Tim Kirby via The Strategic Culture Foundation
C’è molto ottimismo sul prossimo incontro fra Biden e Putin. Sarà il loro primo incontro da quando Biden ha preso posto dietro la bella scrivania dello Studio Ovale.
Ci sono molte questioni sul tavolo e c’è molta eccitazione nella stampa politica sia in Occidente che, soprattutto, in Russia.
C’è la crescente convinzione che questo meeting possa essere un “punto di svolta” e che possa fornire, quanto meno, una piccola spinta positiva alle relazioni fra i due Paesi.
Questo wishful thinking, anche se piacevole da un punto di vista morale, non riflette la realtà dell’attuale divisione fra Stati Uniti e Russia.
Quest’incontro non sarà una sorta di “nuovo inizio” per le relazioni fra i due Paesi e, probabilmente, assomiglierà a un festival dell’ipocrisia, dove si farà finta di ascoltarsi l’un l’altro.
I russi sospetteranno di qualsiasi offerta proveniente da Washington a causa semplicemente del recente passato.
Più di dieci anni fa, quando Obama era ancora pieno di “Speranza e Cambiamento”, il suo nuovo esuberante Segretario di Stato, Hillary Clinton, con un grande sorriso presentò al Ministro degli Esteri, Lavrov, il famigerato “Russian Reset Button”.
Sul pulsante rosso, invece della parola “Reset”, c’era accidentalmente scritta la parola “overload”.
Quest’errore — dovuto al desiderio di far sembrare che Washington si fosse davvero preoccupata d’imparare una parola di russo — è stato davvero eloquente perché, durante la breve stagione del “Reset Russo”, la macchina del Soft Power americano lavorava giorno e notte per organizzare gli eventi di Piazza Maidan a Kiev.
Dal punto di vista occidentale, quella rivoluzione era l’ennesima prova che i popoli dell’Europa Orientale non volevano avere niente a che fare con Mosca ma, dal punto di vista russo, Maidan fu l’inizio di un incubo senza fine.
Tutto questo portò allo scoppio della guerra fratricida nel Donbass, al ritorno del neonazismo in Europa e al razzismo sistematico che i russofoni devono sopportare nello “Zimbabwe d’Europa”.
Dopo un’esperienza del genere, ci si può davvero aspettare un po’ di ottimismo, da parte russa, solo perché Biden ha fatto un passo indietro sulla questione del Nord-Stream 2?
Oltre all’amaro precedente, la questione-chiave nelle relazioni USA-Russia è che i due Paesi sono di nuovo bloccati in un gioco a somma zero, ma con una dinamica diversa rispetto al periodo della Guerra Fredda.
La Russia vuole imporsi come una delle potenze di un mondo multipolare mentre gli Stati Uniti, in ossequio al “Progetto per un nuovo secolo americano”, vogliono assicurarsi che nessun concorrente possa emergere, mantenendo il vantaggio di chi ha vinto la Guerra Fredda.
Di conseguenza, nessuna delle due parti può sperare di ottenere ciò che vuole dall’altra (a meno che, in America, le cose non siano peggiori di quello che sembrano), trasformando quest’incontro in un improbabile Vertice di Reykjavík al contrario.
A questo punto, diamo un’occhiata a quello che c’è sul tavolo e vediamo insieme perché non potrà esserci alcun progresso:
— La Crimea. Gli Stati Uniti vogliono che questa penisola torni all’Ucraina. Ma, se la Russia lo facesse, rimuoverebbe sé stessa dal Mar Nero e ucciderebbe qualsiasi sua ambizione di diventare una potenza mondiale.
Sarebbe la fine anche del Presidente Putin, che sarebbe visto come un traditore.
Restituirla è impossibile. Qualsiasi supplica russa perché la Crimea venga riconosciuta come parte della Russia troverà orecchie sorde perché creerebbe un precedente per molte altre regioni, come l’Abkhazia, l’Ossezia del Nord e la Transdniestria.
Washington non può permettere che si verifichi questo effetto-domino.
— Alexey Navalny. Analogamente a Lenin, è vissuto nel comfort grazie al sostegno dell’Occidente, nutrendo la stessa ambizione di Eltsin: lottare per la grandezza attraverso la sottomissione.
È in prigione per violazione della libertà condizionata e Putin non lo perdonerà. Anche quando la sua pena sarà finita, questo palese “candidato manciuriano” non avrà mai lo status che Washington vorrebbe per lui.
— Il Donbass. La Russia non rinuncerà a sostenere quella regione e gli Stati Uniti non daranno mai il via libera alla divisione, peraltro logica, dell’Ucraina.
Se il Donbass dovesse “vincere”, la Russia finirebbe per ottenere tutta l’Ucraina, visto che la maggioranza della popolazione vuole “tornare a casa”.
Al contrario, se la Russia dovesse gettare il Donbass ai cani, collasserebbe di conseguenza il sostegno patriottico per l’establishment di Mosca.
— Questioni climatiche. Visto che il cambiamento climatico è un “segnale di virtù” davvero irrilevante, si potrebbero fare molti “progressi” su quel fronte.
— Interferenze russe. I Democratici credono che i russi siano dietro a una montagna di cospirazioni, ma questi sostengono di non aver fatto niente.
La questione resterà stagnante. I Democratici potrebbero abbandonare questa narrazione, ma non vale la pena usarla come merce di scambio perché ai russi non interessa davvero.
— Sanzioni. Entrambe le parti sembrano abbastanza soddisfatte del “lungo e amaro” divorzio che stanno attraversando.
Viaggiare fra i due Paesi è ora difficile e le sanzioni sembrano soddisfare l’umore di entrambe le parti. È improbabile che la situazione possa cambiare perché non c’è alcuna motivazione per farlo.
Washington vuole la Russia fuori dall’economia europea e la Russia sta beneficiando dell’isolamento economico conseguenza delle sanzioni. È una vittoria per tutti così com’è.
Non c’è davvero nulla di sostanziale che possa cambiare come conseguenza di quest’incontro.
L’unico possibile risultato è che Mosca, ancora una volta, “calpesti lo stesso rastrello” — come dicono i russi — e comprerà i vuoti buoni sentimenti che gli americani proiettano continuamente.
I russi pensano che le persone troppo sorridenti siano spesso patetiche, stupide e generalmente innocue.
L’altra questione è che i russi non possono e non vogliono accettare il fatto che l’Occidente li veda come esseri umani di seconda classe e che, di conseguenza, qualsiasi accordo fatto con loro non conti niente.
Gli unici guadagni che possono derivare da quest’incontro sono di natura emotiva e a vantaggio degli Stati Uniti.
In questo tipo di scenario, il desiderio russo di accettazione sociale è la sua più grande debolezza, ma si spera che i russi abbiano finalmente imparato la lezione.
*****
Scelto e tradotto da Franco