Tom Luongo per Gold Goats ‘n Guns
A volte, il significato degli eventi ci colpisce molto tempo dopo che si sono verificati.
Una delle parti più difficili del lavoro di analista è sapere quando non-scrivere su un argomento, lasciandolo da parte per un po’ piuttosto che tirar fuori la prima cosa che viene in mente.
Inoltre, è utile passare quel tempo a considerare ciò che gli altri dicono al riguardo.
Il post di The Saker sull’esito del Vertice Biden/Putin vale davvero il vostro tempo.
Sottolinea giustamente che il risultato principale sia il segnale dato da Biden che l’iper-aggressività contro la Russia sia finita:
“… quello che Biden ha detto era stato precedentemente deliberato. Dobbiamo quindi concludere che, nell’attuale configurazione del ‘potere reale’ degli Stati Uniti, c’è chi ha deciso che Biden debba seguire un nuovo corso o, quanto meno, cambiare retorica”.
Ho alcune idee su chi abbia effettivamente ordinato questo “cambiamento di tono”, diventato palese nelle ultime settimane (ne parlo fra un po’).
Questo vertice è stato il segnale di un grande cambiamento nella politica. Il “divide et impera” di Kissinger non funziona più.
Jake Sullivan (Consigliere per la Sicurezza Nazionale), probabilmente, ha offerto alla Russia di far parte degli accordi sulle infrastrutture in Africa, se allentasse i legami con la Cina — diventata il nuovo perno della politica estera degli Stati Uniti.
Se quest’offerta fosse stata veramente fatta, significherebbe che gli Stati Uniti non vogliono davvero cambiare niente. Ma credo che sia stato detto molto di più.
Questo vertice, in effetti, è servito per dichiarare il “cessate il fuoco” nella guerra contro la Russia — una mossa per trincerarsi e ripensare alle opzioni disponibili dopo una grande sconfitta.
Ciò che più lo ha caratterizzato è stata la dimostrazione di forza e l’ultimatum di Putin alla NATO (e, più specificamente, alla “Gente di Davos”) in relazione all’Ucraina.
Fra questa dimostrazione e il crollo della narrazione sul Covid-19, era compreso tutto il necessario per spostare l’aggressività degli Stati Uniti dalla Russia alla Cina.
La mia reazione iniziale, alla conclusione del Vertice, è stata quella di dire che nulla di sostanziale fosse cambiato.
Un “cessate il fuoco” con la Russia non è la “fine della guerra” e, quindi, cosa cambia nella realtà? Ecco perché mi son preso del tempo per riflettere.
A questo punto, è importante sapere che Davos non è un’organizzazione monolitica posta sotto il controllo di un burattinaio, il Presidente del WEF Klaus Schwab.
Nel migliore dei casi si tratta di una coalizione assai fluida, composta da soggetti interessati soprattutto al loro pezzo della torta globalista.
Resterà insieme solo fino a quando Schwab et al. continueranno a vincere.
In questo momento, Davos è consapevole che il miglior percorso per completare il programma del Grande Reset consista nel mettere gli Stati Uniti e la Cina su un percorso di guerra.
Una pace temporanea con la Russia fa parte del piano — anche se si tratta di una grande sconfitta per Davos.
La Russia ha rifiutato di combattere la guerra che Obama aveva cominciato e che l’MI-6 ha portato avanti, per conto di Davos, nell’interregno di Trump.
Shaub ha giocato sul lungo termine, congelando il conflitto in Ucraina e permettendo che tutte le persone coinvolte fossero corrose.
Inoltre, ha concesso alla Russia il tempo necessario per completare il suo dominio in Europa Orientale — non fosse altro perché possiede missili ipersonici in grado di neutralizzare qualsiasi pensiero di superiorità aerea della NATO.
Culturalmente, i russi sanno come affrontare questo tipo di aggressione europea. Il popolo russo è orgoglioso ma non nazionalista. Non è sottomesso, in altre parole, dall’hubris culturale come lo sono i cinesi e gli europei/americani.
Questa differenza ci permette di capire perché gli eventi si sono sviluppati in questo modo.
L’hubris etnico europeo/americano non è una novità e, riguardo i cinesi, devo solo ricordare quanto sia stato facile far saltare le loro relazioni con i giapponesi, nel 2012, sulle isole Senkaku (che portarono ad atti vandalici contro i concessionari Toyota e Honda) — quattro scogli senza valore.
Secondo questo calcolo (visto che l’Ucraina non si è presentata alla guerra lanciata da Davos), un conflitto con la Russia è fuori discussione (almeno per il momento).
Putin, inoltre, ha detto molto chiaramente che qualsiasi aggressione nel Donbass sarebbe considerato un atto di guerra che non finirebbe sulla linea di contatto di Gorlovka.
La sua risposta avrebbe preso di mira il vero nemico, la NATO. Ed è per questo che nulla/tutto è cambiato con questo vertice.
