio.
Formatosi in opposizione ad Al Fatah e all’Autorità Palestinese, dagli anni 2000 quel gruppo terroristico ha incarnato, fra i giovani palestinesi, il nuovo “fronte del rifiuto”: i suoi combattenti vogliono continuare la lotta fino alla morte o all’espulsione dell’ultimo ebreo da Israele.
A Gaza sono loro i padroni.
La loro ideologia è un misto di Islam radicale, educazione antisemita e posizioni di rara durezza.
Ricevono sostegno e armi principalmente dal Qatar e dalla Turchia, Paesi legati ai Fratelli Musulmani cui sono ideologicamente vicini. Hanno anche beneficiato dell’appoggio dell’Iran, il cui programma politico include anch’esso la distruzione d’Israele.
Eletti dai palestinesi in reazione alla scandalosa corruzione di Al Fatah (pur essendo essi stessi molto corrotti …), hanno condotto il loro popolo in un’impasse politica, rifiutando qualsiasi compromesso territoriale.
I palestinesi hanno diritto a uno Stato. Meritano un’élite che creda in loro e che li conduca a una soluzione politica.
Ma chi vuole davvero assumersi, all’interno dei “movimenti palestinesi” (a parte qualche isolato intellettuale), la scelta di discutere con Israele, di normalizzare le relazioni, d’immaginare un futuro regionale se non armonioso almeno pacifico? Certamente non Hamas.
Ancora meno da quando l’islamismo è diventato una questione globale per destabilizzare le Democrazie Occidentali.
Il conflitto israelo-palestinese è uno degli “stracci rossi” che vengono sventolati, quando necessario, per infiammare il popolo musulmano, per fargli dimenticare che vive sotto il dominio di dittatori, profittatori o islamisti radicali che hanno bisogno di alimentare permanentemente la macchina antioccidentale per far dimenticare le proprie turpitudini.
Chi, tra gli Stati Arabi, vuole sinceramente far avanzare il processo di pace?
Quarant’anni fa il sostegno ai palestinesi era il cemento del mondo arabo. Ma quel periodo è finito. La battaglia che scuote il mondo musulmano è ora tra sunniti e sciiti.
Gli “Accordi di Abramo” del 2020, che hanno normalizzato le relazioni fra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco (dopo la normalizzazione di quelli con Egitto e Giordania), sono innanzitutto la consacrazione di un asse sunnita, anti-sciita e anti-iraniano.
Successo diplomatico di Jared Kushner, genero di Donald Trump, questi accordi non fanno quasi nessun riferimento al conflitto israelo-palestinese e sottolineano semplicemente un vago e comune desiderio di far avanzare il processo di pace.
Parole pie, al punto che alcuni osservatori arabi avevano denunciato la “sepoltura della causa palestinese”. L’islamismo, in effetti, inghiotte e digerisce tutte le vicende regionali per volgerle a proprio vantaggio.
Le molte occasioni perse per ottenere la pace hanno portato Israele su posizioni sempre più dure.
I gruppi ultranazionalisti fanno e disfano alleanze nella Knesset. È impossibile formare un governo senza di loro. Hanno un sacco di voti e la loro crescente influenza è anche il risultato della situazione di stallo.
Come e con chi negoziare? Benyamin Netanyahu non ha problemi a mostrarsi inflessibile. I socialdemocratici-liberali degli anni ’70 e ’80, quelli che tendevano la mano, sono diventati del tutto marginali.
Per diversi giorni una pioggia di razzi lanciati da Hamas si è riversata su Israele e l’Esercito israeliano ha risposto bombardando Gaza.
All’origine dell’escalation le tensioni a Gerusalemme Est, i raduni e le manifestazioni represse, come succede spesso durante il Ramadan.
Mahmoud Abbas, Capo dell’Autorità Palestinese (ha appena rinviato per l’ennesima volta le elezioni nei territori amministrati, perché teme di perdere contro Hamas), sta deviando l’attenzione della sua gente.
Poiché la “Spianata delle Moschee” è stata chiusa dall’Esercito israeliano, egli ha fatto appello all’insurrezione.
Hamas ha preso la leadership militare della risposta lanciando un diluvio di razzi su Tel Aviv, Lod, Ashdod, Ashkelon, Rehovot, Ramat Gan, Givatayim e Gerusalemme.
Se la sofisticata tecnologia dell’“Iron Dome” non permettesse di neutralizzare gran parte di quei razzi, il bilancio civile sarebbe davvero tragico.
Nonostante gli avvertimenti dell’Esercito israeliano prima degli attacchi, le vittime civili palestinesi sono numerose.
Hamas si installa negli edifici civili, che usa come veri e propri scudi umani. E’ in questo modo che sono stati uccisi almeno duecento palestinesi.
Nelle città dove convivono arabi e israeliani, abbiamo assistito a veri e propri pogrom sui quartieri ebraici: sinagoghe e negozi bruciati, identificazione delle case ebraiche da parte degli abitanti arabi, saccheggi.
Scene che ricordano le ore buie della cacciata degli ebrei dall’Egitto. Solo che questo sta accadendo in Israele …
Poiché la violenza porta violenza, gli ebrei di estrema destra hanno attaccato a loro volta gli arabi.
Ma in quelle stesse città — prova che ebrei e arabi condividono le stesse paure e hanno anche le stesse speranze — ci sono state anche manifestazioni miste per chiedere la pace.
Le colombe non sono tutte morte.
Questa tragica conflagrazione non è solo un’altra pagina dell’intrattabile conflitto israelo-palestinese.
È anche un episodio della guerra che l’islamismo sta conducendo contro l’Occidente. Israele è una democrazia. Praticamente l’unica della regione.
La nostra simpatia deve andare a tutte le vittime. Ma non fraintendiamo su chi siano in realtà i nostri avversari …
In questa guerra condotta contro la democrazia da “organizzazioni terroristiche islamiche”, che sognano di eliminare i miscredenti e lo stile di vita occidentale, è lo stesso concetto di civiltà a doverci legare. E dev’essere difeso.
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1° articolo:
Link: https://www.americanthinker.com/articles/2021/05/whose_fault_in_the_middle_east.html
Scelto e tradotto da RobertoX
2° articolo:
Link Originale: https://www.revuedesdeuxmondes.fr/de-quoi-le-hamas-est-il-le-nom/
Scelto e tradotto da Franco
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