L’Italia può salvarsi, ha tutte le carte in regola. Dal crack che invece si aspetta in primis la Francia. Il motivo: il popolo, i locali, sotto molti versi subiscono in silenzio mentre l’economia cresce, esportando.
Tutto si traduce nel grafico di seguito: crescita dell’export in valore molto alta, quarti al mondo, superato per la prima volta il Giappone. Dunque, capite, se contemporaneamente si riducono i consumi interni, ovvero si riduce la popolazione (Mario Monti docet), ossia la si sostituisce con soggetti che necessitano di poco per vivere (gli immigrati africani), in tal modo i Don Rodrigo locali continueranno a prosperare, sulla pelle della classe media in progressiva sparizione. Sparizione direi voluta ed anzi selettiva, post COVID e vaccinazioni al seguito (così si cancella pure l’eventuale [e sacrosanto] dissenso, per altro quasi nullo in un paese molto poco scolarizzato).
In poche righe avete qui il sunto dello status quo, che forse vi riguarda.
Ciò, per inciso, al netto della bassa scolarizzazione italica (e al netto di una libertà di stampa circa al livello – o peggio – di paesi africani come Namibia, Mauritania o Capo Verde, fino a qualche anno fa addirittura al livello del Burkina Faso, vedasi rapporto RSF), quanto sopra avviene in vari gradi in tutta Europa. Solo che, pur capitando quasi ovunque, l’Italia comunque si salva, Parigi e (anche) Londra no.
Li’ sta la ragione dell’attacco prossimo venturo all’Italia da parte dei poteri vetero-coloniali europei, Italia che sembra sempre più “the last one standing”.
Non per propri meriti direi, ma per una posizione geostrategica che nessuno ha. E per le risorse che la circondano. E per una storia millenaria.
Stante la conclusione, venuta prima dell’analisi, ragioniamo finalmente sui dati. In fondo tali dati sono quelli della Fondazione Edison, solo ripresi ed impaginati da Il Sole 24 Ore (un giornale che sembra abbia smesso di far pregiate analisi proprie, peccato, ndr).
In realtà c’è molto di più.
Al di fuori che sia la prima volta che come export l’Italia supera il Giappone, la prima considerazione da fare è che nelle crisi l’Italia è riconosciuta universalmente essere più capace di altri a sfruttare la manodopera al limite dello schiavismo (in Italia non esiste un salario minimo ad esempio). Chiaramente questo non è un messaggio positivo per i residenti.
La seconda e più importante considerazione è che l’export dipende molto dalla popolazione che produce i fattori di crescita dell’export: tale co-fattore popolazione vale nel calcolo della produttività, dunque non vedo come non possa valere anche per l’interpretazione dell’export. E in tale ambito l’Italia, come export pro capite, tra i grandi paesi viene superata solo dalla Germania. Germania che però vende prodotti a maggiore valore aggiunto, ad esempio le auto, a cui l’Italia partecipa come catena di valore soprattutto come terzista dei germanici, ossia a relativamente basso valore aggiunto.
Le ragioni del successo italiano, analizzate da Confindustria: ad osservare bene tutto ruota attorno al petrolio, che ha salvato l’Italia (ecco perché francesi e tedeschi vorrebbero farvi passare al Green e chiudere, anzi sciogliere, ENI)
Il messaggio che deve rimanere è che l’Italia sta in piedi, altri paesi no.
Sebbene quasi schiavizzando i residenti locali. Fatevene una ragione: vivere nel paese più bello del mondo costa caro, anche se non ve lo dicono, si guadagna poco, lavori molto ed i costi della vita sono allo stesso livello se non maggiori di paesi dove lo stipendio è doppio o triplo.
E cosi abbiamo spiegato l’emigrazione presente e futura degli italiani in gamba che, di questo passo, in Italia ci andranno solo più in vacanza. Grazie prima di tutto a Lega e PD pre-Schlein, due partiti con ideologia prettamente trotzkista (potete usare il termine don Rodrigo e trotzkista a vostro piacere, sono intercambiabili, la scelta tradisce solo la radice culturale di chi li utilizza).
*****
Ora tocca alla Francia stringere la cinghia, solo che non vogliono farlo: preferiscono forse annettere il nord ovest dell’Italia?
L’ultimo punto da considerare, stante che il trade balance (surplus) EU corrisponde a grandi linee a quello tedesco, stante che l’Italia è tendenzialmente sempre in surplus mentre la Francia è sempre in deficit, è che un trade deficit aggregato dell’EU significa spingere la Germania di fatto a far credito ai paesi EU in deficit, in primis Francia e Spagna. O a terminare l’euro.
Più precisamente, fino a quando ci sarà il LIBOR in dollari disponibile, a Londra, si può compensare la carenza di dollari per pagare le bollette EU, ossia bollette francesi e spagnole; grazie ad una palla di neve sempre più grande data da un sottostante di prestiti in dollari creati dal nulla al costo (tasso LIBOR USD, 6 mesi) di circa lo 0.5% su base annua che cresce all’infinito, sperando un giorno di svalutare il dollaro. O di cancellarlo.
Il futuro voluto dagli ex imperi coloniali per l’Italia, facendo salire uno stipendio diventato cambogiano negli ultimi 15 anni (non parlo degli USA)
Poi, il 30.9 prossimo, data ufficiale di fine del LIBOR, complice il fatto che Berlino non vuole la guerra in Ucraina (EU, Londra e soprattutto Parigi si, la necessitano), stante che i deficit accumulati in dollari alla lunga portano inflazione, verificato nel caso il deficit strutturale EU in termini commerciali, concludiamo che alla Francia a breve non basterà chiudere i valichi italiani per ridurre l’export italiano in Francia, migliorando il proprio trade balance e peggiorando quello del proprio vicino. Chiaramente senza dimenticare la moral suasion trumpiana per tornare al marco, ben inteso, andiamo a mesi…
La salita del petrolio e la discesa del dollaro sono ad un passo, nel caso ci fosse bisogno di una spintarella.
Spero emerga prepotente quale fattualmente è l’allineamento strutturale degli interessi di WeThePeople International (leggasi, Trump Presidente) con la fine dell’euro.
MD
****
Immagine: Centro studi Confindustria