Premessa:
Tutto il racconto è un frutto onirico dell’autore, assolutamente avulso da qualsiasi realtà e quindi non vero.
Forse la causa è dovuta a cattive abitudini alimentari, unita alla propensione della lettura di testi improbabili.
La mattina era iniziata come sempre, l’unico elemento naturale era il gatto, che ignorante sul corso dei tempi chiedeva il suo cibo, come natura impone in cambio della vita.
Uscendo per strada ho visto genti spente, sole, alla guida di veicoli con mascherina. Il ragionamento ormai è cosa del passato, quando i tempi erano diversi, più umani e civili.
Passando nel quartiere ho visto lavoratori stranieri affannarsi attorno a scavi dove ponevano grossi tubi, tutti senza mascherina uno vicino all’altro.
Ho visto capi cantiere a pochi metri di distanza parlare al cellulare con la mascherina addosso.
Ho pensato sulla mia cavalcatura, mentre superavo le infinite buche della città, sto vedendo codici… ogni tanto c’è qualche persona, rimasuglio del passato, ma ormai lo spazio è pieno di codici.
Ho visto gente mostrare ad una macchina il loro codice per ottenere il permesso di fare colazione.
Ho visto persone disperate dare soldi ai codici per farsi acquistare un po’ di pane nei negozi a loro proibiti.
Su monopattini ondeggianti nel catino di Matrix ho visto codici con corpi umani
Ho visto compaesani aggregarsi a comunità di altri credi per avere un po’ di cibo e comprensione umana, insieme alla possibilità di rendere la vita sopportabile su questo e non su un altro mondo.
Quanta gente ho visto caricare la propria auto e unirsi a gruppi di nomadi dopo aver stracciato i documenti, insieme a loro in una carovana verso est.
Ho visto gli occhi della ragazza della mensa pieni di paura e rabbia, per essere stata tradita da coloro che avevano ricevuto la delega di condurre il popolo al suo bene.
Solo qualche mese fa quegli occhi erano fra i più belli che avessi mai visto, adesso riflettevano il nero dell’abisso dove si crea il codice.
Ho visto il mio amore a pranzo, ho visto i suoi occhi belli di una bellezza antica e senza tempo, ma stanchi, sconsolati, impauriti.
Lo zaino sulla schiena ormai è prossimo a non essere più portabile, o lama sulle corde o codice, Tertium non Datur.
Dopo il lavoro sono andato a salutare amici ad una conferenza elettorale, ho sentito belle parole, ho visto e sentito arte, un oasi di serenità ancora permessa, in mezzo ai codici.
Necessario velo di democrazia utile ad occultare gli orrori in cui grava questa società.
Ho visto codici con sprazzi di gente dentro, conditi di rabbia, fermi all’autogrill, mentre mangiavano proteine e carboidrati che una volta mettevano il sorriso in bocca a chiunque.
Guardando nella periferie ho visto embrioni di comunità allontanarsi dalle regole e dalla cosiddetta civiltà, rifugiarsi in boschi cedui
Ho visto un Matrix voler assorbire ogni cosa, dargli un cartellino col codice e definire le nuove regole del gioco.
Mentre ho visto la vita, quella rimasta, quella ineluttabile come natura prevede, sfuggiva via come il mercurio sfugge da un termometro rotto.
Fermo sul ciglio della strada guardo dall’alto il Matrix sotto di me, un grande laboratorio dove si sperimentano cose non naturali.
Mi viene in mente un film dove un morto parla, dicendo che ci sono sapienze che vanno oltre la vita, considerate non naturali, dice questo poco prima di essere estinto per sempre.
Ormai gli occhi hanno visto troppo e cose da dire non ce ne sono più.
Ho visto un doganiere triste verificare il mio ultimo codice, ed un doganiere sorridente controllarmi un documento di carta.
Ora sembra tutto più armonico, il biclindrico pulsa senza disturbare le mandrie al pascolo, mentre percorre la restante strada.
Seduto a cena nel pub del paese, alcune persone sono curiose e mi fanno domande sul Matrix.
Chiesi se potevo essere utile alla comunità e cosa potessi fare, mi accompagnarono ad una casa e mi dissero che ne avremo parlato l’indomani.
Un giovane indicando lo zaino domandò cosa avessi con me, feci uscire una dolce micetta, che finalmente aveva un nuovo spazio per correre.
Hai altro?
No, l’altro zaino non potevo portarlo, è stato il mio tributo al codice.
Suona la sveglia, l’evanescente sogno scompare, mi sento sudato… nella doccia ho pensieri nuovi, guardo fuori dalla finestra, fa freddo, ma c’è il sole.
Scendo in garage, mentre mi allaccio la tuta, nella moto c’è il pieno…. Benissimo
R.Z.
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