A suo tempo, avevo dato fiducia a Kit Knightly che, su Off-Guardian, ci avvertiva che la guerra in Afghanistan sarebbe continuata sotto altra forma: truppe afghane sul campo e supporto aereo degli Stati Uniti.
La mia opinione era confortata dal progetto per il “nuovo Quad” (un’alleanza fra Stati Uniti, Afghanistan, Pakistan e Uzbekistan), che avrebbe supportato le ambizioni occidentali e contrastato quelle cinesi (a proposito, come se la caverà il PCC con i talebani al confine dello Xinjang?).
Ma, perché tutto avesse un senso, sarebbe stato necessario che lo Stato Afghano non squagliasse come neve al sole.
Così non è stato.
Incredibilmente, fra qualche settimana i Talebani saranno a Kabul perché l’esercito addestrato dalla Nato — con abbondanza di mezzi, istruttori e soldi — non combatte, scappa … abbandonando armi e mezzi in mano talebana, senza accendere nemmeno un fiammifero per dar loro fuoco.
Chi mai poteva pensare che la seppur peggior Amministrazione nella storia degli Stati Uniti — e quello che continua ad essere il più forte esercito al mondo — non avesse elaborato un piano d’uscita per evitare una nuova Saigon?
L’Amministrazione Biden non sta facendo altro che mendicare un “non fatemi a pezzi l’Ambasciata” ( qui e qui ), mentre la fiducia nell’Esercito Americano sta subendo un crollo senza precedenti.
“Devono combattere per se stessi’ — ha detto il presidente Biden al popolo afgano — “Devono combattere per la loro nazione”.
Quanta arroganza nel lasciare un Paese in rovina e poi girarsi a sbertucciarlo perché incapace di resistere all’assalto.
Guardando indietro, qualsiasi cosa fatta dalle Forze Americane e dalla Nato ha ciecamente spianato la strada ai Talebani.
I media occidentali sono pieni delle terribili descrizioni di quello che stanno facendo … del numero di città che hanno preso in un tempo straordinariamente breve … della crudeltà delle loro bande armate … delle prospettive di morte per le donne e per chiunque osi dissentire.
Insomma, un “ritorno ai secoli bui”, come hanno titolato i quotidiani.
“È una conseguenza del ritiro occidentale” — sostengono gli interventisti — “Quello che sta accadendo in Afghanistan è la prova che l’intervento dell’Occidente era necessario e che i suoi eserciti dovevano restare”.
Ma, davvero, è stata proprio la presenza di quegli eserciti a facilitare la “riconquista talebana”!
Innanzitutto, hanno aiutato a istituzionalizzare i “signori della guerra” e le divisioni tribali, impedendo che l’Afghanistan diventasse un vero stato nazionale.
In secondo luogo, hanno promosso l’illusione che i Talebani fossero diventati una forza in cerca di pace e un potenziale partner globale della “comunità internazionale”.
Il primo ha reso l’Afghanistan un “paese di carta”, il secondo ha incoraggiato i Talebani a preparare la “riconquista”.
Ma la cosa che colpisce maggiormente è la rapidità con cui hanno conquistato ampie zone dell’Afghanistan … ci racconta una storia che gli interventisti preferiscono ignorare.
Nel giro di una settimana i Talebani hanno preso 10 capoluoghi di provincia, fra cui Kunduz.
Ora controllano il 57% dei distretti dell’Afghanistan, mentre il Governo di Kabul, sostenuto dall’Occidente, ne controlla solo il 16%. Gli altri sono ancora in bilico.
Gli ufficiali statunitensi prevedono che i Talebani isoleranno Kabul nel giro di 30 giorni e che diventeranno ufficialmente i governanti del paese in 90.
Più di mille persone sono state uccise nelle ultime settimane e c’è un’enorme quantità di profughi che fugge verso la zona di Kabul.
Perché così rapidamente? Perché l’Afghanistan è così debole e il suo Governo così incapace? Perché i Talebani, almeno relativamente, sono così forti?
È fondamentale analizzare quello che è successo prima.
L’intervento occidentale in Afghanistan è sempre stato un’impresa militare in cerca di una giustificazione.
L’invasione del 2001 fu presentata come una guerra contro al-Qaeda, allora ospitata dal governo talebano, per le barbarie di New York City e di Washington DC.
Come se i contadini di Tora Bora avessero qualche responsabilità. Come se al-Qaeda non fosse in realtà un movimento globale, senza confini, sostenuto più dagli estremisti islamici istruiti in Occidente (da coloro che hanno ideato l’11 settembre) che dalla povera gente che, nel 2011, ha sopportato il peso della guerra.
Lo stesso atto iniziale dell’intervento — guidato dall’illusione che la misantropia globalizzata delle reti islamiste radicali potesse essere mitigata occupando un cosiddetto stato canaglia — era del tutto fuorviante.
