Tutto sale di prezzo: ortaggi, cibo, auto, chip elettronici, energia…Avete notato? Aspettate ad ottobre e sarà chiarissimo. Ma in tal contesto l’inflazione è taciuta da tutti, nessuno la cita, una stigma pronunciare il suo nome, oggi, in Italia. Il motivo? L’inflazione fa paura, a Roma.-
Come dicevamo nei giorni scorsi, l’inflazione – che di per se rappresenta, se gestita, un vantaggio per i creditori in quanto erode il debito, sempre che non ci si indebiti in valuta straniera, come faceva l’Argentina prima di fallire, … – ha due peculiarità: tende ad essere accumulativa. E, soprattutto, anche a nasconderla qualcuno la paga sempre. Massimamente, la pagano i consumatori, ossia il sistema nazionale coinvolto nel processo inflattivo, nel lungo termine è sempre così. SEMPRE.
Sappiamo che la componente che più incide nel paniere inflattivo, perchè autocorrela tutti gli altri indici, è l’energia: sale questa e salgono tutti i costi di processo, cibo, acqua, industria ecc.. Oltre a far salire esponenzialmente i costi dove l’energia non è di mero supporto al processo, ma fa parte del prodotto stesso, di fatto. Parlo delle produzioni energy intensive, che di norma sono semilavorati: acciaio, cemento, ma anche alcune produzioni di cibo ad es. in serra; dunque industrie pesanti in primis.
Quando, l’inflazione tocca contemporaneamente tutti i drivers produttivi come quest’anno, con salita all’unisono di TUTTE le materia prime (non ad es. solo l’energia come nel 1973-1975, ndr), fatto MAI SUCCESSO A MEMORIA D’UOMO, quanto meno in tempi di pace, la situazione si fa esplosiva. Ossia, ben sapendo che l’inflazione è soft-manipulated dai governi da anni per fini elettorali, capita che quando tutto sale all’impazzata la manipolazione non funziona più.
Dunque, da una parte anche il popolo più stupido capisce che, sebbene l’ipotetico indice ISTAT sui prezzi al consumo possa indicare inflazione moderata, se poi non si arriva a fine mese, zac! l’inflazione comunque c’è…
Parimenti l’inflazione è sempre un problema per il governo, soprattutto oggi. Infatti l’EU si è giocata tutto con Draghi Premier e col Recovery Fund in Italia.- Se il RF non ha successo, salta sotto certi versi l’EU.
E anche Draghi, che l’EU rappresenta, oggi, in Italia, fatto arrivare apposta a Palazzo Chigi via Matteo Renzi e supporters falsi sovranisti.
Chiaramente se l’inflazione sale, la crescita nominale del PIL non viene più sottratta prospetticamente di un valore risibile, per il futuro, come previsione dall’inflazione intendo (inflazione bassa che magari è manipolata, …). No, se l’inflazione esplode su tutti i beni, anche sui semilavorati, anche sui chips complice la parallela crisi dei noli e dei trasporti marittimi per carenza di contaniers (bloccati in larga parte negli USA, ndr), se tutti i prezzi salgono all’unisono e di molto, viene impossibile, che so, come succede oggi, sbandierare un’inflazione prevista dall’OCSE per l’Italia nel 2022, dell’1%. Permettendo dunque di urlare un PIL a +5% circa, cifra letteralmente urlata da Cingolani e dai media pro-Draghi, ossia tutti i media ormai (sarà propaganda? Chissà…).
Sappiate che, incredibilmente, ancora oggi l’OCSE prevede per il 2022 un’inflazione italiana sotto l’1%. Ed i mercati, a cui il governo italiano rispondono, sembra sposare tale previsione, vedremo quanto dura questa farsa, anzi questa presa in giro ai consumatori.
Folle? A ragion della realtà dei fatti, direi roba da matti…
Ma per tenere in vita il governo Draghi va invece benissimo: è infatti FONDAMENTALE ed IMPRESCINDIBILE negare tale salita, oggi, almeno pubblicamente.
