Questa è la traduzione del nostro articolo pubblicato su Strategic Culture:
https://www.strategic-culture.org/news/2021/11/03/controlled-demolition-of-eu-avoid-it-berlin-looked-south-when-it-bet-draghi/
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L’EU è sotto attacco, a 360 gradi, da svariati fronti. Da ovest, con la Brexit. Da sud, con i paesi eurodeboli in cui le popolazioni sognano comunque di uscire dall’euro, chiaramente azzoppati – forse dovrei dire “depredati” – dalla cd. “austerità espansiva” (un ossimoro) di matrice franco-tedesca. Ed ora anche da nord-est, con la Polonia messa sotto scacco ed in multa dall’EU per la sola colpa di voler continuare a “fare la Polonia“. Sopra tutto, l’inflazione galoppante, di matrice esogena, che fra qualche mese non si riuscirà più a contenere nemmeno nei paesi latini, che oggi vivono ancora silenziosamente eclatanti manipolazioni degli indici dei prezzi al consumo da parte governativa (la pace sociale immagino durerà poco; vedasi il report sui prezzi di settembre 2021 pubblicato dal MISE/ministeri dello Sviluppo economico italiano, con prezzi in generalizzata salita verticale – spessissimo anche a due cifre – ma con inflazione “solo” al 2.9%, totalmente assurdo).
Quanto sopra depone chiaramente per un cambio di paradigma, in corso.
Ossia, l’EU ingegnerizzata per vivere di svalutazione con l’euro (assai più debole dell’ipotetico marco tedesco), ovvero con il fine occulto di trasferire benessere dai paesi europeriferici al centro dell’Impero, si trova finalmente nella necessità prioritaria – lato core Europe – di domare l’inflazione prima che di poter esportare grazie ad una moneta artificialmente svalutata.
E’ infatti chiaro che un paese, anzi un “Continente politico“, senza materie prime come la Vecchia Europa, è obbligato a contenere prima di tutto i costi di produzione se vuole sperare di sopravvivere senza fracassare la base sociale su cui il proprio potere si fonda, ad es. quando l’inflazione morde. Ossia essendo tentati – lato tedesco – di mimare, oggi, con un nuovo marco là da venire, la saggia Svizzera ed il suo franco, in costante salita da mesi proprio con il fine per di contrastare le spinte inflattive internazionali. E dunque, lasciando prospetticamente l’EU alle sue macerie, macerie su cui certamente Parigi si getterà come un avvoltoio, in primis su quelle italiane.
A maggior ragione se, nel contesto, gli USA e la FED stanno anticipando – come è chiaro stia succedendo – gli eventi facendo salire il dollaro in veste anti-inflattiva (ma avendo anche abbondanti materie prime in loco, su tutti petrolio, situazione non diversa dai tempi dell’attacco a Nixon, vedasi provocazione di De Gaulle sulla convertibilità dei dollari in oro e successivo scandalo Watergate, ndr).
Or dunque, oltre alle spinte centrifughe in seno all’EU, ossia aventi come driver ad es. gli interessi nazionali del sud Europa, principalmente l’Italia, interessi perfettamente legittimi, si sta ingenerando anche un contesto macro-economico che porterà riteniamo all’epilogo previsto al titolo, causa inflazione e relative politiche monetarie: la demolizione controllata dell’EU basata sull’euro.
Si ricordi ad esempio che Roma ha visto negli ultimi anni una riduzione imponente del proprio benessere (ad esempio in termini di salari); a questo si aggiungono – OGGI – interessi del centro dell’Impero ad un cambio di paradigma, prima volta in quasi 25 anni.
In aggiunta, ecco la recente risposta della Polonia renitente ai diktat di Bruxelles mirati alla cessione di sovfanità (ossia di proprio benessere) alle ingerenza EU; Polonia chiaramente supportata dagli USA, vedasi la cd. “Base Trump”, ossia l’insediamento militare USA in Polonia recentemente inaugurato dagli States in terra polacca.
Una risposta a dir poco brutale: nel contesto il governo polacco ha annunciato che la più grande multa comminata dall’EU ad un paese che gravita nella propria sfera di influenza continentale, non verrà comunque pagata.