Davos persegue ancora il suo obiettivo — distruggere gli Stati Uniti e la Cina mettendoli l’uno contro l’altro — cercando, al contempo, di rifare l’Europa, trasformandola in uno “stato di polizia tecnocratico-sovranazionale”.
Ma, allo stesso tempo, la ragione principale per l’esistenza dell’UE — per come è stata venduta agli europei — è quella di prevenire ulteriori guerre combattute sul suo suolo.
Se Putin minacciasse una guerra più ampia contro la NATO (ricordando agli europei che la vincerebbe), allora l’intera logica dell’UE vaporizzerebbe con il primo F-16 o centro logistico colpito da un missile Kinzhsal.
Come si sta fra l’”incudine e il martello”, Herr Schwab? Per una volta qualcuno le ha presentato uno scenario senza vittoria!
Così, per assicurarsi che la Russia si plachi e che sia felice di tornare a relazioni normali con l’UE, Davos ha inviato Biden a Ginevra per un vertice salva-faccia, in cui co-firmare una semplice dichiarazione, in cui Putin s’impegna a riaprire i colloqui sul controllo delle armi, a coordinarsi sul terrorismo e a non bombardare l’Europa.
La seconda parte della mia serie di podcast ha esaminato i tanti perché del summit in modo molto più dettagliato.
I due “Imperi eccezionalisti”, gli Stati Uniti e la Cina, sono avversari molto più facili da spingere in un conflitto, per l’intenso bisogno di entrambi di non perdere la faccia.
Per gli Stati Uniti, nella loro veste di “egemone globale”, perdere la faccia è una chiara perdita di potenza. Quando si governa attraverso il dominio e la paura, ogni momento di debolezza diventa mortale.
È il motivo per cui l’intervento di Putin in Siria, il congelamento della situazione nel Donbass e la riunificazione con la Crimea sono stati così significativi — perché hanno fatto saltare la percezione della potenza degli Stati Uniti.
E, da allora, si sono susseguiti un fuoco di paglia dopo l’altro, ma senza risultati tangibili.
Come The Saker ha fatto giustamente notare, Biden ha subito un colpo durissimo dai media controllati da Davos, perché non ha saputo “tener testa a Putin”.
Ecco perché credo che la mia analisi sia giusta. Solo una minaccia militare reale e credibile da parte di Putin avrebbe potuto generare il risultato che abbiamo visto a Ginevra.
Si doveva indebolire Biden (e gli Stati Uniti) e impostare la scena per quando lui o il suo successore repubblicano dovrà affrontare la Cina per davvero.
Detto questo, avete notato le “dichiarazioni da falco” fatte a sorpresa della Fed lo stesso giorno del vertice Biden/Putin?
Avete notato la reazione durissima alle “dichiarazioni da niente” del FOMC (Federal Open Market Committee)?
La Fed, in fondo, tutto quello che ha fatto è di spostare un paio di punti sul “dot-plot delle previsioni sui tassi” e alzare IOER e RRP di 5 punti base.
Tuttavia, alla fine del Q2 e all’inizio del Q3 l’euro è crollato e anche lo yen è stato schiacciato.
Eppure, sempre più persone saltano sul carro di chi evidenzia l’enorme corsa al rialzo del Reverse Repo Facility della Fed.
Dopo l’annuncio, la quantità (che era già un record) di reverse repo è più che raddoppiata, a poco meno di mille miliardi (dal momento che la Fed non comunica più le riserve in eccesso del sistema bancario, non sappiamo quanta di questa liquidità vi sia affluita).
In breve, il misero aumento di 5 punti base ha prosciugato almeno mezzo trilione di dollari in meno di due settimane … e troppa gente non riesce a collegare i puntini.
Inoltre, il dollaro ha avuto un significativo rialzo a giugno. E la domanda è: perché?
Ho già detto che, a un certo punto, la Fed sarebbe comunque intervenuta per difendere il dollaro americano. Il costante “cestinate il dollaro” da parte di Biden (su ordine di Davos) non poteva stare in piedi per sempre.
Ho già descritto in passato i piani del Grande Reset di Davos per le Banche Commerciali: farne il capro espiatorio della prossima crisi e poi gettarle nelle braccia dei Millennials arrabbiati.
Onestamente, non è che questa cazzo di gente meriti qualcosa di meno per quello che ha fatto al mondo. Ma, allo stesso tempo, il sistema ha ancora alleati e carte da giocare.
Questo significa che la Fed può allinearsi con Davos su alcune questioni, ma non su tutte. E’ chiaro, a questo punto, che il piano di Shaub non sia praticabile.
Credo che la Fed sia pronta, ormai, a scendere in guerra contro Davos per il futuro del denaro — e che non voglia consegnare le chiavi del “negozio di caramelle” a un gruppo di europei che vuol tagliar fuori Wall St. dal Nuovo Ordine Mondiale.
La terza parte della serie di podcast esamina le mosse della Fed e come queste si collegano a quello che verrà dopo.
