Authored by Pingping Yu via The Epoch Times
Il 7 giugno alcuni siti web in lingua cinese hanno sostenuto che il Primo Ministro italiano, Mario Draghi, in un’intervista concessa alla RAI avrebbe ammesso che la pandemia di Covid-19 aveva avuto origine in Italia.
I cinesi hanno detto che, nell’estate del 2019, l’Italia aveva scambiato i focolai del Covid a Milano, Genova e Venezia per una semplice influenza.
Ma si trattava di una falsa notizia.
Lo stesso pomeriggio, l’Ambasciata Italiana a Pechino ha rilasciato questa dichiarazione: “L’Ambasciata Italiana sottolinea con forza che il contenuto dell’articolo sulle osservazioni del Primo Ministro è una totale bugia, priva di qualsiasi fondamento”.
Questo è successo poco dopo il veto posto dall’Italia al tentativo di acquisizione da parte della Cina della LPE, una produttrice di semiconduttori con sede a Milano.
Non c’è modo di sapere se il falso rapporto sulle origini del Covid-19 fosse una ritorsione di Pechino per l’accordo abortito, ma certamente non ha alleviato la tensione fra i due Paesi.
5 motivi per cui l’Italia sta raffreddando le sue relazioni con la Cina
Il blocco dell’acquisizione è stato un brusco cambiamento di rotta per la nazione europea, che aveva coltivato una stretta relazione con il regime di Pechino.
Nel 2019 l’Italia, sotto la guida dell’ex Primo Ministro Giuseppe Conte, diventò il primo Paese del G7 ad abbracciare la Belt and Road Initiative (BRI), contro il parere degli Stati Uniti e di altri membri del G7.
Nel 2020, l’Italia fu il paese europeo più colpito dalla pandemia e la Cina, all’epoca, donò 31 tonnellate di dispositivi di protezione individuale e di kit per il test del virus, inviando al contempo una dozzina di medici esperti per sostenere la risposta sanitaria.
[In realtà, i dispositivi medicali furono regolarmente acquistati e, in alcuni casi, si trattava di merce precedentemente donata dall’Italia alla Cina — https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/21783445/roberto_burioni_cina_coronavirus_rivendute_mascherine_donazione_italia_business_nascosto.html — ndt]
L’Italia, inoltre, è sempre stata uno dei membri dell’UE più favorevoli alla Cina. Fra il 2000 e il 2019 ha ricevuto 15,9 miliardi di euro d’investimenti cinesi — la terza maggior beneficiaria in Europa.
I recenti problemi finanziari hanno favorito l’acquisizione di Imprese Italiane da parte di diverse società cinesi.
A partire dal 2020, più di 400 gruppi cinesi avevano partecipazioni in 760 aziende italiane, presenti in “settori strategici o altamente redditizi”.
Ma il cambiamento d’approccio sulla Cina non ha sorpreso esperti come Cheng Chin-mo, Direttore del “Dipartimento di Diplomazia e Relazioni Internazionali” dell’Università Tamkang di Taiwan.
“Questo dimostra il disfacimento della diplomazia cinese in Europa” — ha detto Cheng a The Epoch Times — “Ci sono cinque ragioni alla sua base”.
Innanzitutto, anche se la “diplomazia delle mascherine” ha contribuito ad alleviare alcune immediate carenze di approvvigionamento per l’Italia, quel Paese non può dimenticare che la Cina, mascherando l’epidemia di Coronavirus, ha causato una catastrofe.
Gli italiani hanno avuto quattro milioni d’infezioni e quasi 127.000 morti per la malattia causata dal virus del Partito Comunista Cinese.
“La pandemia è stata devastante per l’economia italiana, che era già in difficoltà, con una contrazione di quasi l’11%. Le mascherine facciali gratuite [?, ndt] non sono sufficienti per eliminare le nuvole”, ha detto Cheng.
Che ha aggiunto: “In secondo luogo, la Cina si è fatta una cattiva reputazione nella condotta degli affari. Le imprese e gli investitori cinesi violano i regolamenti e gli accordi locali, turbando profondamente i partner europei”.
Quando nel 2019 fu firmato il BRI MoU, il denaro cinese fu accolto con entusiasmo, in Italia.
Ma, da allora, il Paese non ne ha tratto alcun beneficio materiale. Al contrario, alcune imprese italiane sono addirittura fallite dopo aver iniziato a collaborare con la Cina.
“In terzo luogo” — ha detto Chang — “la warrior diplomacy della Cina ha letteralmente spento molti fan. In effetti, in risposta alle sanzioni dell’UE sul genocidio degli uiguri nello Xinjiang, il Ministero degli Affari Esteri cinese ha detto che le sanzioni erano basate su ‘nient’altro che bugie e disinformazione’, chiedendo a Bruxelles con notevole arroganza di ‘riflettere su se stessa e di affrontare la gravità del suo errore, smettendo al contempo d’interferire negli affari interni della Cina’”.
