Raramente arriviamo a commentare i fatti italiani, totalmente irrilevanti nel contesto internazionale in cui tutta l’Europa è immersa direi fino a collo, diciamo così.
Questa di oggi è però l’eccezione che conferma la regola.
Nel caso di Eni, l’azienda energetica storicamente più strategica d’Europa (giacimenti, Saipem, SNAM, Fluxys, rapporti con la Russia, Mattei etc.) ne vale la pena, per le implicazioni anche europee.
Prima di tutto un appunto: tutti i paesi hanno aziende energetiche di fatto statali, anche la Svizzera (settore elettrico), la Francia, gli stessi USA dove aziende come Exxon e Chevron di fatto non sono contendibili, ovvero fanno gli interessi comunque americani, con esercito a stelle e strisce a supporto se necessario.
Clamoroso il caso di EDF, primo produttore nucleare francese da cui la stessa Italia compra, nazionalizzata l’anno scorso da Parigi sebbene in presenza di debito statale francese esplosivo, senza che nessuno osasse eccepire (…).
Anche BP, con cui ENI ha concluso un accordo in Libya, accordo strategico negli scorsi mesi/un paio d’anni, ha di fatto forti attinenze statali: pensate che il capo dell’MI6 è nel board di BP con la specifica delega di estrarre petrolio in Libya con ENI, in un’area pari a quella del Belgio (…).
Le operazioni libiche sarebbero dovute partire da ottobre scorso, poi invece (cfr. Davos indirizza) guarda caso è esploso il caso Israele (attaccato da Hamas, finanziata da chi?); ovvero per volere iraniano (paese da sempre a letto con la Berlino che conta, ovvero paese ariano per sua stessa ammissione unico al mondo in quanto MAI condanno’ le gesta di Hitler, fattuale, ndr).
Una rivolta palestinese che forse potremmo dire essere avvenuta in forza di proventi del gas iraniano estratto dal Qatar per conto di Tehran (…); il risultato è che con tale escamotage la pacificazione della Libya è stata interrotta per il rotto della cuffia (se ci fosse stata francesi e russi, sempre di buon intento condiviso, sarebbero stati tagliati fuori dall’Africa, ossia l’EU afrofrancese CFA sarebbe implosa, ndr).
E tutto senza dimenticare che il dividendo di ENI è superiore a quanto paga il BTP a 10 anni. Ovvero, finanziariamente lo stato italiano dovrebbe vendere BTP e coi proventi comprarsi TUTTA ENI, non venderla, visto che ci guadagnerebbe pure dei soldi…
In poche parole, non c’è alcun motivo logico per vendere ENI oggi, anzi!
A meno di un’etica di Stato del vice segretario della Lega, Giorgetti (ovvero della Lega stessa come partito), che metta in primo piano gli interessi stranieri e NON quelli italiani.
Non dimentichiamo per altro i piagnistei leghisti quando il M5S chiese lo sconto sui costi della TAV alla Francia, anche quello um comportamento leghista difficile da decifrare in termini logici, ad oggi (…).
Resta che se il governo Meloni cederà ENI, oggi, darà un segnale forte e direi grave, prima di tutto agli USA: ossia che qualcuno è a letto con l’EU franco-tedesca nel suo governo.
Sta alla Premier fermare l’ennesima follia leghista.
MD