Vi presentiamo la nostra intervista all’onorevole Gianluigi Paragone, fondatore, nonché leader del partito Italexit.
Dopo l’intervista al Membro del Parlamento Britannico Sir John Redwood, abbiamo voluto invitare un grande protagonista della politica italiana, le cui idee non sono dissimili a quelle della parte euroscettica della politica inglese.
Lo Stato Nazione ha una sua valenza. È un attore centrale nello scacchiere politico e geopolitico del mondo. Non importa se grandi sconvolgimenti stanno avvenendo, la Patria avrà sempre un ruolo fondamentale nella vita dei suoi cittadini.
Questo concetto ci riporta al cuore della questione: chi siamo? Chi siamo in quanto italiani? Quali sono i nostri valori?
L’Italia, per cultura e per tradizione, non riesce a omologarsi ai parametri di Bruxelles. Noi infatti siamo tipicità, località, identità. I nostri nonni ne sono l’esempio più concreto. La grande Italia che abbiamo conosciuto (e che secondo me rivedremo, perché si risveglierà come una Fenice dalle sue ceneri) era una nazione orgogliosa di se stessa, della sua cultura contadina e legata alla terra.
Le competenze italiane si esprimono bene nel piccolo, nel famigliare, nella comunità. Tuttora ci sono milioni di aziende piccolissime che competono con grande successo nel mondo contro giganti finanziari, il cui scopo a volte sembra solo di fare tabula rasa dietro di sé.
Che questa intervista ci stimoli una riflessione. Il mio riferimento alla riflessione è volutamente letterale. Riflettiamoci nello specchio della storia. Senza paura, senza pregiudizi, senza rancori. Chi vediamo? Chi siamo?
Mi sovviene alla memoria Silvio Pellico e il suo sacrificio. Un grande sacrificio: perché fu fatto per una Nazione che ancora non esisteva, ma che per il giovane piemontese era già una realtà.
Quanto amiamo questa nostra Italia? Questa nostra “povera patria, schiacciata dagli abusi del potere”?
Ringraziamo l’Onorevole Gianluigi Paragone per questa sua testimonianza: uno dei pochi politici che ancora credono in un’idea, che per molti è obsoleta, ma che per altri è reale e viva: l’Italia.
Per maggiori informazioni vi consiglio i seguenti siti:
https://italexit.it
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Credo che non si possa cambiare l’Unione Europea dall’interno. Il blocco UE va fatto saltare e basta. Sei pronto a proporre misure anche drastiche a difesa dell’Italia?
Una volta che abbiamo chiarito il concetto che l’Europa non può essere riformata. È un grave errore pensare di poter cambiare l’Europa dall’interno, di battere i pugni sul tavolo e di credere di essere ascoltati.
Quante volte abbiamo sentito questa storia. Chi pensa di poter fare questo o non ha capito o ha tradito i suoi ideali. Perché qualcuno ha abdicato alle sue idee.
Noi dobbiamo trovare un modo per combattere contro un soggetto – e parlo dell’Unione Europea – che secondo me è destinato a consumarsi.
Quindi come si esce dall’Unione Europea?
Credo che sia necessario partire da una prova di forza. Solo attraverso un ampio consenso democratico Italexit potrà rivolgersi al Capo dello Stato e affermare che i voti presi hanno uno scopo ben preciso: traghettare l’Italia fuori dall’Unione Europea e dall’Eurozona.
Un po’ come l’Ukip di Farrage..
Penso che non debba essere soltanto un partito di scopo, che raggiunto l’obiettivo, si scioglie. Se raggiungiamo il nostro obiettivo è perché sappiamo di cosa stiamo parlando: noi respingiamo il modello neoliberista, che non solo è funzionale all’Unione Europea, ma ne è proprio il fondamento. Quindi una volta smontata la tesi portante di questo sistema, avremo bisogno di tornare a fare politiche per i cittadini e per lo Stato.
Che cosa intendi?
Intendo difendere gli interessi della comunità che si riconosce nello Stato. Come? Formando una classe dirigente capace e preparata, con un forte senso dello Stato, moralmente integra e non corruttibile.
Noi non siamo un partito di scopo. Noi vogliamo uscire dall’Eurozona, che consideriamo asfissiante per il nostro Paese, e poi vogliamo innalzare una nuova impalcatura.
In quale modo realizzeresti l’impalcatura di un nuovo Stato?
La bellezza dell’Italia sta nelle sue particolarità, nei suoi localismi, nella forza e nella competenza della microimpresa e delle PMI. Finora ho visto difendere finanza e multinazionali; col PNRR sarà sempre più così. Noi, dentro la standardizzazione, perdiamo.
Noi siamo tipicità, territorio, identità. Soltanto difendendo la comunità Italia, con tutte le sue differenze, le sue piccole rivalità, i suoi individualismi, potremo respingere e reagire al disegno neoliberista. Che riduce tutto a un unico grande mercato. Questa è la nostra forza. Questa è la nostra carta vincente contro il modello globalista imperante.