La posizione politica di Draghi è il quarto fattore, ha detto Cheng: “Draghi, che ha un atteggiamento molto amichevole verso gli Stati Uniti e l’UE, ha descritto la sua politica estera come ‘fortemente pro-europea e atlantista, in linea con i legami storici dell’Italia’.
In effetti, poco dopo la sua nomina Draghi ha riaffermato l’appartenenza alla NATO e la storica amicizia fra Italia e Stati Uniti.
Il veto all’accordo per l’acquisizione della LPE è stato visto come un segnale da parte della nuova Amministrazione Italiana, determinata ad arginare l’influenza politica ed economica di Pechino.
Infine, secondo Cheng, gran parte del mondo si sta rivoltando contro la Cina.
Lo sforzo internazionale guidato dagli Stati Uniti per frenare l’espansione globale della Cina comunista e le violazioni dei diritti umani (così come l’indagine sul ruolo della Cina nello scoppio della pandemia), hanno incoraggiato i Paesi del G7 a parlare apertamente e ad agire contro le atrocità del PCC (lo avevano evitato per anni, temendo di danneggiare i loro rapporti commerciali con la Cina)
Nel frattempo, l’Europa sta diventando molto più diffidente sulla minaccia posta dal PCC alla sicurezza globale — e in particolare contro gli strumenti d’infiltrazione del PCC, quali la Huawei e il Confucius Institute.
L’Italia è ancora influenzata dalla propaganda del PCC
Tuttavia, il sentimento pubblico verso il regime cinese potrebbe richiedere, per cambiare, un po’ di tempo, visto che molti media nazionali italiani hanno pubblicato frequentemente contenuti pro-regime e che la mentalità dei loro giornalisti è stata infiltrata dalla propaganda del PCC.
Francesco Galietti, del thinktank Policy Sonar con sede a Roma, ha detto a Breitbart che “i cinesi hanno infiltrato i media italiani al 100%”.
Breitbart ha anche rivelato, in un rapporto del 7 giugno, che una serie di video in lingua italiana sulle “Citazioni di Xi Jinping” (sviluppata dal China Media Group di proprietà statale cinese) è stata trasmessa su Mediaset e Cinitalia: “L’ANSA ha pubblicato fino a 50 articoli al giorno, in lingua italiana, della Xinhua News Agency (il servizio d’informazione statale del Partito Comunista Cinese), omettendo di dire ai suoi lettori che il Governo Cinese gestisce tutti i suoi contenuti”.
Inoltre, il quotidiano Il Giornale pubblica regolarmente la propaganda del PCC fin dal 2019.
In un articolo dello scorso maggio, ha sostenuto che i rapporti sul genocidio del popolo uiguro erano una mera “manipolazione mediatica degli eventi, realizzata per sfruttare la preoccupazione sui diritti umani e per promuovere l’agenda di politica estera dell’America”.
Inoltre, Breitbart ha notato che una rivista pubblicata da Cinitalia “ammette apertamente di produrre i suoi contenuti in lingua italiana in associazione con l’Ambasciata Cinese”.
Il Giornale è di proprietà dell’ex Primo Ministro Silvio Berlusconi, che è stato molto critico nei confronti del PCC fino a quando, nel 2017, ha venduto la sua squadra di calcio, AC Milan, a investitori cinesi, conseguenza dei suoi problemi finanziari.
Da allora, i contenuti de Il Giornale relativi alla Cina sono molto simili alla propaganda del PCC.
Una nuova era nelle relazioni UE-Cina
I membri dell’UE, fra i quali l’Italia e l’Ungheria, stanno cominciando a respingere la coercizione del PCC, sia economicamente che politicamente.
L’UE ha condannato la situazione dei diritti umani del regime cinese e la Francia ha inviato a febbraio una nave da guerra e un sottomarino nel Mar Cinese Meridionale, per contribuire alla libertà di navigazione.
Il 22 maggio, il Ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, ha detto che la nazione baltica non si riconosce più nella Piattaforma “17+1” di Pechino, stretta fra alcuni stati-membri dell’UE e cinque paesi balcanici.
Ha detto che la piattaforma cinese era “divisiva” e ha invitato i membri dell’UE che ne fanno parte a perseguire “un approccio 27+1, molto più efficace nei rapporti con la Cina”.
Il Premier ungherese Viktor Orban (che ha costruito dei legami molto cordiali con il regime cinese e che ha più volte bloccato le dichiarazioni dell’UE volte a denunciare il regime in relazione ai diritti umani), inoltre, ha dovuto mettere in pausa, questo mese, un progetto previsto con la Fudan University cinese, conseguenza di massicce proteste.
Il suo Governo ha poi annunciato un referendum su tale progetto.
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Scelto e tradotto da Franco
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