Troviamo spesso (in questo sito come in altri) traduzioni di articoli di attualità di commentatori intelligenti e molto consapevoli, troviamo analisi argute ed efficaci sui temi più caldi. Io voglio fare un’altra cosa, una cosa che mi ha insegnato MittDolcino, che ripeto è il mio mentore.
Grazie a lui vedo la storia in modo differente, mi accorgo di cose che non avrei mai visto se MittDolcino non mi avesse insegnato un metodo di comprensione del reale. Perché è questa una parte significativa di quello che chiamiamo “risveglio”. Vedere le cose del mondo con occhi differenti. Vedere anche ciò che non ci piace e non averne paura.
Perché è nel passato che si annidano i voleri di Dio e le ribellioni di Satana. Perché è nei vizi e nelle virtù che si ripetono con costanza ossessiva e metodica nei comportamenti dei popoli che possiamo comprendere le ragioni della storia e soprattutto le ragioni del mondo che stiamo vivendo ora.
Ecco io vi voglio proporre l’incipit di un testo molto importante, ma poco conosciuto (chiediamoci perché – sempre per la questione del metodo di comprensione del reale che si lega al “risveglio”).
Si tratta delle “Memorie per la storia del giacobinismo” di Augustine Barruel.
Voglio proporre una riflessione ai nostri lettori, generalmente molto attenti e capaci di afferrare la realtà delle cose con sagacia e coscienza, anche se questa spesso non è di loro gradimento.
Che cosa vi ricordano queste parole scritte oltre duecento anni fa?
Che cosa vi fanno venire in mente, così a caldo, senza troppe riflessioni, senza troppi fronzoli?
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Col malaugurato nome di Giacobini è comparsa nei primi giorni della rivoluzione francese una setta che insegna che gli uomini sono tutti eguali e liberi, e che in nome di questa libertà ed uguaglianza disorganizzanti calpesta altari e troni, spingendo tutti i popoli alle stragi della ribellione ed agli orrori dell’anarchia. Dai primi istanti della sua comparsa, codesta setta si trovò forte di trecentomila adepti e sostenuta da due milioni di braccia, che metteva in azione in tutta l’estensione della Francia armate di fiaccole, picche e scuri e di tutti quanti i fulmini della rivoluzione.
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Chi sono dunque questi uomini usciti, per così dire, dalle viscere della terra con i loro dogmi ed i loro fulmini, con tutti i loro progetti e mezzi per realizzarli e con tutta la loro feroce risolutezza? Quale setta divorante è mai questa? Da dove arrivano in una sola volta e quello sciame di seguaci, e quei sistemi e quel rabbioso delirio contro tutti gli altari e tutti i troni, contro tutte le istituzioni religiose e civili dei nostri antenati? Così nuovi come il loro stesso nome, i Giacobini sono forse divenuti i più terribili strumenti della rivoluzione in quanto ne sono stati i primogeniti e figli prediletti, o forse, se già presenti anteriormente alla rivoluzione e se essa è opera loro, che cosa furono loro stessi prima di mostrarsi? Quale fu la loro scuola e quali i loro maestri? Quali sono i loro ulteriori progetti? Finita che sia questa rivoluzione francese, finiranno poi di tormentare la terra, di assassinare i re, di rendere fanatici i popoli?
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La setta è mostruosa, ma non tutti i suoi discepoli sono mostri; la cura stessa che aveva di occultare ai più i suoi progetti ultimativi, le precauzioni estreme usate per non confidarli che agli eletti tra i suoi eletti ci dimostrano a sufficienza quanto essa temesse di vedersi senza mezzi e senza forza e di essere abbandonata dalla maggior parte dei suoi discepoli se costoro fossero riusciti a comprendere tutto l’orrore dei suoi misteri. Non ho mai dubitato un solo istante che, qualunque fosse la depravazione che regnava tra i Giacobini, la maggior parte di loro avrebbe abbandonato la setta se avesse saputo prevedere a quali conseguenze li si voleva condurre e con quali mezzi. E il popolo francese specialmente, come avrebbe potuto seguire simili capi se fosse stato possibile dirgli e fargli intendere: Ecco i progetti dei vostri capi, ecco fin dove si estendono i loro complotti e le loro cospirazioni! Ora che la Francia, chiusa come l’inferno, non può più ascoltare altre voci che quella dei demoni della rivoluzione, almeno si è ancora 12 in tempo per avvertire una parte delle altre nazioni che hanno già sentito parlare dei misfatti e delle sciagure di questa rivoluzione; è necessario che sappiano la sorte che le attende qualora prevalesse la setta dei Giacobini, ed è necessario far loro presente che anche le loro proprie rivoluzioni fanno parte del grande complotto quanto