Gli interessi politici, aziendali e criminali globali che hanno guidato la cosiddetta pandemia sin dal suo inizio hanno avuto come principale priorità strategica quella di impedire all’opposizione di fondersi nel corpo indistruttibile costituito dalla forza del popolo.
A tal fine, negli ultimi 20 mesi si è assistito all’intensificarsi di una serie di tecniche di guerra psicologica ed economica, reso possibile dal controllo sui media e dalle reti di ricatto e corruzione di politici e scienziati corrotti.
Queste tecniche erano progettate per terrorizzare e polarizzare il pubblico, distruggere o cooptare le istituzioni autonome, diffamare ed emarginare gli individui onesti e meritevoli e gettare sul lastrico gli imprenditori indipendenti e i lavoratori.
Questa strategia è ora sul punto di crollare.
Con la mobilitazione in Canada di mezzo milione di camionisti che ha ispirato centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, il popolo è ora in marcia e l’élite di Davos e i suoi mercenari sono in ritirata.
La forza del popolo è fondamentalmente morale: corrisponde a quella forza che auspica la rottura con principi ideologici e rivendicazioni grettamente partigiane a favore della causa dell’universalità, che chiede che l’umanità sia universalmente libera.
La prevedibile condanna di questo movimento guidato da lavoratori e contadini, da parte dei portavoce di una sinistra contemporanea squilibrata e corrotta, non fa che sottolineare fino a che punto questo organismo rappresenti ormai rozzi interessi sub-politici e psicologici, contro i diritti e la dignità dell’Uomo.
Il popolo lotta per ottenere giustizia e libertà, contro un regime politico e corporativo di stampo mafioso che è diventato una fonte di ingiustizia e criminalità.
Come i loro avversari, gli individui che compongono il popolo provengono da ogni classe e da ogni ambiente. Ma mentre il partito di Davos, i suoi burattini e mercenari sono uniti dalla paura e dall’avidità, la forza del popolo è unita dalla sua determinazione e dal suo coraggio.
Che nessuno si lasci ingannare: questa è l’élite della democrazia.
Il popolo non può essere distrutto, ma solo temporaneamente disperso: il suo riemergere oggi obbedisce a leggi storiche cicliche. Quando l’autorità ufficiale degenera in tirannia, ecco che un movimento popolare di giustizia si ricostituisce per riaffermare la sovranità legittima.
In definitiva, un sistema politico basato sulla violenza e sulla menzogna, senza una visione positiva di una vita significativamente etica, non può essere sostenuto indefinitamente. Il nostro sistema, che elargisce onori e ricchezze agli individui più amorali e cinici del pianeta, sta ora per scoprire la sua transitorietà.
Gli sviluppi globali contemporanei ricordano quelli della fine degli anni Ottanta, quando l’Impero Sovietico si è sgretolato. In Polonia, Romania, Ungheria e Germania dell’Est – e infine nella stessa Russia – emersero leader di eccezionale coraggio e virtù per dare l’esempio.
Questo processo sta ora accadendo di nuovo.
Come la Germania dell’Est alla vigilia della sua caduta negli anni Ottanta, l’attuale regime canadese è caratterizzato da un’estrema miscela di arroganza, corruzione e narcisismo in diretta contrapposizione alla dignità del suo popolo. Questa realtà è rappresentata da Justin Trudeau, un bugiardo patologico e una mediocrità delirante che è fuggito da Ottawa e si è nascosto quando i camionisti sono entrati nella capitale.
Ci sono voci che suggeriscono ora che Trudeau o i suoi padroni si stiano preparando a reprimere violentemente la protesta, proprio come la leadership della Germania dell’Est si preparò a reprimere le proteste che alla fine la spazzarono via dal potere, prima di rendersi conto con orrore che non poteva più fare affidamento su forze di sicurezza che rispondessero ai suoi ordini.
Trudeau potrebbe fare presto la stessa amara scoperta.
Già un membro della sua scorta personale di sicurezza, lo straordinario caporale Bulford, si è dimesso alla fine di gennaio disgustato per le azioni di Trudeau e ora sostiene camionisti e manifestanti. Seguiranno ulteriori defezioni.
Chi rischierebbe la vita per Justin Trudeau? Non c’è nessun uomo al suo fianco che abbia il coraggio e la determinazione di Artur Pawlowski , il pastore di origine polacca che rappresenta solo il più recente eroe emerso dalla sua grande nazione.
Ma l’uomo a cui Pawlowski assomiglia di più è Laszlo Tokes , il pastore della città di Timisoara le cui critiche esplicite al regime rumeno alla fine degli anni Ottanta ne hanno catalizzato la caduta.
Justin Trudeau in questo scenario è Nicolae Ceausescu . Nessuno lo piangerebbe se incontrasse la stessa sorte.
Scelto e tradotto da RobertoX
Photo by Guillaume Jaillet on Unsplash
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