Redazione: In Italia, la vicenda umana e processuale di Kyle Rittenhouse non ha avuto una grandissima eco. Ma in America, per molto tempo, non si è parlato d’altro.
Non è stata solo una vicenda giudiziaria, ma il terreno di scontro fra due Americhe. Il prosieguo con altri mezzi della campagna presidenziale del 2020.
Kenosha, Wisconsin, è una città popolata da tutte le razze, i credi ed i colori. Tutto sommato, è un luogo sensibile ai valori della convivenza civile e le vicende del 25 agosto 2020 non erano affatto comuni.
Il caos, a Kenosha e nel resto del Paese, aveva la stessa origine: un Partito democratico solo di nome che voleva impedire la rielezione di un Presidente in carica, usando in tal senso movimenti tipo BLM e Antifa (ma non solo).
Come dimenticare il vetriolo vomitato a quel tempo da mezzi di comunicazione largamente di parte?
Ma, oggi, prendiamo atto che dodici persone provate e vere (la Giuria) hanno lasciato fuori dalla porta chi urlava davanti al Tribunale e sui media, compiendo il proprio dovere nel rispetto della Costituzione e dei fatti.
Dovevano giudicare un ragazzo accusato di crimini che lo avrebbero mandato in prigione per il resto della sua vita. Solo questo era importante, non le grida degli Antifa e del Presidente Biden.
Ci hanno messo la loro esperienza di vita e il loro buon senso decidendo, infine, sulla base di quello che era realmente accaduto.
Ma è anche una decisione che riguarda il diritto alla legittima difesa e una risposta a coloro che vogliono porre la giustizia al servizio del woke.
E’ appena il caso di dire che le tre persone colpite (due mortalmente) erano “bianche” (per BLM e Antifa è un’attenuante) e quanto meno disadattate, violente e con numerosi precedenti.
Ce ne parla American Spectator che cita il filosofo “scaricatore di porto”, Eric Hoffer, per offrire delle tre “vittime” un quadro raggelante, più psicologico che politico.
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Daniel J. Flynn per The American Spectator
Eric Hoffer aveva descritto i vari personaggi coinvolti nel “caso Kenosha” settant’anni prima del processo.
Nel 1951, in “The True Believer: Thoughts on the Nature of Mass Movements” scrisse:
“Abbiamo la tendenza a localizzare le forze che modellano la nostra esistenza al di fuori di noi stessi. Il successo e il fallimento sono inevitabilmente correlati, nella nostra mente, con lo stato delle cose intorno a noi.
Di conseguenza, le ‘persone realizzate’ pensano che il mondo sia una buona cosa e vorrebbero conservarlo così com’è mentre, i ‘frustrati’, vorrebbero un cambiamento radicale … È comprensibile che chi fallisce sia incline a incolpare il mondo per i suoi fallimenti”.
Anche se una giuria di 12 persone ha passato la settimana dibattendo animatamente sull’opportunità di giudicare Kyle Rittenhouse un assassino, un forte consenso emerge fra di noi sul termine che meglio descrive i tre uomini a cui ha sparato: disadattati (i perdenti della società).
“Joseph Rosenbaum — depresso, solo e senza casa — non apparteneva a nessuna delle due parti”, ha scritto il Washington Post di quest’uomo, ripreso mentre spingeva un cassonetto in fiamme verso una stazione di servizio, mostrando una predilezione per le parole “n-word”, “f-world” [insulti razzisti e omofobi] e altre ancora che, in un ambiente educato, vengono usate solo con la loro lettera iniziale.
Per poi continuare: “Da quando aveva 18 anni, oltre che lottare per un disturbo bipolare, aveva trascorso la maggior parte della vita in prigione per la sua condotta sessuale con i bambini.
Quel giorno, il 25 agosto 2020, Rosenbaum era stato dimesso da un ospedale di Milwaukee — dopo il suo secondo tentativo di suicidio in due mesi — e scaricato per le strade di Kenosha”.
Il padre lo aveva incontrato solo due volte in tutta la sua vita, un patrigno lo molestava quotidianamente e sua madre, infine, lo aveva dato a una casa-famiglia, dopo una condanna a due anni di prigione.
