Pat Buchanan per il suo Blog
Alla fine della prima settimana del “Vertice sul Clima” di Glasgow, 100.000 manifestanti hanno marciato denunciando l’ipocrisia dei partecipanti, che non onoreranno mai la promessa di ridurre le emissioni di carbonio.
Nonostante l’impegno di 100 Paesi a ridurre l’uso di metano (30%) entro il 2030 — con 20 di essi, fra i quali gli Stati Uniti, che si sono impegnati a non finanziare nuove centrali elettriche a combustibili fossili — l’attivista adolescente, la superstar del clima Greta Thunberg sostiene che il vertice COP26 sia solo una truffa:
“Due settimane di ‘business as usual’ … blah, blah, blah”!
La Thunberg non ha tutti i torti.
Gli impegni presi in Scozia non sono vincolanti per i governi che, autocratici o democratici che siano, non subordinano l’interesse nazionale alle promesse ostentate nei forum globali.
Il Vertice di Glasgow richiama alla mente il patto Kellogg-Briand, che valse il “premio Nobel per la Pace” al Segretario di Stato Frank Kellogg,
Il 27 agosto 1928, 15 Paesi firmarono un patto per rinunciare alla guerra come strumento di politica nazionale.
I firmatari furono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Germania, l’Italia, il Giappone, la Francia, la Polonia, il Belgio, la Cecoslovacchia, il Canada, il Sudafrica, l’Australia, la Nuova Zelanda, l’Irlanda e l’India.
Nel giro di 15 anni tutte quelle nazioni, ad eccezione dell’Irlanda, restarono intrappolate nella più grande guerra della storia.
Come le promesse al Vertice sul Clima, il patto Kellogg-Briand non prevedeva alcuno strumento di applicazione, o sanzione, contro i Paesi che non fossero riusciti a mantenere il loro impegno.
Considerate questo: la Cina è il più grande “produttore di CO2” al mondo, la Russia il quarto e il Brasile il settimo.
Ebbene, i loro Presidenti — Xi Jinping, Vladimir Putin e Jair Bolsonaro — non si sono nemmeno presentati.
Per non dire del Presidente statunitense Joe Biden e del Primo Ministro britannico Boris Johnson che si sono addormentati durante i lavori!
Glasgow è destinata a fallire perché gli interessi nazionali trionfano invariabilmente sul globalismo.
Le richieste del popolo, che mantiene i regimi al potere, saranno necessariamente ascoltate prima di quelle transnazionali.
Biden, di fronte alla minaccia del Senatore Joe Manchin di affondare il suo progetto di legge “Build Back Better”, ha rapidamente abbandonato una misura che avrebbe comportato l’aumento delle “tasse sul carbonio” per gli impianti a combustibile fossile e concesso premi monetari per gli impianti ad energia pulita.
Biden l’ha lasciata cadere perché le sue fortune e quelle del suo Partito dipendono dai risultati di quella legge.
Le proteste in Scozia di questo fine settimana sono state molto più “colorate” rispetto a quelle dei “gilet gialli” in Francia, che durarono un anno.
Tuttavia, le seconde si sono dimostrate più efficaci.
Quel movimento ebbe origine dalle proteste degli automobilisti francesi delle zone rurali — costretti gioco forza a lunghi spostamenti — per l’aumento delle tasse sui carburanti.
Le proteste francesi avevano un obiettivo specifico e, quindi, portarono a una riduzione delle tasse sul carburante.
“Il re carbone è morto!” … abbiamo sentito gridare al Vertice di Glasgow.
Davvero?
In Asia, il carbone è una risorsa fondamentale e la domanda cresce man mano che le popolazioni e le economie asiatiche si espandono.
Il carbone rappresenta grosso modo i 2/3 della produzione di elettricità in Cina e i 3/4 in India. Due Paesi che, da soli, rappresentano più di 1/3 della popolazione mondiale.
Inoltre, per nazioni come l’Australia la vendita del carbone è una componente essenziale delle loro esportazioni.
Consideriamo, ad esempio, la stessa Scozia. Rinuncerebbe volentieri ai giacimenti d’idrocarburi del Mare del Nord, così vantaggiosi anche per tutto il resto della Gran Bretagna?
Mentre l’America passa all’energia pulita e ai veicoli elettrici, la sua dipendenza dalla Cina crescerà.
Perché è quel Paese il principale fornitore mondiale di pannelli solari e di “terre rare”, vitali per le batterie delle auto elettriche.
E poi, per arrivare a Glasgow i delegati, i giornalisti e gli attivisti hanno dovuto viaggiare su jet commerciali o privati.
Ogni ristorante, bar, camera d’albergo e sala conferenze è stata illuminata e riscaldata dall’elettricità generata da impianti a gas, petrolio e carbone che le élite globali vogliono bloccare per la metà di questo secolo.
L’impronta di carbonio del COP26, in effetti, non è trascurabile.
Quando i Presidenti e i Primi Ministri avranno lasciato il summit globale, dopo la seconda e ultima settimana, si passerà alle questioni che contano, quelle pratiche.
Scrive il Washington Post: “Nei prossimi giorni … i negoziatori di quasi 200 Paesi si scontreranno su ogni parola dell’accordo … sul modo in cui i Paesi ricchi manterranno la promessa di aiutare quelli più vulnerabili”.
In particolare, chi pagherà i 100 miliardi di dollari l’anno promessi ai Paesi poveri e in via di sviluppo nei precedenti “Vertici sul Clima” e mai completamente versati?
E chi pagherà i risarcimenti per le “perdite e i danni” subiti dai Paesi poveri e in via di sviluppo, causati in precedenza dalle nazioni industrializzate del Primo Mondo?
Alla radice, quasi ogni istituzione e vertice globalista/transnazionale ha una caratteristica comune: il trasferimento di ricchezza dal Primo Mondo, l’oppressore storico, alla presunta vittima, il Terzo Mondo.
Gli incontri post Glasgow serviranno a determinare il risarcimento che questi ultimi potranno estorcere a un Occidente con la coscienza a pezzi.
Il GOP rifiuterà l’estorsione?
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Nota: l’articolo fa seguito a quello precedente dello stesso autore, già pubblicato nel nostro sito:
A Glasgow si affronteranno “nazionalismo” e “globalismo” (ma, forse, già sappiamo chi vincerà)
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Link: https://buchanan.org/blog/did-glasgow-deliver-blah-blah-blah-158726
Scelto e tradotto da Franco