Come possiamo creare una classe dirigente capace e seria con un forte senso di patria, che risponda ai cittadini e non a interessi oscuri e diametralmente opposti alla nazione? Figure come Mattei o comeOlivetti e le rispettive aziende che hanno gestito, non potrebbero rappresentare un motivo di studio e un punto di ripartenza per una rinascita?
Figure come Olivetti e Mattei sono molto importanti. Non dimentichiamoci, però la forza del sapere contadino, che ha fatto grandi battaglie, che ci ha consegnato un sapere antico, portatore di valori e di tradizioni.
Mio nonno apparteneva a questo modello di società. Come altri nonni, che magari avevano la terza elementare, ma nel loro piccolo hanno giocato un ruolo importante nella crescita italiana, basata sul risparmio, sulla non esposizione al debito privato e sulla conoscenza del valore della terra.
Quindi dobbiamo riscoprire quel sapere?
Credo proprio di sì. I nostri nonni spesso ci dicevano che se una cosa non ce la potevamo permettere, non dovevamo comprarla. I nostri nonni attribuivano un grande valore alla casa, sapendo che la proprietà di una casa è ricchezza. E per questo valore, per questo bene, di cui tuttora godiamo, erano disposti a fare sacrifici.
Questi sacrifici venivano fatti all’interno di un sistema bancario che scommetteva insieme ai nostri nonni sulla forza di quel territorio che ora è abbandonato a se stesso. Quindi veniva a formarsi un sistema virtuoso, nel quale si scommetteva sull’ascensore sociale e sulla garanzia dei diritti.
Come mai oggi questo non c’è più? Che cos’è successo?
Oggi le banche giocano un’altra partita. Il contratto a tempo indeterminato è stato completamente smontato e nella narrazione viene considerato un qualcosa di anacronistico. L’ascensore sociale si è inceppato. Ma non si è inceppato perché difettoso. Si è inceppato, perché l’hanno voluto smantellare.
Come possiamo limitare il fenomeno del cosiddetto “revolving doors”, in modo tale da renderlo anche vantaggioso anche per gli interessi nazionali?
La cultura del Chicago Boys, che ha preso piede negli anni Ottanta, è responsabile di quanto sta accadendo in Italia e non solo. L’idea compulsiva del profitto, la facilità con la quale venivano promessi guadagni a brevissimo termine e la realizzazione di essi, hanno fatto sì che molti imprenditori italiani cominciassero a diversificare e investire nella finanza privata.
Solo dopo hanno capito l’inganno di quel demone. Quando è scoppiata la bolla finanziaria, si sono accorti dell’errore commesso. Perché molti di loro hanno perso non solo l’azienda, ma anche la casa e i risparmi.
Quindi era tutto un inganno?
Voglio parlarvi di un libro che sicuramente conoscete: Le Avventure di Pinocchio. Considero questo testo fondamentale per capire cosa sta accadendo da anni: l’inganno del Gatto e la Volpe su Pinocchio altro non è che l’inganno dei soldi che crescono nel Campo dei Miracoli, senza faticare.
Quanto è importante l’educazione, perché mi sembra di capire che è una cosa culturale, per la costituzione di una società meritocratica? Che cos’è per te la meritocrazia?
Bisogna fare un’adeguata distinzione tra cultura e meritocrazia. Cultura e meritocrazia non possono appartenere alla retorica delle élite. La società contadina è una cultura. Lo stesso vale per le micro e piccole imprese o per il lavoro.
L’ascensione sociale si basa sulla meritocrazia. La meritocrazia è anche una sana competizione individualistica. L’individualismo non coincide con l’egoismo.
Che differenza c’è tra questi due termini, che spesso vengono confusi?
L’egoismo può portare a una distorsione della realtà, creando i presupposti per una società del tutti contro tutti: homo homini lupus. L’individualismo invece fa parte della grandezza dell’Italia.
È l’individualismo famigliare che ha arricchito i borghi e le città italiane di torri, palazzi, ponti meravigliosi. Oppure l’individualismo che fa da sfondo alla sfida tra Maserati, Ferrari e Lamborghini. Questo è un individualismo sano.
Per cui l’individualismo può fare del bene, se c’è una sana competizione.
La conflittualità dell’individualismo non porta di per sé il male. Quando bisogna stare attenti? Quando viene socialmente accolto il paradigma che più soldi fai, più sei bravo e quindi meriti di essere al vertice della società stessa di decidere per essa. Quando la finanza domina sull’economia, comincia il disastro. Assistiamo a questo spettacolo tutti i giorni. Il punto è capire che cos’è il merito e come può essere funzionale a un nuovo modello di società, fuori dalle logiche forsennate di profitto.
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l’Alessandrino
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