Rapida considerazione: la GKN licenzia tutti i suoi dipendenti, sembrerebbe in forza di quanto sopra indicato. O meglio, i licenziamenti derivano sia dai volumi bassi di produzione di Stellantis che dal cambio probabile di subfornitore, da uno italiano ad uno uno francese. A questo si aggiunga che, ad es., lo stabilimento italiano di Melfi è ferma per decisione della proprietà (francese); mentre gli stabilimenti Peugeot in Francia sembra abbiano avuto riduzioni solo nel turno di notte (…).
Il messaggio è abbastanza semplice: bisogna verificare che la crisi GKN non dipenda dal fatto che si preferisce, come proprietà francese, prediligere la produzione in Francia a scapito di quella in Italia. I sindacati che dicono? Comunque, tutto come previsto….
E qui vanno fatte le solite considerazioni: l’EU è davvero simmetrica? Ovvero, visto che è indubbio che vendere in blocco le auto italiane ai francesi di Peugeot abbia come sottostante il potenziamento del progetto EU, che vantaggio trae l’Italia nello stare in questa Unione?
Ora che nemmeno l’inflazione sembra sia esclusa, restando nell’euro…. (basta attendere e verificare!)
Se a ciò si aggiunge la spinta verso la produttività montiana senza poter svalutare la propria moneta, via riduzione della competitività del mercato italiano in termini di costi (in assenza ad es. di una valuta da svalutare alla bisogna, ndr) resta solo la riduzione dei costi. Ossia degli stipendi, ovvero riduzione della spesa per pagare la forza lavoro. Che porta anche – nel caso – a spostare la sede delle principali aziende all’estero, con la conseguenza di favorire fornitori nel luogo di residenza della “testa aziendale” allora si arriva alla rovina.
Appunto, nel caso Stellantis, in Francia….
Forse i messaggi semplici non vi sono arrivati: la transizione tecnologica forzata imposta dall’EU ad es. sulle auto elettriche, dove Francia e Germania hanno un ruolo egemonico sia nella produzione elettrica che nella produzione di mezzi elettrici, oltre a far salire i prezzi dell’energia elettrica a termine (lo vedrete dalla prima bolletta di gennaio 2022), portano come dote la chiusura delle filiere delle tecnologie termiche, a favore di un auto molto meno complessa.
Soprattutto in Italia, che era tra i primi subfornitori dell’industria automobilistica “termica”.
Va aggiunto: se la transizione andasse di pari passo con un miglioramento dell’esperienza dei consumatori auto sarebbe tutto ok. Purtroppo siamo invece lontanissimi da tale obiettivo!
A parte il costo di sostituire la propria auto in forza di obblighi surrettizi imposti dall’EU in carico alle famiglie in gran parte in crisi (a vantaggio, ripeto, franco-tedesco, ndr), l’auto elettrica oggi, con le tecnologie attuali di generazione elettrica, inquina più di un diesel di nuova generazione.
Oltre a generare extra costi enormi per i consumatori, costi di fatto imposti dall’EU. Ossia dagli stessi che ci guadagnano da detta transizione, vedasi sopra.
Se a questo uniamo il fatto che per caricare un’auto elettrica, oggi, è necessario attendere almeno 30 minuti, capite che l’esperienza di utilizzo è castrata dalla minore libertà di movimento e di uso/autonomia limitata. A parte che le infrastrutture elettriche non esistono – e costano, tantissimo, e ve lo vogliono fare pagare, ndr – l’auto elettrica, voluta dall’EU franco-tedesca, ha tutte le carte in regola per essere la prima ed unica grande innovazione industriale degli ultimi 120 anni ad aver peggiorato la vita di chi la usa.
A tutto quanto sopra, come italiani, più aggiungete il caso GKN in Italia, come conseguenza.
Un ripensamento per la Penisola nel decidere se restare nell’euro è IMPELLENTE. In quanto proprio la decisione di delegare a Francia e Germania le scelte strategiche di natura economica porta poi, alla fin fine – GKN insegna – alla mancanza di lavoro nella Penisola, vaso di coccio in mezzo a vasi de fero.
Di nuovo.
MD
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