Con qualche sorpresa. E, purtroppo, molte conferme sull’ineluttabilità dei prossimi grandi eventi…
La foto finale del G7 è davvero simbolica, come poche nella storia recente ne abbiamo viste, ne discuteremo di seguito, viste le dimostrazioni neanche troppo criptiche di appartenenza, addirittura plateali!
A ciò si aggiunge il dato più importante, alla lunga, del meeting: la mancata – sebbene da molti attesa – dichiarazione di sostituzione di Biden come candidato Dem alle prossima elezione presidenziale USA, nonostante i febbrili preparativi mediatici dello scorso mese, in vista del G7 appena concluso.
In molti davano per scontata la successione in campo Dem, via Biden e dentro un altro candidato, ad es. il governatore Dem della California Newsom molto probabilmente, e forse, alcuni azzardavano, anche Michele Obama.
Nulla di tutto questo è accaduto, significa che il fronte interno americano è compatto (è pronto alla guerra, vedasi oltre, nel caso sia necessario).
In USA un emendamento fatto passare alla chetichella reinserisce, di fatto (alla bisogna), la leva obbligatoria. Automaticamente…
Anzi, la foto di un Biden apparentemente incapace di intendere che però sta perfettamente in piedi e che va a salutare un Papa incapacitato nella deambulazione ma che da qualche mese a questa parte sembra tornato cattolico, verrebbe da dire, è davvero l’icona del meeting. Un Papa ultimamente meno prono a derive diciamo inusuali nella Chiesa cattolica romana (…).
Chiaramente, un Papa al G7 resta primizia assoluta e altamente simbolica, Papa in carrozzina rapido di cervello che saluta con un “frontale” Joe Biden invece stabilissimo sulle gambe ma apparentemente perso (nulla è come sembra).
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Assenti e presenti
L’altro aspetto da considerare, prima di arrivare alle dichiarazioni di cui alla foto, sono gli assenti ed i presenti.
Tra gli assenti certamente la Russia, a cui però non darei molta enfasi visto che a Mosca sono nel mezzo della transizione da Vladimir Putin.
Sebbene il ruolo Cristiano pivotale della Grande Madre Russia resti fuori discussione, ma verrà buono in un momento successivo, restando oggi di mero contenimento, non di aggressione, trend in corso (…).
Certamente è mancato il perno della coalizione dei BRICS a questo grande G7. Ed anzi dovrei dire il leader della coalizione anti americana: il grande stratega Xi, in rappresentanza della Cina, una superpotenza (assieme a USA e Russia).
Parlo del soggetto senza il quale nessuno si immaginerebbe alcuna tentazione di transizione ad un nuovo ordine mondiale (NWO, non a caso termine mutuato dal nazista Neuordnung, ossia sfida dei colonizzatori europei ai colonizzati “fu reietti europei” che diventano invece padroni, gli USA; tralascio interpretazioni più spirituali per cui il vostro umile ingegnere prestato alle analisi non serve, se non a preparare il quadro di riferimento).
In ultimo manca chiaramente Israele, che invece sulle sponde del Mediterraneo avrebbe dovuto esserci.
Ma, ormai si sa, come ben scrisse Albert Pike, la terza guerra mondiale avrà come driver la lotta indotta tra Israele ed Islam, più per distruggere Israele che l’Islam aggiungeremmo noi. Ma soprattutto per scatenare la III. guerra mondiale.
Passando ai presenti, oltre alla primizia Papale, questo G7 sembrava quasi un G20: oltre ai grandi senza Cina ne ‘ Russia, abbiamo USA, Germania, Gran Bretagna, Giappone, Francia, Italia, Canada, EU.
A cui si sono aggiunti, oltre al Papa (fatto eclatante), Sud Africa, Brasile, Argentina, Turchia, Emirati Arabi. E poi Algeria, Giordania, India, Kenya, Mauritania, Tunisia. Più FMI, OCSE, ONU, Banca Mondiale e Banca Africana di Sviluppo.
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Nel mentre i media EUropei (filo EU francotedesca) raccontano il crollo di borsa… che non è ancora avvenuto! Cosa dobbiamo intendere?
Un G7 anomalo
Come càpite questo non è stato un G7 ma quasi una nuova conferenza di Tehran in cui si decise l’apertura di un secondo fronte contro i nazisti. Chi nel caso siano oggi i nazisti decidetelo voi.
In realtà, come capirete dalla foto, la situazione è molto più complessa di allora.
Perché i nemici sono tanti e non dichiarati, anche tra le fila occidentali: se è vero che a questo G7 si è puntato sull’Africa, piano Mattei nel continente nero come segnaposto americano (tale piano Mattei riecheggia nelle minutes del meeting come “cooperazione non predatoria”, in fin troppo palese contrapposizione con la “cooperazione predatoria“ francese in Africa, leggasi Franco CFA eccetera, ndr), ossia come baluardo all’espansionismo cinese e non solo, abbiamo rilevato che esistono molti falsi alleati atlantici nella coalizione occidentale, in realtà avversari.
Parlo dei soliti paesi coloniali di sempre, oggi soprattutto Francia e Germania.
Con la Gran Bretagna che potrebbe invece avvicinarsi al suo secondo momento Churchill; ovvero al punto in cui Londra capisce che da sola, o con gli EUropei, non va da nessuna parte, restiamo dunque in attesa del nuovo vertice politico britannico post elezioni.
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Arriviamo alla foto…
Ricordando le famose mani incrociate di Angela Merkel, un simbolo costante nelle sue foto ufficiali, lo stesso simbolo ostentato dagli apparati ex Stasi fu DDR (la DDR aveva il compasso nel mezzo della sua a bandiera, lo ricordo), possiamo dedurre alcuni aspetti criptici.
Gli unici a presentare mani in qualche modo giunte sono Germania, India, EU, Canada e, abbastanza incredibilmente, il presidente australiano dell’OCSE (Mathias Corman, in realtà un belga filo-tedesco, ai tempi iscritto ad un partito tedesco, CDU, poi trasferitosi in Australia e diventato la’ ministro delle finanze, dunque migrato di ritorno a Parigi: tutto torna direi).
E. Macron scandisce invece la sua unicità e grandeur, al solito, ponendosi fuori a suo modo dall’Occidente Atlantico (mani in tasca), ma mandando lo stesso messaggio di dissociazione.
E il brasiliano Lula che, chiaramente, ieri pro Davos, oggi non sa con chi stare dopo aver assaggiato il carcere, batte le mani, cd. attesa (Davos non aveva di meglio in Brasile).
Tutti gli altri restano invece in ordine, formali. Anche il Papa.
Le mani giunte o non formalmente al fianco sembrano contraddistinguere Davos, con l’unica eccezione di Modi, tutto da interpretare (…).
Interessante l’indiano Sunak assolutamente formale, ma dimissionario in UK per sua deliberata scelta (forse sarà il prossimo Modi?).
Mancano Xi ed Israele: con loro avremmo secondo noi visto anche gli alleati di Camp David.
Una nota su Erdogan: durante la notte si è dissociato dall’evento, sembra, non si è capito bene cosa è capitato, uscite notturne dal resort, lamentele…
Anche questo un segno, chiaro, per un Paese al bivio impossibile (la Turchia), presto coinvolto in una doppia guerra ucraina-russa e islamico-israeliana.
Sullo sfondo, l’Italia, finalmente schierata a difesa dei propri interessi.
MD