quella di Francia, e che tutti i delitti, l’anarchia e le atrocità seguite alla dissoluzione dell’impero francese non sono altro che una parte della dissoluzione che si prepara per tutti gli altri regni. Debbono sapere infine che la loro religione con i suoi ministri, i loro templi, i loro altari e i loro troni sono l’obiettivo della stessa congiura dei Giacobini proprio come la religione, i sacerdoti, gli altari e il trono dei francesi. Quando dei simulacri di pace sembreranno porre fine alla guerra tra i Giacobini e le potenze alleate, occorrerà anche che queste ultime sappiano fino a qual punto possano contare sui loro trattati; allora più che mai sarà importante riflettere sullo scopo delle guerre provocate da una setta che spediva le sue legioni non tanto per conquistare degli scettri quanto per spezzarli tutti, che non prometteva in premio a suoi adepti le corone dei prìncipi, dei re e degli imperatori, ma che da loro esigeva il giuramento di stritolare le corone, i prìncipi, i re e gli imperatori; allora più che mai sarà necessario considerare che con le sette la guerra più pericolosa non è quella che si fa sul campo di battaglia. Quando la ribellione e l’anarchia sono fra gli elementi costitutivi dei settari, le braccia si possono disarmare ma l’opinione resta e la guerra è nei cuori. Una setta ridotta a nascondersi od a starsene oziosa non cessa però di essere setta; potrà anche dormire, ma il suo le sonno sarà come la calma dei vulcani che non vomitano più torrenti di lava e fiamme all’esterno, ma i fuochi sotterranei serpeggiando elaborano nuove eruzioni e preparano nuove scosse.
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Ciò che hanno fatto i Giacobini prima di manifestarsi una prima volta lo faranno anche prima di ricomparire; perseguiranno nelle tenebre l’obiettivo primario delle loro cospirazioni, ed in questo modo nuovi disastri faranno comprendere ai popoli che la rivoluzione francese non era che l’inizio della dissoluzione universale meditata dalla setta.
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Ecco perché i voti segreti dei Giacobini, la natura stessa della loro setta, i loro sistemi, i loro sordidi e tenebrosi procedimenti e le loro cospirazioni sotterranee sono l’oggetto speciale delle mie indagini. Sono ben noti il delirio, la rabbia e la ferocia delle legioni della setta, che sono conosciute come strumenti dei delitti, delle devastazioni e delle atrocità della rivoluzione francese; ma per lo più si ignora quali maestri, quale scuola, quali auspici e quali complotti le abbiano progressivamente inferocite. Per molto tempo ancora i posteri calcoleranno con facilità l’orrore del flagello a giudicare dai suoi effetti; il francese che vorrà delineare il quadro delle stragi, per molto tempo non dovrà far altro che guardarsi intorno; e lungamente i resti dei palazzi e dei templi, le macerie delle città, le rovine di un vasto impero sparse nelle province attesteranno la barbarie dei moderni vandali. La spaventosa lista del principe e dei sudditi caduti vittime dei decreti di proscrizione, la solitudine delle città e delle campagne rammenteranno per molto tempo ancora il regno delle fiaccole fatali, della vorace ghigliottina, dei banditi assassini e dei legislatori carnefici.
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Tuttavia questi particolari umilianti per la natura ed infamanti per l’anima umana non faranno parte di queste Memorie; ciò di cui tratterò in modo particolare non è quello che hanno commesso le legioni infernali dei Marat, dei Robespierre, dei Sieyes, ma sono le cospirazioni ed i sistemi, le scuole ed i maestri che hanno prodotto i Sieyes, i Condorcet, i Péthion, e che stanno ancora preparando a ciascun popolo dei nuovi Marat e dei nuovi Robespierre. Ciò che mi propongo è di far conoscere la setta dei Giacobini e di scoprire le sue cospirazioni: allora i suoi delitti non avranno più nulla di sorprendente, e si comprenderà che la sua facilità nello spargere il sangue, le sue empietà contro l’altare, i suoi frenetici furori contro il trono e le sue atrocità contro i cittadini sono tanto naturali quanto le stragi della peste, in modo che i popoli facciano attenzione d’ora innanzi ad evitare l’una come dall’altra. Per giungere a questo importante oggetto, invece di soffermarmi sui dettagli della rivoluzione, ho creduto meglio concentrare le mie ricerche sulla setta e sui suoi capi, sulla sua origine e sui suoi sistemi, sulle sue macchinazioni, sui mezzi che usa, sui suoi progressi e su tutto ciò che ha fatto per giungere alla rivoluzione.
Augustin Barruel, Memorie per la storia del giacobinismo p.7-17
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