Redazione: l’articolo di Geopolitica.ru conforta la nostra opinione, secondo cui sarebbe un bene se l’Italia guardasse all’Anglosfera più che all’Europa …
Conferma, al contempo, che nel nostro Paese qualcosa si stia muovendo in quella direzione.
Ma, se Macron fosse rieletto (e se le elezioni in Germania andassero in un certo modo), c’è chi sostiene che si punterebbe a formare un Nucleo Europeo ancora più stretto, forse i mitici Stati Uniti d’Europa, fra sei Paesi: Germania, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Francia e Italia.
Alleato privilegiato, non solo in campo energetico, la Russia. Tutti gli altri Paesi europei, almeno in un primo momento, in posizione assolutamente marginale (niente più che accordi commerciali).
Francamente, non riusciamo a “pesare” quest’ultima possibilità … ma non è una boutade. Siamo abbastanza sicuri che il tentativo sia reale.
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Daniele Perra per Geopolitica.ru (sintesi)
La geopolitica talassocratica classica [predominio sul mare, ndr] definisce “Isola Mondo” l’insieme delle masse continentali eurasiatica ed africana.
Questa “sfera maggiore” è circondata da alcune “sfere minori” che fungono da suoi satelliti e che, in un modo o nell’altro, hanno storicamente cercato di esercitare una pressione costante su di essa e di contenere, al contempo, ogni eventuale sforzo cooperativo al suo interno.
Questo ruolo “satellitare” è stato storicamente attribuito al Giappone ad Oriente, alla Gran Bretagna prima (“isola europea ma non in Europa”) e agli Stati Uniti poi ad Occidente e, oggi, all’Oceania nel Meridione dell’Eurasia.
Escludendo l’arcipelago giapponese — le cui ambizioni vennero nuclearizzate al termine della Seconda Guerra Mondiale — il disegno geopolitico che viene a crearsi è quello di un accerchiamento dell’“Anglosfera” sull’Eurasia.
Fu per primo lo stratega Nicholas Spykman (dopo aver riconosciuto l’impossibilità per una potenza talassocratica di accedere alla massa terrestre dell’Asia Centrale) a sostenere l’idea che lo scontro sempre riaffiorante fra potenze marittime e potenze terrestri potesse svolgersi solo nel rimland (la zona marginale del continente eurasiatico).
Questo scontro, secondo Spykman, è dovuto in primo luogo a una forma di bipolarismo permanente: quello tra “Nuovo Mondo” (l’“Occidente” a guida nordamericana) e “Vecchio Mondo” (l’Eurasia).
Allo stesso tempo, il geopolitico nordamericano riconosceva la potenziale superiorità del “Vecchio Mondo” rispetto al “Nuovo Mondo”.
Gli Stati Uniti, in effetti, non potrebbero mai essere in grado di affrontare una coalizione anti-egemonica di due o più potenze eurasiatiche (l’Eurasia ha due volte e mezzo la superficie e dieci volte la popolazione dell’emisfero occidentale).
Per questo motivo, il loro obiettivo non può esser altro che generare il caos nel suddetto spazio eurasiatico, contenere ogni tentativo di espansione marittima delle sue potenze e impedire l’eventuale coalizione dei suoi centri di potere.
In altre parole, impedire l’interconnessione tra le risorse naturali dell’heartland e la forza industriale del rimland.
Il recente patto AUKUS, siglato tra Stati Uniti, Regno Unito ed Australia, dev’essere interpretato soprattutto alla luce di queste considerazioni di carattere strategico ed ideologico.
E, soprattutto, alla luce del fatto che gli Stati Uniti, nonostante le reiterate prove di sottomissione, continuano a percepire l’Europa (quanto meno in alcune sue componenti) come rivale più che come alleata/gregaria.
Di fatto, il patto AUKUS rappresenta semplicemente l’evoluzione di accordi militari e strategici che risalgono alla fine della Seconda Guerra Mondiale. La sorpresa che esso ha generato è, quindi, piuttosto fuori luogo.
Già nel 1946 nacque un accordo tra Stati Uniti e Regno Unito, l’UKUSA, volto alla cooperazione nell’ambito dei Servizi Segreti.
