Andrew Korybko per One World Press
Il “Vertice per la Democrazia” organizzato dagli Stati Uniti — che ha avuto inizio il 9 dicembre — serve a porre le basi per la “Nuova Guerra Fredda”, compattando gli alleati e indicando, al contempo, quali Stati potrebbero essere potenzialmente presi di mira, nel prossimo futuro, con i tipici mezzi della “Guerra Ibrida”.
Come prevedibile, Russia e Cina hanno condannato questo Vertice sottolineando, giustamente, l’ottica sottostante.
Peraltro, gli Stati Uniti non possono essere considerati come un “modello di democrazia”, considerando le loro pratiche antidemocratiche, sia in patria che all’estero.
Tuttavia, questo Vertice sarà (strategicamente) la grande “pietra miliare” della “Nuova Guerra Fredda” ed è quindi meritevole di un’analisi ulteriore.
Alla fine del 2020 avevo già previsto, in un’analisi esclusiva per il prestigioso Islamabad Policy Research Institute (IPRI – Pakistan), che l’“Alleanza delle Democrazie” poteva la prossima grande mossa strategica dell’America.
Inoltre, scrivevo che questo sviluppo si sarebbe basato sull’obiettivo dell’ex Presidente Trump di allineare gli alleati del suo Paese in tutta l’Eurasia, per massimizzare la pressione che intendeva esercitare su Russia, Cina e Iran.
A posteriori, quest’analisi si è rilevata corretta. Questo Vertice aggiungerà una dimensione ideologica alla “Nuova Guerra Fredda”, nel tentativo di mascherare le più ampie motivazioni economiche e strategiche.
Gli Stati Uniti diedero inizio al tentativo di cambiare le cosiddette “regole del gioco” intorno al 2014, dopo aver calcolato che un loro fallimento li avrebbe portati a perdere, gradualmente, l’influenza globale — come conseguenza della contemporanea ascesa di Russia e Cina in Eurasia.
Quindi, diedero inizio alle tipiche provocazioni della “Guerra Ibrida” sia contro la Russia in Ucraina (EuroMaidan) che contro la Cina nel Mar Cinese Meridionale.
L’ingresso di Trump sulla scena politica portò a una tremenda escalation delle tensioni con la Cina attraverso guerre commerciali e tecnologiche, nel tentativo di assestare un colpo alla sua stabilità strutturale.
Questo sforzo fallì, analogamente al tentativo di mediare un “riavvicinamento con la Russia”, osteggiato dalla fazione anti-russa delle burocrazie diplomatiche, militari e d’intelligence (il “Deep State”) che aveva ereditato dal suo predecessore, Barak Obama.
Il suo unico vero successo fu quello di rivoluzionare la dinamica del “deep state” del suo Paese, in modo che diventasse predominante la “guerra anti-cinese”, come dimostrato dalla continuazione di queste politiche da parte del suo successore.
La fazione anti-russa è ancora influente, ma non ha più il “controllo” che aveva prima, come dimostrato dal “Vertice Biden-Putin” della scorsa estate e dai successivi progressi nel miglioramento dei loro legami.
Il “Vertice per la Democrazia” serve a far pressione più sulla Cina che sulla Russia o l’Iran.
In effetti, gli Stati Uniti stanno cercando di raggiungere una serie di pragmatici compromessi con questi ultimi due Paesi, per liberare risorse militari e di altro tipo da reindirizzare nel “contenimento” della Cina nell’“Indo-Pacifico”.
Attualmente, non sono in corso analoghi sforzi per migliorare significativamente le relazioni con la Cina.
Il “Vertice Virtuale Biden-Xi” del mese scorso era volto a regolare, semplicemente, le loro crescenti tensioni militari — in modo che non potessero trasformarsi in una “Guerra Calda” che nessuna delle due parti vuole.
La loro rivalità globale, tuttavia, resta più acuta che mai e si sta intensificando.
C’è una dimensione tattico-strategica nel desiderio degli Stati Uniti di fare della loro concezione di “democrazia” il punto focale attorno al quale guidare l’alleanza globale contro la Cina.
Ho già scritto, all’inizio del 2018, che “L’intelligence ha militarizzato la democrazia in tutto il mondo” — con riferimento agli sforzi del “deep state” [domestico] di manipolare i processi politici interni, per influenzare le dinamiche dei “deep state” degli stati-bersaglio.
In pratica, significa che gli Stati Uniti potranno intromettersi più facilmente nelle vicende dei Paesi con sistemi più strettamente allineati al concetto occidentale di “democrazia elettorale”, se questi cercassero di praticare una politica estera troppo indipendente.
Non è una coincidenza che molti dei partner della Cina non siano considerati allineati con la versione occidentale di “democrazia”.
Le politiche di questi Paesi tendono ad essere più “lungimiranti” rispetto a quelle delle “democrazie occidentali”, per l’influenza che gli elementi patriottici dei loro “deep state” — concentrati, di solito, nelle ali militari e/o di intelligence — tendono ad esercitare sulla formulazione delle politiche.
Lo “scambio”, in termini di “contratto sociale” con i loro popoli, è che forniranno miglioramenti tangibili ai loro standard di vita in cambio del diritto di mantenere la politica estera (ma non solo) al di fuori del regno imprevedibile della politica elettorale, ritenuta demagogica.
Facendo della concezione occidentale della “democrazia” la linea di faglia ideologica della “Nuova Guerra Fredda”, gli Stati Uniti distraggono [il resto del mondo] dalle motivazioni economiche e strategiche poste dietro la rivalità globale con la Cina — e, in misura minore, da quelle regionali con la Russia e/o l’Iran, nel caso non fossero d’accordo con la sperata serie di pragmatici e reciproci compromessi, come ho detto sopra.
Inoltre, possono pre-condizionare le “democrazie occidentali” perché accettino le tipiche pressioni della “Guerra Ibrida” (ad esempio le Rivoluzioni Colorate) contro quegli Stati che rifiutano di piegarsi alla richiesta di disimpegnarsi dalla cooperazione con la Cina.
Le misure punitive che potrebbero seguire sarebbero presentate al mondo, in particolare dai media-mainstream influenzati dagli Stati Uniti, come l’inevitabile espressione di quelle “persone amanti della libertà che protestano pacificamente per la democrazia contro le dittature sostenute dalla Cina” — anche se fossero ribellioni e atti di terrorismo urbano volti a realizzare un “cambio di regime” sostenuto dall’esterno.
È questo il grande significato strategico che rende il “Vertice per la Democrazia” e la prevista successiva alleanza (sia formale che informale) le “pietre miliari” della “Nuova Guerra Fredda”.
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Scelto e tradotto da Franco