“Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». E il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».”
Matteo 25, 31-46
Chiediamoci: che cos’è una comunità? Perché e come si forma una comunità? Che cosa sta succedendo sul territorio italiano ora?
Ripeto: sul territorio italiano. Non all’interno delle istituzioni. Non sullo scacchiere geopolitico. Non nelle piazze.
Specifico: su quel territorio italiano, tra quelle persone che non hanno accettato questo scempio.
Nessuno, e dico nessuno si preoccupa minimamente di parlare di ciò che sta accadendo. Siamo così focalizzati sul macro, sui grandi avvenimenti, sulle dinamiche della storia, sulle negatività incalzanti o su passati remoti incogniti che non ci accorgiamo che cosa sta accadendo sotto il nostro naso.
Quando se ne parlerà?
Vi faccio una confessione: state attenti a coloro che vi chiedono il consenso in piazza e poi non sono reperibili sul territorio.
Quella che chiamiamo “storia” non si sviluppa solo nei palazzi e nelle stanze del potere, nonostante sia consapevole che questi luoghi sono molto importanti nelle dinamiche costruenti la vicenda umana.
Ci sono entità che si sviluppano nel silenzio e che improvvisamente prorompono sul palcoscenico sociale, lasciando i distratti sorpresi e facendo sì che gli urlatori gridino al pericolo fascista.
Perché se vogliamo evitare un nuovo Movimento 5 Stelle dobbiamo accorgerci di queste realtà e non solo comprenderle con i parametri sociologici novecenteschi. E’ facile studiare e capire le dinamiche della storia a posteriori. Dobbiamo dialogare con queste comunità, con questi gruppi che altro non sono formati che da uomini e donne che hanno compreso l’inganno perpetrato nei loro confronti.
Se le lasceremo al proprio destino e non le racconteremo verranno fagocitate da un sistema che crea la sua stessa opposizione e convoglia il dissenso con una forza magnetica senza pari.
Questi sono germogli veri di un mondo diverso da quello che finora abbiamo vissuto e del quale non vogliamo più fare parte.
Se vogliamo costruire realmente un’opposizione alla grande impostura dobbiamo confrontarci volente o nolente con i problemi della strada, con i guai dell’uomo comune. E dobbiamo noi stessi avere la consapevolezza che tra gli attivisti coinvolti soggiace una parte della dirigenza del futuro.
Altrimenti che facciamo? Aspettiamo che il prossimo leader politico arrivi e si prenda il nostro consenso e con il nostro voto se ne vada in provincia, in regione o a Roma a rappresentare chi in realtà non conosce?
Questo non è un appello a fare politica. Lungi da me da me dal consigliare a qualcuno cosa fare. E’ una chiamata alla responsabilità e alla consapevolezza.
Noi, che siamo figli e parte integrante di questa fetta di popolazione che ha compreso il grande inganno, dobbiamo riportare il dialogo e l’ascolto a un livello personale e intimo con le persone che ci chiedono aiuto e supporto. Dobbiamo conoscere il loro volti, i loro nomi, le loro storie.
Noi, che siamo stati esclusi quanto loro, che abbiamo offerto loro il caffè nei bar dissidenti e che abbiamo messo in contatto con medici e avvocati divergenti, con i quali ci siamo lamentati delle ingiustizie subite e con i quali ci siamo commossi talvolta, che siamo stati nelle loro case e i cui figli e figlie hanno giocato liberamente senza mascherine e igienizzante, noi, che abbiamo la loro fiducia semplicemente perché siamo loro, dobbiamo lottare per loro perché lottando per loro lottiamo per noi, dobbiamo rappresentare loro perché rappresentando loro, rappresentiamo noi. E dico rappresentare in qualunque forma, in qualunque ambito. Non solo nell’agone politico, ma anche dal punto di vista legale, medico, educativo.
In questi giorni di riflessione e di supporto costante mi ritrovo a rileggere le Encicliche di grandi papi quali Leone XIII e Giovanni Paolo II. Precisamente: Rerum Novarum e Centesimus Annus. Prima di tutto invito tutti a leggerle e a trovare spunto e riflessione in questi scritti. Secondo la dottrina sociale della Chiesa può rappresentare una possibile via d’uscita dal grande inganno.
E non mi rivolgo solo ai credenti. Mi rivolgo a tutti coloro che leggono questo mio pezzo. In questi scritti ci sono passaggi che riguardano l’essere umano nella sua interezza, che si rivolgono alla sua dignità e alla sua capacità di discernere ciò che è Bene da ciò che è Male.
Ovviamente il lavoro di interiorizzazione delle esperienze vissute negli ultimi 3 anni sono personali e intime. Non mi permetterei mai di indicare la strada a nessuno. Perciò mi permetto di condividere le mie riflessioni e il processo attraverso il quale mutamenti interiori forti e preponderanti mi hanno investito in questo periodo.
Dobbiamo partire da una riflessione interiore. Dobbiamo partire da noi stessi. Non possiamo e non vogliamo imporre nulla. Le neocomunità dovranno selezionare i propri rappresentanti da sole, dovranno creare reti e sottoreti al fine di supportarli e sostenerli. Questi rappresentanti dovranno essere in costante dialogo con le reti e le sottoreti, non solo con i referenti di tali gruppi, ma anche con la base, con i cittadini la cui fiducia è il fondamento ideale di queste strutture.
I molti si devono organizzare per difendersi da interessi particolari che rischiano di spaccare definitivamente il tessuto civile.
Forse le comunità nascono in seno a una minaccia, quando ci si deve unire per far fronte a un pericolo esterno imminente e incombente.
NUOVA VIA EMILIA è l’avanguardia in questo senso: non ci sono infiltrazioni politiche, non ci sono ammaestramenti esterni e diverse anime provenienti da differenti territori all’interno dell’omonima regione dialogano apertamente tra di loro alla ricerca di uno spazio d’azione comune.
L’intento è quello di creare reti interregionali connesse a ogni livello che siano in grado di formulare proposte attive e che possano federare le numerose voci in un canto polifonico e armonioso.
Io non vi dirò mai cosa dovete fare. Non mi permetterei mai. Ognuno di noi deve trovare spontaneamente il suo ruolo in questa enorme partita a scacchi.
Quanto siete pronti a investire di voi stessi in questo gioco?
Quanto vale per voi la libertà?
Siete forti a sufficienza?
l’Alessandrino
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