A quel periodo, infatti, risalgono i primi piani anglo-americani di attacco nucleare all’Unione Sovietica.
L’accordo UKUSA venne siglato il 5 marzo 1946, esattamente nello stesso giorno in cui Winston Churchill utilizzò l’espressione “Cortina di Ferro” nel celebre discorso di Fulton.
Nel 1948 il patto venne allargato al Canada e nel 1956 ad Australia e Nuova Zelanda, trasformandosi in quella semi-onnipotente “infrastruttura di sorveglianza e spionaggio” a livello globale oggi nota come “Five Eyes” (“Cinque Occhi”), un sistema riconosciuto dai rispettivi governi solo nel primo decennio del XXI secolo.
La segretezza di quest’alleanza era (ed è) tale che l’ufficio della Presidenza del Consiglio australiana ne venne a conoscenza solo nel 1973 [1].
L’accordo segreto prevedeva che ogni membro dell’alleanza fosse responsabile di uno specifico settore geografico:
— Al Regno Unito furono affidate Europa, Medio Oriente, Russia occidentale e Hong Kong (è bene ricordare a questo proposito che le rivolte filocinesi di Hong Kong del 1967, a differenza delle attuali manifestazioni separatiste eterodirette, vennero sedate nel sangue dalle forze di sicurezza coloniali) [2];
— agli Stati Uniti spettavano Medio Oriente, Cina, Africa, America Latina ed Unione Sovietica;
— all’Australia l’Asia sud-orientale; alla Nuova Zelanda il Pacifico meridionale; al Canada, infine, la Cina e la Russia interne.
Quest’alleanza segreta, inoltre, si fondava sulla condivisione dei valori della democrazia liberal-capitalistica.
Non a caso, il padre del pensiero geopolitico talassocratico, l’Ammiraglio statunitense Alfred T. Mahan, definiva la “cultura anglo-americana” come “un’oasi di civiltà posta nel deserto della barbarie”.
Oggi, il ruolo che viene attribuito ai cosiddetti Five Eyes è quello di garantire il dominio aerospaziale e marittimo dell’Anglosfera nei confronti dell’Eurasia (sia nella sua componente orientale che in quella occidentale) per proteggere i suddetti “valori condivisi”.
Questo punto, alla luce degli eventi recenti, dev’essere analizzato su più livelli.
Innanzitutto, con il patto AUKUS si utilizza ancora una volta la retorica ormai obsoleta secondo cui operazioni palesemente aggressive vengono descritte come iniziative di pace e stabilità.
In realtà, ciò che si cerca di sostenere è la stabilità dell’ordine globale americanocentrico [minacciato da quello cinese, ndr], attraverso la condivisione con un alleato centrale nello spazio dell’Indo-Pacifico di tecnologia avanzata (intelligenza artificiale e propulsione nucleare subacquea) in ambito militare.
Per proteggere tale ordine, la US Navy schiererà sommergibili nucleari d’attacco (classe Virginia) nella base navale australiana di Perth.
Da parte sua, il Regno Unito fornirà all’Australia la tecnologia di propulsione nucleare dei sottomarini d’attacco classe Astute per costruire 8 sottomarini nei cantieri navali di Adelaide [3].
Prima di concentrare l’attenzione sul malessere francese, due fatti saltano agli occhi: l’esclusione del Canada e della Nuova Zelanda (gli altri due membri dei Five Eyes), assieme a quella degli altri “alleati regionali” (Giappone, Corea del Sud e India), dal progetto di condivisione di tecnologia militare.
È un dato di fatto che Canada e Nuova Zelanda vengano in qualche modo considerati alla stregua di “ventre molle” dell’alleanza, nonostante il Canada abbia dato prova di assoluta fedeltà con l’arresto della dirigente di Huawei Meng Wangzou.
Più complesso è il discorso per ciò che concerne gli altri alleati regionali. India e Giappone, in effetti, sono già inserite all’interno del “sistema Quad” insieme a Stati Uniti e Australia.
Washington, inoltre, ha siglato con Nuova Delhi un accordo per la condivisione di dati satellitari sensibili lungo i confini indiani con Cina e Pakistan.