Anzi Varsavia prevede un ingigantimento progressivo delle proprie forze armate, sempre col supporto americano, una costante la collaborazione anglo-placca fin dai tempi di Brezinsky, Sikorsky e matrimoni nel cuore dalla corporate USA con anima polacca (J&J su tutti).
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In tutto questo non va sottaciuta la reazione, come sempre scomposta quando i suoi piani non seguono la traiettoria prevista, di Berlino: sebbene non sia stata dovutamente enfatizzata dai media EU sempre troppo filo tedeschi, come ai temi del Reich, la mossa tedesca che porterà al caos (addivenire) si sta materializzando davanti ai nostri occhi, vedasi l’incredibile annuncio della ministro della difesa germanica di intervento militare nel Baltico addirittura con la minaccia nucleare in veste anti-russa, ossia con armi che i tedeschi teoricamente non avrebbero (…).
Ciò trasuda disperazione (mai dimenticare che il sistema tedesca, poi sopravvissuto in vari modi alle purghe post WWII, è lo stesso che ha gettato le basi per l’industria militare atomica 80 anni fa, ndr).
Chiaramente, il fattore di potenza USA rimane sullo sfondo, pronto ad essere attivato alla bisogna per difendere gli interessi a stelle e strisce. Ad oggi la situazione resta comunque estremamente fluida.
Possiamo comunque fissare alcuni paletti, fin d’ora, per comprendere come siamo arrivati a cotanto sfacelo EUrocentrico, ossia dove siamo oggi. E forse tentando di ipotizzare qualche sviluppo futuro.
Prima di tutto Draghi rappresenta il vero e proprio fattore di continuità voluto dall’EU per smorzare le pressioni centrifughe mirate ad uscire da questa EU: troppi dimenticano che solo ppchi mesi fa, nel 2020, la maggioranza degli italiana si espresse pubblicamente per una uscita dall’Unione, come riportato non senza una vena di malcelato terrore dal sito german-foreign-policy.com solo l’anno scorso.
Complice la caduta di Trump è invece arrivato Draghi a fermare la diaspora italica, previa canonizzazione mediatica di Draghi al meeting di Rimini dell’anno scorso, propedeutica allo sbarco a a Palazzo Chigi, grazie all’attivismo del leader della milanese “Compagnia delle Opere” (il tedesco Bernhard Scholz), ente a sfondo etico religioso contiguo a Comunione e Liberazione e forse addirittura reminescente dell’attivismo a tutela tedesca del cardinale Ildefonso Schuster 75 anni fa.
Chiaramente un tentativo di posticipare il piano di deflagrazione dell’EU via dollarizzazione del debito italiano, come ammiccato da Giuseppe Conte nell’eurogruppo dello scorso anno, dietro impulso USA (“…se no facciamo da soli“, disse il premier italiano del tempo, facendo infervorare l’entourage di Angela Merkel).
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In tale contesto, è essenziale comprendere la genesi di Mario Draghi, personaggio che si innesta in un solco sì anglo ma intrinsecamente filo EU. Rilevando trattarsi dell’area che possiamo definire per sommi capi “mondo cameroniano“, ossia quell’elite britannica filo-EU che sta dietro alla genesi, nella Penisola, sia del Movimento 5 Stelle, che del caso Regeni (dettaglio non di poco conto, la moglie dell’ex primo ministro britannico – una contessa Astor – ebbe educazione primaria cristiana, ndr).
Ossia, Draghi viene sostenuto da un’area politico-elitaria di matrice anglo da sempre prossima negli interessi a Parigi, in veste di contenimento tedesco (per rappresentare meno sommariamente l’indirizzo di tale diciamo corrente filo europeista di stanza nella Perfida Albione, si potrebbe andare indietro alle “Guardie Scozzesi” di Maria Stuarda nella capitale francese, che erano anche a difesa di Giovanna D’Arco, ndr).
Da qui la naturale vicinanza del mondo che orbita attorno all’attuale Premier italiano verso ciò che la Francia rappresenta, oggi soprattutto vista l’attesa svolta di Berlino verso un assetto più tedesco (lo stesso Goethe dipingeva la stampa di moneta come mefistofelica, diabolica, in quanto creava inflazione).