In quale altro posto un senzatetto pedofilo, senza medicine e fresco di manicomio, può diventare un leader, se non in un branco di gentaglia incazzata?
Il Washington Post, poi, ha sottolineato la “deprimente e — secondo i documenti del Tribunale — violenta adolescenza” di Anthony Huber.
L’uomo che ha colpito Rittenhouse sulla testa con uno skateboard è cresciuto in una casa di accaparratori compulsivi contenente “mucchi di spazzatura e feci di gatto”.
Il giornale ha spiegato che soffriva di dipendenza dall’eroina (che teneva sotto controllo con il DMT), che passava dei lunghi periodi in prigione per atti di violenza contro i membri della sua stessa famiglia e che lottava, secondo la sua ragazza, “per trovare un lavoro che non ti facesse venire ogni giorno la fottuta voglia di ucciderti”.
Quando un poliziotto di Kenosha aveva arrestato Gaige Grosskreutz, un attivista del gruppo Peoples Revolution, una settimana prima che Rittenhouse gli sparasse (ferendolo) perché gli aveva puntato contro una pistola carica, le Forze dell’Ordine avevano già una grande familiarità con quel ventenne.
Oltre agli arresti per guida e uso di arma da fuoco in stato di ebbrezza, abusi domestici e numerosi altri reati, era stato ammanettato per essersi aggirato con fare ambiguo nel parcheggio usato dai poliziotti di Kenosha per i loro veicoli privati.
Il Rapporto di Polizia ottenuto dal Wisconsin Right Now nota che:
“Gaige non aveva motivo per essere lì e non aveva alcun veicolo parcheggiato in quel luogo. Era stato precedentemente fermato per vagabondaggio nella stessa zona e poi rilasciato.
Gaige sembrava che stesse riprendendo i veicoli personali dei Poliziotti, posti nel parcheggio a loro riservato sul retro dell’edificio.
Gaige aveva ripetutamente espresso le sue vivaci opinioni contro le Forze dell’Ordine ed era già stato arrestato per vagabondaggio, registrato, citato in giudizio e poi rilasciato”.
Mentre accartocciava la sua citazione buttandola nella spazzatura, aveva chiesto ai Poliziotti che lo definivano come una minaccia dov’è che vivessero (“Voi vivete in quegli appartamenti su ….. road, giusto?”), per poi lanciare minacce su Facebook: “Che cz… volete da me?”
Rosenbaum, Huber e Grosskreutz, tre bianchi, avrebbero avuto bisogno di cambiare vita.
Invece, si sono riversati sulle strade di Kenosha, il 25 agosto 2020, per sostenere violentemente che i problemi di cui soffrivano non risiedevano in loro stessi, ma nella società.
Le loro cattive scelte di vita li hanno portati alle cattive scelte di quella notte.
E, visto che hanno scelto loro d’interagire con Rittenhouse e non il contrario, si può supporre che, per qualche verso, essi forniscano un campione delle persone che stavano “protestando” a Kenosha (e altrove) in quell’agosto 2020, distruggendo attività commerciali, statue e vetrine … picchiando selvaggiamente gli incauti passanti e molto altro ancora.
Queste tre persone non miravano a rendere il mondo un posto migliore, ma cercavano una specie di catarsi per i loro disturbi interni.
Le anime disordinate, in effetti, odiano l’ordine.
Anche se variavano nel grado di coinvolgimento politico — Rosenbaum (quasi nessuno), Huber (a malapena) e Grosskreutz (pesantemente) — tutti assomigliavano all’archetipo descritto da Eric Hoffer sette decenni fa: uomini che cercano di cancellare i loro fallimenti annullandosi in un movimento più grande di loro (“un oppiaceo per i frustrati”, secondo Eric Hoffer).
“I disadattati permanenti possono trovare la salvezza solo nella completa separazione dall’io” — scriveva Hoffer — “e, di solito, la trovano perdendosi nella collettività di un movimento di massa”.
Questo, naturalmente, rappresenta una specie di suicidio. Come lo è istigare la violenza contro un ragazzo diciassettenne armato di un AR-15, picchiandolo con uno skateboard.
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Link: https://spectator.org/three-kenosha-characters-in-search-of-an-exit/
Scelto e tradotto da Franco