Il piano di Davos, a questo punto, è abbastanza chiaro: consegnare le chiavi della “formazione del capitale” alle Banche Centrali e distruggere ogni valutazione del rischio. Le Banche Commerciali, quindi, non sono più necessarie.
Verranno finanziati solo i progetti socialmente accettabili. Questo è ciò che vuole Christine Lagarde con la sua nuova “Borsa Verde” tutta europea, che ha presentato ad Ankara la scorsa settimana.
Tuttavia, credo che Davos sia andata troppo veloce. È davvero troppo presto e, con quest’accelerazione, ha scoperto i fianchi.
Perché mai la Cina e gli Stati Uniti dovrebbero entrare in guerra per il Covid-19 e per le questioni commerciali, manipolati da un gruppo di eurocrati con manie di grandezza?
Perché non rivoltarsi prima contro di loro, spazzandoli via con un piccolo gesto della mano (un aumento di 5 punti base del RRP!), ricordando a tutti dov’è che si trova il vero potere dei mercati?
È difficile ignorare quello che è successo nella settimana del 16 giugno sia a livello geopolitico che monetario.
Non ci sono coincidenze.
Se Powell non avesse fatto esplodere i mercati nel corso di quella settimana, oggi avrei un’opinione diversa sul vertice Biden/Putin.
Molti analisti descrivono male le politiche della Fed. Perdono il significato globale iper-focalizzandosi sui fuorvianti dati economici degli Stati Uniti.
Ma il dollaro è la valuta di riserva globale e questo significa che la politica della Fed è fatta nel contesto dei cambiamenti del capitale e della politica globale.
Gran parte della miopia degli analisti deriva dalla loro formazione.
Sono specializzati solo in un particolare set di competenze e quindi perdono di vista il quadro generale — non riescono a vedere il toro che si sta scatenando nel negozio di porcellane della politica.
Ad esempio, la critica che può essere portata all’analisi di The Saker è che guarda la situazione da una prospettiva unilaterale (Russia contro Stati Uniti), ignorando il quadro più ampio di chi è in lizza per il controllo del sistema monetario.
E’ la geopolitica che deriva dal controllo dei flussi di capitale, non il contrario.
Quando si vedono dei grandi cambiamenti a casa di un player come gli Stati Uniti, questo significa pur qualcosa.
Gli Stati Uniti hanno cambiato la loro posizione sulla Russia correggendo, al contempo, anche la politica monetaria … tutto nello stesso maledetto giorno!
La mia linea di fondo è questa: sostengo che Powell non sia lo stesso tipo di globalista come la Yellen e Bernanke.
Il suo background nel private equity gli ha dato sia una mentalità diversa che una serie di priorità rispetto ai suoi predecessori.
Questo significa che potrebbe essere disponibile a contrastare Davos quando sarà il momento giusto.
Tutto questo, insieme agli errori di Davos, ha indotto molti potenti a mettere in discussione il piano di Shaub e spiega facilmente perché le crepe stanno cominciando ad allargarsi su chi dovrebbe essere effettivamente in carica [presidenza] dopo che questa storia sarà finita.
La vera guerra, in questo momento, è quella di Davos contro sé stessa e noi, ora, ci troviamo nel mezzo.
Tutte le gerarchie costruite sulla forza sono metastabili.
Fino a poco tempo fa Davos aveva mantenuto il controllo perché gestiva con competenza tutti i giocatori, spostando i pezzi dov’è che servivano.
Ma, ora, ha fatto degli errori fatali — Covid, Trump, Brexit, NS2, Russia, JCPOA, Siria, Ucraina … — e, dal mio punto di vista, le varie fazioni stanno già prendendosi a coltellate.
Non dubito nemmeno per un secondo che Powell, se necessario, farà crollare l’economia globale nel 2021, per proteggere Wall St. e sostenere la Cina.
Non credo nemmeno che abbia ricevuto l’ordine da Biden.
Credo che sia stata Wall St., in mancanza di un termine migliore, ad avergli detto di sparare un colpo di avvertimento.
Se Davos lo ascoltasse nello stesso modo in cui gli inglesi hanno ascoltato i colpi di avvertimento alla HMS Defender che navigava nelle acque della Crimea, allora aspettatevi una salva completa a Jackson Hole (25 punti base)?
Davos ha detto a Biden/Obama di ritirarsi e di concentrarsi sulla Cina … ma i sostenitori di Powell stanno preparando un massiccio contrattacco per le elezioni di metà mandato.
La cosa più intelligente che Xi Jinping possa fare è “niente”.
Se fosse veramente interessato a spartirsi il mondo e non a sostituire gli Stati Uniti saranno i prossimi mesi a dimostrarlo.
Ma, viste le sue recenti dichiarazioni, la probabilità che ciò accada è davvero scarsa.
Del resto … più le cose cambiano, più restano le stesse.
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Link: https://tomluongo.me/2021/07/03/from-the-notebook-the-new-state-of-play-post-biden-putin/
Scelto e tradotto da Franco
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