Purtroppo quanto sopra questo depone assai male per i futuri rapporti franco-italiani, ossia che saranno certamente a svantaggio di Roma; relazione che i due paesi confinanti andranno necessariamente a sviluppare da qui in avanti, ossia durante il periodo di meditazione tedesca su cosa fare dell’EU attuale, complice l’asservimento della classe politica romana ad interessi più francesi che italiani.
Da qui l’attesa di un nuovo macro accordo strategico franco-italiano firmato da Draghi a breve, ripeto, a vantaggio francese.
Salari on EU, dal 1990 al 2020: “L’Italia è l’unico paese europeo in cui i salari sono diminuiti rispetto al 1990” – Openpolis su dati OECD – al LINK
In tale contesto, con un’inflazione ormai fuori controllo, con la crescita economica in realtà prossima alla recessione se nettizzata con il corretto deflattore del PIL, i BTP italici scendono sotto un livello tecnico importantissimo, i 150 punti, solo venerdì scorso.
Alla fine dei giochi, comunque, sarà sempre la Penisola a fare da spartiacque nelle sorti dell’EU, con il suo atteso crollo delle finanze pubbliche, a termine; ossia con i mercati assai scettici sulla possibilità di ripagare lo smisurato debito in euro (…): per vostra informazione, oggi il PIL italiano senza attività sommersa supera il 180% del PIL. E con un numero di pensioni pagate dallo Stato pari circa allo stesso degli impiegati: non è infatti questione di implosione italica restando nell’euro, solo di quando.
In ultimo, ecco insinuarsi l’agenda Green, sempre con baricentro l’Italia, da salvare con i soldi presi in prestito dagli stessi cittadini italiani ma intestati all’EU (il Recovery Fund è in lagrghissima parte un prestito, garantito di fatto dagli assets delle famiglie italiane); ossia del valore totale del PNRR pari a circa 200 miliardi di euro – erogati in 3-4 anni – di cui al Recovery Fund, solo circa 30 miliardi di euro sono a fondo perso!
Oltre alla follia delle vaccinazioni di massa in Italia, ora con obiettivo 90% di vaccinati e con l’obbligo di fatto di vaccinazione universale, pena l’impossibilità dl lavorare. Anche in tale contesto ci limitiamo ad osservare come esista un’enorme ed evidentissima correlazione ormai tra follia vaccinale in selezionati paesi e fallimento tecnico, di fatto, dei loro sistemi pensionistici locali (su tutti, Italia, Francia, Israele; in parte Austria con la sua età pensionabile minima ancora oggi inferiore mediamente a 60 anni, ndr).
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In conclusione, è facile attendersi una demolizione controllata dell’EU, a partire dalle pulsioni tedesche e filo-tedesche mirate a farsi scudo dalle pressioni inflazionistiche internazionali tornando ad un surrogato del nuovo marco, più forte dell’euro. Parallelamente, le spinte centrifughe in seno all’EU, innegabili ad es. lato italiano se si vuole garantire un minimo di benessere futuro alla proprie genti, si concentreranno nei paesi europeriferici; ovvero dove gli istituti di previdenza statali sono praticamente falliti. Solo per terminare in un’inevitabile contingenza di Unione monetaria diciamo ridotta, in cui Parigi – una volta la Germania passerà il Rubicone del ritorno ad una valuta più forte – giocherà la carta di un “euro-CFA” con l’Italia come gregario; ovvero di un Euro Med (o meglio, euro francese) in cui i paesi africani del franco CFA vengano sostituiti dall’Italia e forse dalla Grecia.
In tale contesto l’unico addendo che non torna sono le 100 basi militari USA in Italia, di cui almeno 4-5 nucleari, unitamente al più grande deposito di armi USA fuori dai confini statunitensi.
Non è da escludere dunque un rinnovato prossimo attivismo americano finalizzato – encore – a neutralizzare minacce ai suoi interessi strategici; sforzo riteniamo che non potrà essere, come indirizzo, troppo dissimile da quello che fu l’intervento americano in Indocina o più propriamente nel canale di Suez (tali fatti portarono ad un’implosione della residua rete coloniale francese e vetero-europea nel mondo, ndr).
MD