Il gold standard presupponeva che un eccesso di avanzo commerciale venisse compensato comprando oro fisico. Tale oro fisico era a prezzo prefissato, rivalutato di rado.
Il più famoso gold standard, è ancora quello imposto da F.D. Roosevelt, con il blocco della conversione dei bonds USA (seguito a ruota da tutti gli altri paesi) in oro fisco. E poi con la nazionalizzazione del metallo giallo negli States.
La conversione del dollaro in oro era già fittizia, a maggior ragione dopo la vittoria statunitense nella WWII. Infatti mai avvenne, con buona pace di De Gaulle, a cui gli americani non solo avevano portato via l’Indocina, ma addirittura gli annichilirono il clan dei marsigliesi (sostituiti dai siciliani filo USA, ndr).
Dunque, il gold standard avvantaggia di fatto gli esportatori, evitando che la valuta dell’esportatore si rivaluti. Infatti l’export viene compensato dall’acquisto di oro.
Da tale meccanismo deriva l’oro accumulato dalla banca d’Italia ad esempio, quando, grazie alla rinascita post bellica frutto del piano Marshall allocato all’Italia dall’oriundo Fiorello La Guardia, l’Italia esportava tanti prodotti e dunque accumulava surplus commerciali e comprava oro. In fondo tale meccanismo era lo stesso da cui trassero vantaggio gli USA, enormi esportatori fino alla disastrosa guerra del Vietnam.
Ma, ripeto, ai tempi dei fasti italiani degli anni ‘50 e ‘60 c’era una ricostruzione post bellica in corso, dolce frutto di una guerra certamente vinta dagli americani. Ma non dagli stessi dichiarata, infatti furono i nazisti ad iniziarla, la guerra, memento.
La logica di fondo però resta la stessa: chi esporta ha bisogno del gold standard onde evitare che il proprio successo commerciale, ovvero in forza di un pesante e strutturale avanzo di bilancia commerciale, faccia rivalutare la propria moneta spiazzando le proprie merci, ossia rendendole non competitive. Ovvero bloccando il meccanismo di accumulo di ricchezza.
Anche tale driver, a pensarci bene, giustifica guerre e colonizzazioni: follow the money!
Infatti la Germania conosceva bene tali logiche quando volle l’euro, a tutti i costi: annegando così nel paniere della moneta unica anche e soprattutto i paesi eurodeboli.
Berlino ha tratto così vantaggio di una moneta comunitaria più svalutata di quello che sarebbe stato il solo Marco tedesco, di fatto spiazzando le merci dei paesi eurodeboli, che invece non potevano contare su una valuta sufficientemente svalutata come poteva essere ad es. la lira italiana, non a caso citata in quanto moneta del paese che fu secondo paese più manifatturiero d’Europa.
Chiaro dunque il fine dei due paesi più esportatori di manufatti del mondo, Cina e Germania, oggi, nel contesto qui analizzato: avere una forma di gold standard è finalizzato ad accumulare impunemente attivi commerciali senza vedere la propria valuta rivalutarsi, ossia con l’obiettivo di rendere eterno il sogno di potere degli esportatori seriali, istinto innato di dominio direi, per certa gente…
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Come capite, purtroppo per Germania e Cina, tale meccanismo sarebbe a dir poco letale per il resto del mondo, ovvero consegnerebbe le chiavi del mondo a tali due paesi esportatori seriali.
A parte che l’oro dovrebbe venire rivalutato enormemente, comunque non c’è ne è abbastanza – oggi – per compensare cotanti surplus commerciali cinesi e tedeschi. Ovvero di oro non c’è ne è più tanto quanto ce n’era 50 anni fa, le miniere sono infatti in larga parte esaurite.
Chiaramente i furbastri cinesi e tedeschi hanno accumulato in anticipo enormi quantità di oro fisico, facendo, più o meno, questo ragionamento: “tornando al gold standard, faremo rivalutare il nostro oro, dunque comunque vinceremo”.
Forse ora capite la spinta a comprarsi una parte dell’intellighezia – i politici, spesso in svendita – del sud EUropa da parte dei paesi egemoni in EU, magari proprio quelli a letto con la Cina, facendo ad es. passare il messaggio, nei paesi da colonizzare (i tra- EU, ndr), che bisognerebbe dare l’oro a garanzia del proprio debito statale…
Ovvero per confiscarlo prima della rivalutazione aurea auspicata ad esempio da Berlino.
Fortunatamente non tutti sono d’accordo, in primis gli USA, che lasciando fare perderebbero il loro dollaro come valuta di riferimento globale. Dunque più probabile un accordo diverso, che comporti materie prime varie come paniere di scambio, non solo l’oro.
In tale contesto, giratela come volete ma Germania e Cina NON hanno risorse primarie, dunque sono destinati a perdere, a termine. Comunque.
Al contrario gli USA hanno grandi riserve di materie prime e sono pure il primo produttore di petrolio, oggi, ad esempio.
Basta, come spiegato due settimane fa, che venga fatto onshoring manifatturiero nei prossimi 5 anni e gli USA avranno vinto, a termine.
Nel mentre ci sarà meno import straniero, via nave, in USA (via tasso di cambio e blocchi portuali ad esempio, ndr); ovvero meno export cinese e tedesco, visto che era ed è il mondo anglo a consumare il grosso.
Morale: i due esportatori seriali di inizio III. Millennio non possono durare nel loro primato.
Ovvero, saranno proprio tali due paesi, senza più sbocchi per il loro export, a termine, che dichiareranno guerra alla coalizione capeggiata dagli USA, solo questione di tempo. Passando, inevitabile, per un colonialismo sino-EU-Franco-tedesco all’estero, soprattutto in Africa e nei paesi in via di sviluppo in genere/+paesi messi sotto pressione cd. neocoloniale dall’EU, per trovare sbocchi per le proprie merci (ossia facendo esplodere i deficit commerciali, precisamente quanto accaduto ai paesi EU che hanno firmato la via della seta, ovvero tutti gli artifizi che cancellano i dazi in import, ossia le protezioni contro l’export seriale e deindustrializzante [per chi importa] cinese e tedesco, ndr)
La Russia, ricchissima di risorse, in tutto questo grande schema neocoloniale “a camera lenta” resta un’eccezione: a tempo debito si allineerà all’Impero USA, essendo Washington e Mosca due imperi naturali molto simili e per molti versi complementari.
Checche’ vi possa sembrare leggendo i “grandi giornali”, oggi quasi tutti pro- Davos in EUropa, il vero nemico a lungo termine di Mosca resta Pechino, da sempre aggressiva verso i confini russi in Asia.
MD