Quando diventò chiaro che il terrorismo islamico non sarebbe stato frenato dal bombardamento dell’Afghanistan, la giustificazione per la presenza dell’Occidente cambiò radicalmente.
Diventò una guerra per difendere i diritti delle donne … per combattere la droga … per costruire una nuova nazione.
Ma quello che veniva modellato non era uno Stato legittimo agli occhi del popolo, ma piuttosto un Governo murato a Kabul che godeva del sostegno della “comunità internazionale”, ma non di quello degli afgani.
Come ha scritto Anil Hira nel Canadian Defence and Foreign Affairs Institute, il “Nuovo Afghanistan è stato definito dalla mancanza stessa di una definizione e di una strategia coerente”.
Il Governo Afgano e i suoi sostenitori occidentali erano una coalizione “sciolta e disordinata”, spesso “operante su diverse premesse strategiche e in diverse sfere d’influenza”.
Il “nation-building” ha portato paradossalmente all’ulteriore deterioramento della nazione afgana.
I Governi Karzai degli anni 2000 si sono comportati essenzialmente come “signori della guerra”.
Erano responsabili della “distribuzione degli aiuti” e, spesso, lo facevano in modo da poter “mantenere sfere di influenza separate e locali”.
Il Governo centrale, in altre parole, ha infiammato il separatismo tribale attraverso l’assegnazione di aiuti e fondi occidentali ai “signori della guerra” di cui si poteva fidare per mantenere un minimo di pace nelle regioni oltre Kabul.
Questo significava, come ha sottolineato Hira, che gli aiuti della comunità internazionale avevano “l’effetto paradossale di aiutare a finanziare le insurrezioni e la dissonanza”.
La “costruzione di una nazione” era la propaganda, la “dissonanza violenta” la realtà.
Inoltre, negli ultimi anni l’Occidente ha lusingato i Talebani considerandoli come una forza di pace, un movimento con cui si poteva lavorare.
Così, i Talebani sono diventati un attore centrale nel cosiddetto processo di pace.
Sono diventati un partner diplomatico degli Stati Uniti lo scorso anno, firmando congiuntamente un accordo per portare la pace in Afghanistan.
Non è la prima volta che gli Stati Uniti s’illudono che i Talebani possano essere una forza normale e pacifica.
Negli anni ’90, quando presero il potere dopo la fine della guerra afghano-sovietica, Washington credette che ci potesse essere qualche “interesse comune” fra gli Stati Uniti e i Talebani, soprattutto per contenere l’Iran e le sue ambizioni regionali.
Incredibilmente, anche gli eventi successivi (11 settembre) non hanno disabituato gli americani e gli altri osservatori occidentali da queste illusioni.
Anche adesso, mentre i Talebani stanno tornando violentemente al potere, le illusioni dell’Occidente persistono.
Il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, è davvero un ingenuo quando dice di essere scioccato dalla rapida e violenta conquista dei Talebani, perché gli sembrava che stessero cercando “un riconoscimento internazionale”.
In altre parole, gli americani hanno creduto alla loro stessa propaganda.
Pensavano che i Talebani fossero una “forza di pace”, mentre i loro comandanti rilasciavano interviste alla BBC in cui sostenevano di credere ancora che l’amputazione delle mani fosse la giusta punizione per il furto, che gli adulteri dovrebbero essere lapidati a morte e che nessuna ragazza dovrebbe ricevere un’istruzione.
Ecco quindi la verità: sono state le Forze Occidentali a scrivere il copione per l’attuale presa dell’Afghanistan da parte dell’estremismo islamico.
Hanno coltivato uno Stato fallito e hanno fortificato moralmente un esercito regressivo, con un risultato del tutto prevedibile.
Questo significa che le Forze Occidentali sarebbero dovute restare … che il ritiro sia stato un errore? No, perché era la presenza dell’Occidente il problema.
Allo stesso tempo, però, l’abbandono dell’Afghanistan da parte dell’Occidente, la sua fuga da una calamità che esso stesso ha creato, racconta molto dei fallimenti morali e strategici di una certa politica estera.
Le Forze Occidentali, prima di andarsene, avrebbero dovuto fornire maggiori livelli di protezione alla popolazione dell’Afghanistan.
Ma ora è troppo tardi.
Un intervento progettato per porre fine al terrore globale e per sconfiggere i Talebani finisce con il terrorismo islamico che è sul punto di governare ancora una volta l’Afghanistan.
Nel frattempo i profughi, dopo aver passato l’Iran, stanno già entrando in Turchia. Stavolta, cosa chiederà Erdogan per fermarli?
In conclusione, chi risponderà di tutto questo? E poi, esisteranno ancora gli Stati Uniti d’America dopo la presidenza di Joe Biden?
Franco
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