Infatti se sale l’inflazione, che so, sale al 5%, come sembrerebbe obbligato con una salita delle tariffe energetiche del 40% in un trimestre come indicato dal ministro Cingolani, la crescita prevista del 5% di PIL nominale diventa, come PIL reale, ossia come PIL, circa pari a ZERO.
O si va addirittura recessione…
Dunque, se succedesse, parlo di recessione prospettica, significherebbe che RF, Draghi ed EU hanno fallito: —> zero utilità dell’euro con alta inflazione. Nel caso, se la realtà così fosse, appunto, sarebbero guai prima di tutto per qualcuno di nome Mario…
Se invece la realtà resta manipolata e sotto controllo, a costo di pubbliche bugie ed enorme propaganda a supporto, allora le cose cambiano, si può pensare di sopravvivere ancora per un po’.
Visto che siamo pressoché certi che l’inflazione sta salendo, forte, base aumenti generalizzati di TUTTI I BENI, nel caso in cui il governo decidesse di manipolare bellamente i valori ISTAT dell’inflazione sappiate che avremmo degli effetti che non vi aspettate.
Il primo effetto è appunto quello di non innescare un aumento dei salari, necessario per recuperare la perdita di potere d’acquisto delle famiglie. Ovvero riduzione dei consumi locali, lo stipendio è sempre lo stesso ma le cose costano di più. Ma in un contesto di debolezza della domanda globale, ossia eccesso produttivo, comunque. Dunque….
Parimenti tale mossa di contenimento forzato dell’inflazione da parte del Governo, oltre alla manipolazione mezzo stampa dell’indice ISTAT, tutto sommato facile (ma che sarebbe un disastro per le famiglie) dovrebbe passare per una riduzione quanto meno temporanea della marginalità delle grandi imprese legate alo Stato. Tali imprese, impossibilitate a far salire i listini, si rifarebbero, vis a vis con gli azionisti, abbassando i costi. Ossia abbassando gli stipendi. Ovvero non assumendo se non licenziando. Alla fine, stesso risultato di cui sopra, minore domanda a termine.
Le prime vittime di tali diciamo conseguenze aziendali sarebbero ad esempio le aziende che fanno produzione e distribuzione di energia, gas e power, in Italia: della serie, taglia la loro marginalità e poi spera che le conseguenze arrivino il più tardi possibile.
In tal contesto va rilevato come, ad esempio, esistono in Italia due colossi attivi nella distribuzione e produzione power: EDF ed ENEL. La prima, azienda straniera, si vedrebbe scippata all’estero dei profitti locali. La seconda, ENEL, finanzierebbe nel caso i tagli in tariffa italiana con l’utile proveniente dalle sue “colonie”, aziende locali soprattutto in Sud America: solo questione di tempo prima che i governi di tali paesi, accortisi che sono loro a pagare al posto dei contribuenti italiani il mancato aumento delle tariffe, decidano di rifarsi sulle concessioni locali di tale azienda.
Ma la contestazione più pesante riguarda proprio l’effetto macro del negare l’inflazione, negazione che comunque funziona SOLO a breve termine e SOLO se la salita dei prezzi non è macroscopica e duratura, come invece è oggi. Ossia, se un paese come l’Italia che si finanzia di fatto in valuta straniera (l’euro) dice la bugia che l’inflazione non c’è, si toglie al Paese la leva inflattiva per erodere il debito/recuperare e competitività.
Leva che ci sarebbe in presenza di una valuta nazionale, ossia nel caso la lira. Oggi, avendo l’euro e negando l’inflazione, semplicemente da una parte non si permette al paese, strettamente parlando, di aggiustare i suoi squilibri svalutando.
Dall’altra si mantiene di riflesso l’euro forte, negando ai mercati la presenza di una inflazione sopra ai numeri comunicati dall’ISTAT.