Ma il ruolo dell’India, pur essendo centrale nella regione dell’Indo-Pacifico, non è direttamente proiettabile all’interno dello spazio del Mare Cinese Meridionale: uno dei “mediterranei dell’Eurasia” in cui, assieme all’Afghanistan, si giocherà la partita più importante della nuova Guerra Fredda.
Inoltre, non rientra nell’Anglosfera, nonostante il passato coloniale.
Giappone e Corea del Sud, dal canto loro, risultano troppo vicini alle minacce dirette di Cina e Corea del Nord. Fattore, questo, che rende sconveniente il dislocamento in quei Paesi di armi e tecnologie facilmente raggiungibili dal “nemico” [4].
In conclusione, non si può analizzare la risposta francese — comunque ascrivibile, nonostante alcuni vaghi e fumosi riferimenti a un esercito europeo (assolutamente privo di senso qualora fosse associato alla NATO) – se non nell’ambito di quel piccolo nazionalismo che Jean Thiriart non cessò mai di definire come “imbecille”.
Paradossalmente, la formazione dell’AUKUS — nonostante apra la corsa ai sottomarini nucleari d’attacco e alla militarizzazione dell’Indo-Pacifico — ha irritato più la Francia della Cina.
Da un lato, l’AUKUS mette fine alle velleità dell’Unione Europea di poter contare qualcosa (con la Francia Paese trainante sul piano militare) in un teatro strategico fondamentale mentre, dall’altro, fa perdere a Parigi un’imponente commessa per la costruzione di 12 sottomarini convenzionali (tipo Barracuda) siglata con Canberra nel 2016.
Inoltre, liquida l’ambizione francese di diventare a tutti gli effetti una “potenza talassocratica”.
Storicamente, una tale ambizione si è sempre scontrata col carattere geografico di uno Stato, la Francia, che è sì bagnato su più lati dal mare, ma che ha dovuto condividere parte dei propri confini con la Germania, che collega la “penisola europea” alla vasta estensione continentale dell’Eurasia.
A onor del vero va detto che l’accordo franco-australiano, fra impennate dei costi e ritardi, non stava progredendo (a dir poco) nel migliore dei modi.
Tuttavia, lo stesso si potrebbe affermare per l’accordo anglo-australiano volto alla fornitura di alcune fregate alla Royal Australian Navy.
Un accordo che, a sua volta, venne siglato a discapito della Fincantieri, quando il Governo australiano, non ascoltando il parere contrario della sua stessa Marina, preferì optare “politicamente” per le fregate britanniche rispetto alle già valide e sperimentate Fremm.
In quell’occasione, nonostante la perdita di una commessa da 23 miliardi, il Governo italiano, a differenza di quello francese, non si concesse neanche un piccolo sussulto di orgoglio.
Se ancora ce ne fosse bisogno, l’AUKUS dimostra il carattere non paritario delle alleanze occidentali.
L’Anglosfera diviene a tutti gli effetti il motore strategico dell’“Occidente”, mentre l’Europa è una semplice gregaria, utile solo a costituire uno sfogo per il complesso bellico-industriale d’Oltreoceano.
Basti pensare che la tentazione di schierarsi subito al fianco del nuovo patto a tre è largamente percepibile in molti Paesi europei: non solo nell’Europa Orientale [Paesi di Visegrad, ndr], ma anche in Italia, a ciò indotta dal fatto che raramente la Francia si è comportata da alleata (si pensi solo al caso libico).
NOTE:
[1] The Five Eyes. The intelligence alliance of tha Anglosphere, www.ukdefencejournal.org.uk.
[2] Si veda J. Cooper, Colony in conflict: the Hong Kong disturbances May 1967- January 1968, Swindon Book Company, Hong Kong 1970.
[3] Si veda AUKUS, i sottomarini per l’Australia e la lezione per l’Europa, www.analisidifesa.it.
[4] Why provide nuclear submarines to Australia, but not South Korea or Japan?, www.thediplomat.com.
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Link: https://www.geopolitica.ru/it/article/il-patto-aukus-e-la-guerra-alleurasia
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