La BNS è tutto tranne che ipocrita: pragmaticamente usa qualsiasi mezzo per sostenere l’economia Svizzera, via controllo del tasso di cambio, fatto che passa anche per un forte attivismo sui mercati.
Eppoi, la BNS è quotata in borsa, dunque è trasparente, cosa che non sono le altre banche centrali, trasparenti. Caso direi unico.
Ad osservare bene, sulla base del bilancio a fine 2021, tale banca centrale aveva ca. 900 mld di franchi in asset stranieri (oro escluso),una quantità circa pari al PIL Svizzero. Già qui abbiamo un parametro importante, ossia la leva di quel grande fondo di investimento che è la BNS, è ca. 1xPIL, poco più.
Ben notando che le operazioni di fatto di tesoreria in CHF, di un valore complessivo base valori a bilancio, di circa 100-200 mld CHF, possono essere tranquillamente non considerate in quanto denominate nella stessa valuta è in titoli del Paese che tale banca centrale rappresenta, ossia a rischio approssimabile per definizione a zero, di fatto (…)
Parimenti, è interessante valutare il rendimento della BNS nei suoi investimenti. Dunque perdere 143 mld CHF su circa 900+ mld di asset denominati in valuta straniera, anche azionari, significa un rendimento negativo del 16%, non lontano dal rendimento (negativo) in CHF di un normale fondo bilanciato che avesse investito ovunque meno che in Svizzera (…).
Va inoltre menzionato il fatto che, per capire l’incidenza della perdita bilancio del 2022, sarebbe stato bene anche valutare la somma dei vari P&L negli ultimi 5 o 10 anni mobili (…), che hanno visto spesso guadagni di decine di miliardi di franchi annualmente, per diversi anni.
Infatti se è vero che nel 2022 ci sono state perdite BNS di oltre centoquaranta miliardi di CHF, bisognerebbe comunque aggiungere che negli anni precedenti la BNS guadagnava decine di miliardi di CHF all’anno.
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Il 2022 è andato male perché sono scesi sia i bonds che le azioni ed il Franco svizzero si è rivalutato pesantemente rispetto a tutte le principali valute. Una tempesta perfetta insomma.
Ma analizzando nel dettaglio il portafoglio BNS scopriamo che la banca centrale elvetica era piena di bonds a tassi negativi EUropei, in euro: chiaro, per non far salire il Franco, ovvero per difendere i propri esportatori, la BNS di norma vende franchi e compra valute straniere, regolarmente. E mette tali monete straniere in bonds, in valuta diversa dal franco. O meglio, compra treasuries stranieri (obbligazioni straniere con durata massima di norma assimilabili ai 10 anni circa, duration, ultimamente a tassi negativi, ndr).
Tutto questo attivismo sui mercati può inevitabilmente comportare rischi di cambio o di perdita su capitale. Rischi che però sono simmetrici ed opposti a quelli del Paese che la BNS rappresenta, visto che tenere apposta il Franco basso significa di norma limitare la disoccupazione Svizzera, tra le altre cose (…). O, in presenza di picchi di inflazione, far salire il Franco rispetto soprattutto al dollaro significa tenere basso il rincaro dei prodotti importati, visto che la Svizzera ha pochissime materie prime.
Il dato sopra, della maxi perdita di bilancio della BNS, va infatti letto considerando anche e soprattutto l’inflazione elvetica, che viaggia oggi attorno al 10% mentre in Svizzera non arriva al 3% (…).
Chiaramente, per non essere tacciati di manipolazione dei cambi (soprattutto dagli USA), evidentemente la Svizzera è costretta, come BNS, ad investire in azioni straniere, praticamente tutte americane. Il suo portafoglio è infatti composto da oltre 200 mld CHF su 800/900 di azioni americane. Gli altri 600/700 sono in obbligazioni straniere, di cui la maggior parte in euro, tedesche o francesi, a tassi negativi.
A parte la considerazione che investire in bonds a tassi negativi era ed è COMUNQUE una follia, la considerazione più importante è strategica e riguarda le azioni: infatti il primo titolo della BNS è spesso il tecnologico Apple, poi i restanti grandi titoli USA. I titoli petroliferi praticamente sono però quasi assenti, relativamente parlando, notiamo (vedasi oltre per la ratio).
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Da tale constatazione deriva una facile considerazione: un paese come la Svizzera che consuma abbondante petrolio avrebbe dovuto comprare anche e soprattutto titoli petroliferi, come BNS. Anzi, in linea teorica avrebbe dovuto comprare soprattutto titoli che contribuiscono alla propria inflazione interna e , nel caso, soprattutto se tali drivers rappresentano anche una fonte di normale e costante approvvigionamento di materie prime “consumabili” non disponibili in Svizzera.
Infatti se ad esempio il 33% dell’ investimento azionario della BNS fosse stato con sovraesposizione in titoli oil, che la Svizzera importa REGOLARMENTE, ovvero ca. 70 mld USD di investimento della BNS, ciò avrebbe rappresentato un guadagno relativo, in quota parte, pari a circa 20/25 mld di USD, vista la salita del comparto nel 2022. Il possibile errore è stato infatti – forse, secondo noi almeno – di metodo, secondo noi: la BNS dovrebbe avere esposizione a fattori inflattivi che il Paese importa come materia prima (si chiama “hedging di portafoglio” o “naturale”). E direi meno in tecnologia, visto che Apple sembrerebbe essere il primo titolo in portafoglio (LINK). In tale modo si sarebbe operato una sorta di h copertura dei rischi naturale vs. Economia Svizzera, solo sovrapesando i settori ad es. delle materie prime cd. “inflattive”, come sopra esposto (…).
Forse potremmo anche aggiungere che la difesa della parità Franco/euro fu un errore. Ma, si sa, del senno di poi son piene le fosse (sebbene tutti sanno che la difesa di idoli pre-imposti, direi quasi esotericamente, ad es. la parità eur/chf, sono il primo passo per i veri danni epocali, vedasi Italia 1992 e UK circa un paio di anni dopo).
Resta la grande capacità gestionale Svizzera e della BNS negli interessi comuni sia dello Stato che delle imprese che dei cittadini. Una perdita in un anno da parte della BNS non è comunque significativa. La SNB resta una storia di grande successo sul lungo termine, senza dubbio.
D’ogni modo, secondo noi si può strategicamente migliorare.
MD
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