Il segreto del Cavallo
E qui arriviamo al cuore del discorso, portando ormai stabilmente l’Italia DENTRO L’EURO al livello della Grecia quanto meno nello spread del decennale, sopra. Sappiate che soggetto che più di ogni altro impersonifica il crollo maestro dell’Argentina, per una situazione del tutto simile a quella sopra proposta, è il celeberrimo Domingo Cavallo, il ministro che più di tutti porta su di se l’onta dell’ultimo fallimento di Buenos Aires.
Precisamente, costui da super ministro e super tecnico, osannato dall’FMI e dagli investitori internazionali (ma odiato in Patria, ndr), fece qualcosa di mostruoso: negando l’inflazione in casa propria, in presenza di un debito di fatto in dollari dovuto alla dollarizzazione del peso, non diversa dall’adozione dell’euro in sostituzione della lira, gonfiò a dismisura la bolla argentina.
Tenendo forte la propria valuta, per il giubilo degli investitori stranieri che incassavano cedole alte senza rischio di svalutazione del pesos; infatti erano in dollari o in altra valuta forte. Appunto, facendo leva sul cambio 1:1 del peso col dollaro (oggi anche il cambio della lira ha un cambio fissato, da 22 anni) si sviava l’attenzione dai dati reali, la finanza governava.
Ovvero, il segreto del Cavallo è il segreto di Domingo Cavallo, che negando di fatto l’inflazione, rendendo forte la propria valuta ad arte appunto nascondendo la salita dei prezzi, non svalutando, attrasse enormi investimenti sui suoi bonds ad esempio, in un miraggio di sicurezza che si rivelò effimero.
Ad un certo punto l’economia semplicemente si fermò, la crescita del PIL non c’era e le spese dello Stato a sostegno dell’economia ad esempio, in peso dollarizzato, esplosero, complice la crisi internazionale di inizio millennio. Spese argentine in dollari, si noti bene, con un costo della vita in salita costante che man mano toglieva linfa ai consumatori locali.
Precisamente quello che farebbe Draghi, oggi, negando l’inflazione in Italia.
Spero abbiate capito.
Le conseguenze del Segreto del Cavallo
A parte che Domingo Cavallo è uno dei due soggetti più famosi che si sono di fatto volutamente auto-ostracizzati dal proprio paese (…), va specificato che Buenos Aires a 20 anni di distanza dal grande crack – e mini-craks a seguire – non è ancora uscita dalla crisi di due decenni or sono, ossia la stabilità resta a tutt’oggi un miraggio (l’altro soggetto di fatto auto-ostracizzatosi dall’Argentina è Joerge Bergoglio, che da quando è stato fatto assurgere al Soglio da Benedetto XVI ha visitato tutto il Sud America TRANNE la “sua” Argentina, ndr).
Oggi vivere in tale landa australe è una tragedia umana, tra inflazione taroccata stabilmente, peso in svalutazione e progressiva, disoccupazione manetta, ineguaglianze senza pari, classe media quasi sparita, delinquenza galoppante e diffusissima (ad es. rapimenti per poche ore di bambini, …). E una sfilza di caudillos locali che fanno lo stesso lavoro che faceva Don Rodrigo nei Promessi Sposi, ossia taglieggiare la gente locale pagandola pochissimo ad esempio, per vantaggi personale.
Va per altro citato che Domingo Cavallo è stabilmente parte del Gruppo dei 30, think tank potentissimo, sotto la presidente di Trichet, ossia colui che prese “in prova” Mario Draghi all’atto di mandare la famosa lettera BCE nel 2011 a Slvio Berlusconi, scritta a quattro mani, lettera impropria nella forma, sostanza e merito, che causò la debacle dei BTP portando il liquidatore dell’Italia Mario Monti al Governo (…).
Aggiungendo che Mario Draghi è anche lui collega di Cavallo nello stesso potentissimo Gruppo del 30: forse gli avrà svelato il Segreto del suo nome?
Auguri italiani, ne avete bisogno. Quanto meno per ballare decentemente il tango argentino, non appena Mario Draghi attaccherà la musica.
MD
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